UNITÀ 7 – L’ALTO MEDIOEVO

7.4 I LONGOBARDI IN ITALIA

L’indebolimento dell’impero romano d’Oriente ebbe conseguenze anche in Italia. Qui i Bizantini non seppero arginare l’arrivo di un’altra popolazione germanica: i Longobardi.

I Longobardi in origine provenivano dalla Scandinavia. Probabilmente nel V secolo si erano stanziati in Germania, dove si era formata la loro identità di popolo germanico, anche in conseguenza dell’adozione del culto magico-guerriero di Wotan, il dio “dalla lunga barba”, da cui deriverebbe il nome Longobardi. In seguito si erano stabiliti in Pannonia.

I Longobardi erano organizzati in fare, gruppi di famiglie nomadi indipendenti, guidate dai duchi, che riconoscevano la guida di un sovrano.

Il potere del re era però molto debole e condizionato dall’assemblea della nobiltà guerriera. Anche per questo il dominio longobardo in Italia per lungo tempo si organizzò in ducati autonomi.

L’ARRIVO DEI LONGOBARDI IN ITALIA

I Longobardi si erano stabiliti in Pannonia, dove nella seconda metà del VI secolo arrivarono gli Àvari, una popolazione nomade proveniente dall’Asia centrale. L’arrivo degli Àvari spinse i Longobardi a spostarsi verso ovest.

Nella loro avanzata, i Longobardi varcarono le Alpi orientali e nel 569 penetrarono in Italia sotto la guida del loro re Alboino.

Occupate le regioni settentrionali, i Longobardi avanzarono nella penisola proseguendo verso sud e occuparono parte dell’Italia centrale e meridionale.

I Bizantini non riuscirono a opporsi all’invasione longobarda e mantennero il controllo solo su una piccola parte della penisola.

L’Italia si trovò dunque divisa tra dominio bizantino e dominio longobardo.

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Il dominio longobardo

I Longobardi, di fede ariana, instaurarono nella penisola italica un dominio autoritario, sottomettendo duramente la popolazione di origine romana e di religione cattolica.

La maggioranza della popolazione locale fu costretta a lavorare nelle campagne per mantenere i guerrieri longobardi, mentre le proprietà terriere dei latifondisti di origine romana vennero confiscate. Furono colpite anche le chiese e i monasteri.

L’organizzazione della società longobarda
La società longobarda era divisa in classi che facevano riferimento alla composizione etnica della popolazione. 
  • La nobiltà guerriera di origine germanica era composta dagli arimanni, “uomini liberi”. Erano proprietari terrieri e partecipavano alle assemblee politiche convocate dal re per prendere decisioni sulle guerre o sugli accordi diplomatici che impegnavano il regno. 
  • Su un gradino più basso della scala sociale c’erano gli aldi, anche loro di origine germanica. Erano contadini o piccoli allevatori ed erano formalmente liberi ma dipendevano dagli arimanni e dalla loro protezione. 
  • Infine c’erano gli abitanti di origine romana, per lo più impegati come servi nei possedimenti dei nobili longobardi. 

Il re possedeva gran parte dei territori, che amministrava attraverso dei funzionari, i gastaldi, incaricati anche di controllare i duchi. Ma, anche quando i Longobardi si diedero una struttura statale più solida, i duchi mantennero comunque una forte autonomia.

Dopo la conquista dell’Italia la nobiltà germanica, in origine dedita solo all’esercizio delle armi, si trasformò in un ceto di proprietari terrieri e agricoltori, e la società longobarda divenne essenzialmente contadina.

L’amministrazione dei poderi

Come le ville rustiche romane, le grandi proprietà terriere longobarde erano quasi del tutto autosufficienti e non producevano grandi eccedenze che potessero riattivare i commerci.

All’interno dei possedimenti, i campi migliori erano riservati al padrone; nella sua parte erano presenti anche stalle, magazzini, mulini o frantoi, oltre a forni e a officine artigiane per la produzione di attrezzi agricoli e di tessuti.

La parte restante della proprietà, di dimensioni più ridotte, era invece riservata a uno o più contadini, i massari, che vivevano in condizioni molto simili a quelle dei servi. Erano infatti costretti a lavorare anche i campi del padrone.

