UNITÀ 5 – LA ROMA IMPERIALE

5.4 L’IMPERO DEI SEVERI: RIPRESA E CRISI

Dopo la fase di guerre civili che si era scatenata alla morte di Commodo, nel 197 d.C. divenne imperatore Settimio Severo, con cui iniziò l’età dei Severi. In questo periodo:

  • ci fu una fase di ripresa economica, che tuttavia non riuscì a risollevare le sorti dell’impero;
  • tornò l’associazione al trono per regolare la successione, ma senza l’assenso del senato;
  • si accentuò il divario tra le province e la penisola italica, avviata ormai alla decadenza.

L’età dei Severi

Settimio Severo: potere assoluto e riorganizzazione dell’impero

Settimio Severo rafforzò il potere imperiale, introducendo il principio del princeps legibus solutus, con il quale si stabiliva che l’imperatore non era tenuto al rispetto della legge. 

Coerentemente con questa impostazione cambiarono gli equilibri politici istituzionali:

  • si ridusse il potere del senato, che nell’età aurea aveva recuperato una certa autorità soprattutto con la designazione dei nuovi imperatori;
  • si ampliarono i poteri del prefetto del pretorio, che tra i suoi compiti assunse anche quello dell’amministrazione della giustizia.

Settimio Severo inoltre riorganizzò il territorio dell’impero, che venne diviso in aree più piccole per rendere più facile la difesa dei confini e più efficiente la riscossione dei tributi.

In questo modo vennero in parte risanate le finanze statali.

La politica estera

Settimio Severo si impegnò anche nella difesa dei confini imperiali.

In Oriente, tra il 197 e il 199 d.C., riuscì a sconfiggere i Parti e riconquistò la Mesopotamia, consolidando i domini orientali.

In Occidente, lungo il confine del fiume Reno, respinse gli attacchi delle popolazioni germaniche.

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FORTI DISUGUAGLIANZE: Honestiores e humiliores

Durante il principato di Settimio Severo la società romana era caratterizzata da forti disuguaglianze e risultava in pratica divisa in due grandi gruppi:

  • gli honestiores, cioè, letteralmente, i cittadini “più dignitosi”, che costituivano la classe dirigente dell’impero, cioè senatori, cavalieri, governatori locali, funzionari dell’amministrazione statale e ufficiali dell’esercito;
  • gli humiliores, i “più poveri”, ossia i lavoratori delle campagne e delle città e i nullatenenti, che si trovavano in una situazione di inferiorità dal punto di vista economico e giuridico (per gli stessi reati erano previste pene diverse a seconda della classe di appartenenza).

L’impero di Caracalla

Al fine di assicurare la continuità della sua dinastia e la stabilità del governo dell’impero, Settimio Severo ripristinò la consuetudine dell’associazione al trono imperiale, ma senza più concordare con le altre istituzioni, in particolare il senato, la designazione del successore. Settimio Severo si fece infatti affiancare al potere dai suoi due figli: Marco Aurelio Antonino, detto Caracalla dal nome del suo mantello militare di origine gallica (il caracallis), e Geta.

Alla morte di Settimio Severo, Caracalla fece assassinare il fratello Geta, di cui ordinò la damnatio memoriae.

Damnatio memoriae

Questa espressione latina significa “condanna del ricordo o della memoria”. Era una sanzione che nell’antica Roma era riservata a personaggi pubblici ritenuti colpevoli di tradimenti nei confronti dello Stato: il loro nome veniva cancellato dai luoghi pubblici e non poteva essere trasmesso ai discendenti. In questa immagine, in cui compare Settimio Severo con la moglie Giulia Domna e i figli, il volto di Geta è cancellato proprio in conseguenza della damnatio memorie ordinata da Caracalla.

L’estensione della cittadinanza

Nel 212 d.C. Caracalla estese la cittadinanza romana a tutti gli abitanti liberi delle province con una “costituzione”, la Constitutio antoniniana, un editto che aveva validità in tutti i territori dell’impero.

Questo provvedimento, che riconosceva la parità tra Italici e provinciali, era dovuto anche a ragioni economiche e fiscali, perché l’estensione della cittadinanza comportava l’allargamento del numero di coloro a cui lo Stato poteva imporre il pagamento di tributi.

Continuarono a rimanere esclusi dalla cittadinanza gli schiavi e i cosiddetti dediticii (da deditio, “resa”), cioè le popolazioni insediate all’interno dei confini imperiali che non potevano considerarsi romanizzate, come per esempio gli abitanti di vaste aree rurali o alcune tribù germaniche.

Da Caracalla a Macrino

L’allargamento dei contribuenti conseguente all’editto di Caracalla non fu però sufficiente a risanare il bilancio imperiale. 

Come al solito, gran parte delle entrate venne assorbita dall’esercito, non solo per finanziare campagne militari, ma anche per le frequenti elargizioni di denaro necessarie per garantire all’imperatore la fedeltà dei soldati.

Caracalla dovette affrontare numerose guerre contro le popolazioni che minacciavano i confini:

  • nel 212 affrontò gli Alemanni, una confederazione di tribù germaniche dell’Europa centrale: riuscì a contenerne l’avanzata e strinse con loro una pace duratura;
  • tra il 213 e il 215 fu impegnato nei Balcani, dove domò la ribellione della Dacia e sconfisse i Quadi, i Goti e i Carpi;
  • nel 215 organizzò una spedizione contro i Parti, che però fallì.