Lo stato di guerra continua tra Longobardi e Bizantini e i rapporti conflittuali tra conquistatori e conquistati prolungarono la crisi che aveva portato allo spopolamento delle città e a un vistoso calo

della produzione agricola. 

Per gli strati più poveri della popolazione quindi divennero molto importanti i boschi e i pascoli liberi dove era possibile cogliere i frutti selvatici e le erbe, far pascolare gli animali e procurarsi la legna da ardere.

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Le città, l’artigianato e i commerci

Sebbene fondamentalmente agricola, la vita economica del regno longobardo non era limitata esclusivamente al sistema chiuso delle proprietà rurali: in Italia, nonostante la crisi e lo spopolamento, la civiltà urbana non cessò mai di esistere.

I duchi longobardi infatti avevano stabilito nelle città la loro sede e qui vennero mantenute le attività artigianali, gestite soprattutto dalla popolazione romana. I commerci invece rimasero limitati ai mercati in cui si scambiavano i prodotti locali.

L’arte longobarda

I Longobardi erano consapevoli dell’alto livello artistico raggiunto dalla cultura greco-romana e per le loro opere si ispiravano a quei modelli. Per esempio la lamina di Agilulfo mostra un sovrano sul trono, al centro, affiancato da due guerrieri armati, che riceve doni. La disposizione dei personaggi e i loro gesti richiamano le immagini degli antichi imperatori romani, ma la qualità della rappresentazione è molto lontana dalle raffinate produzioni artistiche romane e rivela l’origine germanica del manufatto, testimoniata anche da alcuni errori nell’uso della lingua latina: per esempio nella lamina compare incisa la parola victuria al posto del corretto victoria.

I rapporti con la Chiesa

Dopo una prima fase di scontri, i sovrani longobardi scelsero una politica di accordo con la Chiesa di Roma, anche perché una stretta alleanza tra la Chiesa e l’impero bizantino poteva mettere in difficoltà i loro domini in Italia.

La Chiesa stessa promosse una progressiva fusione tra i Longobardi e la popolazione romana, impegnandosi nella conversione dei Longobardi dall’arianesimo alla fede cattolica.

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La conversione dei Longobardi

La conversione dei Longobardi alla fine del VI secolo fu promossa, con il sostegno di papa Gregorio Magno, in particolare dalla regina Teodolinda, moglie del re Autari e poi del suo successore Agilulfo.

A partire da Autari, che regnò dal 584, i sovrani longobardi si convertirono al cattolicesimo, consapevoli dell’importanza del sostegno della Chiesa soprattutto perché la sua organizzazione capillare rimediava alle carenze dello Stato longobardo nel controllo del territorio.

Dal canto suo la Chiesa ricercava l’accordo con la monarchia longobarda anche perché intendeva recuperare gli antichi privilegi assicurati agli ecclesiastici dagli imperatori romani e dai sovrani ostrogoti.

La conversione rappresentò il primo passo verso una vera integrazione tra Longobardi e discendenti dei Romani, che sarebbe culminata nell’adozione della lingua latina come lingua ufficiale dello Stato longobardo (infatti in latino fu scritta la prima legge longobarda, l’Editto di Rotari).

A favorire l’accordo tra Chiesa e regno longobardo fu anche il cambiamento dei rapporti tra il papato e l’impero d’Oriente. Se fino ad allora la Chiesa di Roma aveva considerato l’impero bizantino un alleato e un argine contro gli invasori germanici, agli inizi dell’VIII secolo i rapporti tra la Chiesa e l’impero bizantino si deteriorarono, in conseguenza dell’affermarsi, in Oriente, dell’iconoclastìa, cui la Chiesa di Roma era fortemente contraria.

una monarchia più forte

L’Italia si trovava nettamente divisa in aree di dominio longobardo e aree di dominio bizantino.

Come puoi vedere dalla cartina, non c’era continuità territoriale tra i vari domìni longobardi, che erano interrotti dall’esarcato e dalla pentapoli. La pentapoli era l’organismo politico e amministrativo che riuniva cinque città della Romagna e delle Marche: Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona.

Questa mancanza di continuità territoriale e la debolezza del potere centrale del re esponevano i Longobardi sia alla minaccia dei Bizantini, sia a quella dei Franchi, che dalla Gallia miravano a espandersi in Italia.

La necessità di fronteggiare diversi nemici spinse i duchi ad accettare un organismo statale più solido, guidato da una monarchia stabile che pose la propria sede a Pavia. E con il re Agilulfo (590-616) iniziò una nuova fase di espansione territoriale, che proseguì anche con i suoi successori.

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IL DIRITTO E L’EDITTO DI ROTARI

Per dare solidità al potere centrale della monarchia longobarda si ebbe poi l’esigenza di avere leggi scritte. Come le altre popolazioni germaniche, fino ad allora il diritto longobardo si fondava sugli usi e sulle consuetudini tramandate oralmente. 

L’Editto di Rotari del 643 d.C. fu la prima legge scritta longobarda, che regolava i rapporti tra Longobardi e tra questi e la popolazione di origine romana.

L’editto era una trascrizione in latino delle consuetudini longobarde, di cui però riuscì ad attenuare gli aspetti più primitivi. Per esempio la faida venne sostituita con il guidrigildo, che permetteva solo un risarcimento economico del danno ed evitava la vendetta privata.

Nell’editto emergono le forti disuguaglianze della società longobarda: l’entità del risarcimento previsto dal guidrigildo infatti dipendeva dalla posizione sociale di chi aveva subìto il danno. Allo stesso tempo però l’editto conteneva norme che prendevano atto della trasformazione della società longobarda, che non era più solo una società guerriera.

l’espansionismo LONGOBARDO

A partire dal re Agilulfo, i Longobardi ampliarono i loro domini nella penisola togliendo ai Bizantini i territori oggi corrispondenti all’Emilia, alla Liguria e al Veneto. Nello stesso tempo i duchi longobardi dell’Italia meridionale sottomisero altri territori in Campania e Puglia.

In seguito, approfittando della frattura tra la Chiesa d’Occidente e quella d’Oriente, il re longobardo Liutprando invase i territori bizantini nell’Italia centrale, che nel 728 donò in parte alla Chiesa. Fu la cosiddetta donazione di Sutri, con la quale si costituì il Patrimonio di San Pietro, embrione del futuro Stato della Chiesa e del potere temporale dei papi.

In seguito, un altro re longobardo, Astolfo, cacciò definitivamente i Bizantini dall’esarcato e proseguì la conquista del Lazio.

A quel punto sembrava che tutta la penisola dovesse essere unificata sotto il dominio longobardo.

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l’arrivo dei Franchi e la fine del regno longobardo

L’aggressività dell’espansionismo longobardo preoccupò la Chiesa, che vedeva minacciati i suoi stessi possedimenti. Papa Stefano II quindi strinse un accordo diplomatico con il sovrano dei Franchi, Pipino III.

Pipino III guidò i Franchi in due spedizioni in Italia, nel 754 e nel 756, sconfisse Astolfo e sottrasse ai Longobardi l’esarcato di Ravenna, che donò al papa. I possedimenti della Chiesa quindi si ingrandivano e il papato rivendicava ormai la propria sovranità territoriale.

La pace tra Longobardi e Franchi fu sancita da un’alleanza matrimoniale: il figlio di Pipino III, Carlo (il futuro Carlo Magno), sposò infatti la figlia del nuovo re longobardo Desiderio.

In seguito però Carlo ruppe il matrimonio e si scontrò di nuovo con i Longobardi. Quando il re Desiderio minacciò ancora i territori di Roma, il nuovo papa Adriano chiese l’intervento di Carlo.

Nel 774 il re franco Carlo venne in Italia, espugnò Pavia e sconfisse definitivamente i Longobardi.

Dopo due secoli il regno longobardo giunse alla sua fine e passò così nelle mani dei Franchi.

PRINCIPALI RE LONGOBARDI

553-572 ALBOINO, realizza la conquista longobarda dell’Italia.

584-590 AUTARI, è il primo re longobardo a convertirsi al cristianesimo.

590-616 AGILULFO, avvia una nuova fase di espansione territoriale.

636-652 Rotari, emana l’Editto di Rotari, prima legge scritta longobarda.

713-744 LIUTPRANDO, fa la Donazione di Sutri al papa.

749-756 astolfo, viene sconfitto da Pipino il Breve.

757-774 desiderio, è l’ultimo re longobardo, è sconfitto da Carlo Magno.