Nel 217 Caracalla fu ucciso da una congiura organizzata dal prefetto del pretorio, Macrino, che si fece incoronare imperatore.

Il principato di Macrino però durò solo pochi mesi. 

Nel 218 Giulia Mesa, cognata di Settimio Severo, con l’appoggio dell’esercito riuscì a rovesciare Macrino e fece nominare imperatore il suo giovane nipote Eliogabalo.

Terme di Caracalla

Le terme erano uno dei luoghi di incontro preferiti dei Romani, che di solito vi si recavano nel pomeriggio, dopo aver dedicato il mattino agli impegni o agli affari.

L’ingresso alle terme era gratuito o aveva un prezzo molto basso. Le terme ospitavano piscine, palestre, biblioteche, sale per gli spettacoli pubblici, musei e locande dove mangiare. Le piscine avevano acqua calda, tiepida o fredda; l’acqua veniva riscaldata con fornaci che si trovavano sotto i pavimenti.

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L’impero di Eliogabalo

Il nuovo imperatore, appena quattordicenne, discendeva da una nobile famiglia siriana, legata al culto della divinità solare El-Gabal (“il dio che si manifesta sui monti”), da cui prese il nome l’imperatore, latinizzato in Eliogabalo. Il culto di El-Gabal venne imposto a tutti i Romani.

Eliogabalo era inadeguato ad affrontare i gravi problemi dell’impero. Egli si dedicò a una vita giudicata estremamente immorale, tanto che nel 221, la stessa Giulia Mesa, artefice della sua ascesa, lo convinse ad associare al trono il cugino tredicenne, Alessandro Severo.

In seguito Eliogabalo cercò di far uccidere Alessandro Severo ma, quando ordinò lo sterminio dei pretoriani che sostenevano il cugino, venne invece ucciso lui stesso. E anche lui subì la damnatio memoriae.

L’impero di Alessandro Severo

Nel 222 l’impero passò dunque nelle mani di Alessandro Severo, che ripristinò i culti della tradizione religiosa romana.

A causa della sua giovane età, Alessandro Severo fu affiancato da un collegio di consiglieri scelti dal senato. L’antica assemblea quindi riuscì in questo modo a recuperare parte della propria autorità, che gli era stata completamente sottratta con Settimio Severo.

LA FINE DI ALESSANDRO SEVERO

Alessandro Severo si trovò a dover fronteggiare, a Oriente, l’espansione dei Sasanidi, una dinastia erede degli antichi persiani che aveva conquistato il regno dei Parti.

Alessandro Severo non riuscì a bloccare l’avanzata dei Sasanidi, e nel 233 i Romani furono costretti a stringere con loro accordi di pace, anche perché si presentarono nuove minacce in Occidente: le tribù dei Goti avevano attraversato il Danubio ed erano penetrate nei Balcani e gli Alemanni avevano superato il confine del Reno ed erano entrati nell’impero.

Con gli insuccessi in guerra e gli accordi di pace con gli Alemanni (giudicati poco convenienti per Roma), Alessandro Severo perse l’appoggio dei soldati. Nel 235 d.C. l’esercito, al comando di Massimino il Trace, si ribellò e Alessandro Severo venne assassinato.

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La crisi del III secolo

La crisi dell’impero romano nel III secolo fu aggravata da:

  • l’indebolimento del potere centrale;
  • le invasioni che si fecero sempre più frequenti;
  • la crisi economica.

l’anarchia militare: L’indebolimento del potere centrale

Con l’uccisione di Alessandro Severo finì la dinastia dei Severi e cominciò un periodo di grande instabilità e nuove guerre civili che durò dal 235 al 283 d.C. Gli storici hanno chiamato questo periodo, in cui si ebbero ben 21 imperatori, “anarchia militare”.

INVASIONI E FRAMMENTAZIONE DELL’IMPERO

L’assenza di un forte potere centrale favorì sia le invasioni sia la frammentazione dell’impero:

  • varie popolazioni nomadi invasero l’impero, i Franchi in Gallia, gli Alemanni in Spagna, i Vandali in Italia, i Carpi e gli Eruli nei Balcani, i Goti in Tracia e in Asia Minore;
  • nel 260 d.C. il comandante dell’esercito presso il confine del Reno, proclamò l’indipendenza dell’impero delle Gallie, che si estendeva fino alla Britannia e alla Spagna.

Nel 267 d.C. nacque il regno autonomo di Palmira, in Siria, che, sotto la guida della regina Zenobia,

conquistò ampi territori anche in Egitto e nella penisola anatolica.

LA CRISI ECONOMICA A OCCIDENTE

Le spese dello Stato e in particolare le spese militari necessarie a difendere i confini avevano da tempo causato nell’impero una crisi finanziaria. A questo corrispose un forte aumento delle tasse che penalizzò l’agricoltura, già colpita dal minore afflusso di schiavi.

La crisi dell’agricoltura, con il conseguente calo demografico, insieme all’insicurezza dei viaggi sulle lunghe distanze, misero in crisi anche il commercio.

La crisi economica dell’impero fu ulteriormente aggravata dal forte aumento dei prezzi (inflazione) dovuto anche al fatto che la moneta perse molto del suo potere di acquisto a causa della quantità sempre più ridotta di oro e di argento con cui venivano coniate le monete.