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Il ruolo sociale e culturale della Chiesa

La Chiesa, unica certezza

Nella situazione di instabilità politica, di insicurezza sociale e di grande cambiamento culturale che caratterizzò l’alto Medioevo, le strutture ecclesiastiche colmarono il vuoto di potere seguito al crollo delle istituzioni statali dell’impero romano e rappresentarono un punto di riferimento nella società grazie al loro ruolo economico e ai compiti assistenziali verso la popolazione più bisognosa. Inoltre garantirono la conservazione e la trasmissione del patrimonio culturale antico.

Il papato e le riforme di Gregorio Magno

Ancora prima della formazione di uno Stato della Chiesa come entità politica e territoriale, il ruolo politico del papato venne riconosciuto nella penisola e si concretizzò nell’influenza esercitata sui sovrani dei regni romano-germanici.

Una delle figure più importanti dell’epoca fu Gregorio Magno, l’artefice della conversione dei Longobardi al cattolicesimo. Questo papa:

  • esercitò un’importante azione politica e diplomatica in Europa;
  • seppe ben amministrare il patrimonio economico della Chiesa, fornendo anche assistenza alle popolazioni;
  • realizzò un’importante riforma del clero, cacciando i vescovi colpevoli di abusi di potere e violenze;
  • cambiò la liturgia, cioè l’insieme dei riti e delle cerimonie religiose; in particolare va ricordata la sistemazione e la catalogazione dei canti utilizzati durante la messa, chiamati in seguito “canti gregoriani”.

I monaci

Nell’ambito del cristianesimo si affermarono anche forme nuove di religiosità estranee all’organizzazione della Chiesa.

Già da tempo, in Oriente, alcuni fedeli si ritiravano in luoghi isolati, come per esempio i deserti, dove conducevano una vita di preghiera e di digiuni, rinunciando ai beni terreni. Per questo venivano chiamati “monaci”, che in greco vuol dire “isolati”. Questi monaci eremiti cominciarono ad avere un grande prestigio tra i fedeli e il monachesimo ebbe una grande diffusione.

In Occidente i monaci si dedicarono soprattutto all’evangelizzazione dei popoli germanici, compiendo un’impresa fondamentale per l’affermazione politica e sociale della Chiesa e per la formazione dell’identità religiosa europea.

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La vita nei monasteri

All’inizio il monachesimo fu un fenomeno soprattutto individuale, poi però attorno a un monaco cominciarono a radunarsene altri. 

Nacquero le prime comunità di monaci, che vivevano nei monasteri, luoghi organizzati secondo regole severe. I religiosi vi rimanevano per tutta la vita, rinunciando a qualsiasi proprietà personale e obbedendo all’abate, il monaco che veniva eletto a capo della comunità.

Il monastero più importante fu fondato nel 529 a Montecassino da Benedetto da Norcia, che, verso la metà del VI secolo, elaborò la Regola di San Benedetto. 

La Regola ora et labora (“prega e lavora”) di san Benedetto è rimasta simbolo della vita monastica. Infatti nei monasteri benedettini si alternavano preghiera e lavoro.

Monasteri come centri economici E CULTURALI

Anche se la vita dei monaci era caratterizzata dalla povertà e dalla rinuncia ai beni materiali, i monasteri diventarono i centri economici più vitali dell’età altomedievale in Europa, grazie anche a lasciti e donazioni dei fedeli.

L’opera dei monaci fu importante anche per i lavori di bonifica e di dissodamento delle terre che erano state abbandonate e occupate da foreste e paludi dopo il crollo dell’impero d’Occidente. Col tempo i monasteri furono in grado di produrre eccedenze da immettere nei mercati locali e da loro quindi ripartì una certa ripresa economica.

Il monachesimo ebbe anche un importantissimo ruolo culturale

I monasteri rimasero a lungo gli unici luoghi in cui venisse praticata qualche forma di insegnamento scolastico. 

Si occuparono anche della conservazione del patrimonio di testi classici, garantendo così la trasmissione della cultura greco-romana.

In particolare era importante l’attività di copiatura dei testi antichi svolta dai monaci amanuensi, chiamati così perché trascrivevano “a mano” gli antichi volumi. Spesso gli amanuensi non conoscevano la lingua dei testi che copiavano, ma il loro paziente lavoro ne ha permesso la conservazione e, in molti casi, ha prodotto vere e proprie opere d’arte, abbellite da raffinate miniature.