Gli storici chiamano età arcaica il periodo che va dall’VIII al VI secolo a.C. Durante l’età arcaica la Grecia:
- ebbe un forte sviluppo economico;
- sperimentò una nuova forma di organizzazione politica con la nascita della pólis.
Gli storici chiamano età arcaica il periodo che va dall’VIII al VI secolo a.C. Durante l’età arcaica la Grecia:
Già nell’VIII secolo a.C. era cominciata un’espansione commerciale che diede maggiore ricchezza ai mercanti e agli artigiani. Questa maggiore ricchezza consentì loro di procurarsi le armi per poter contribuire alla difesa della città. Nasceva così l’esercito oplita. E con l’ingresso nell’esercito di artigiani e commercianti si apriva la strada alla loro partecipazione politica.
Col tempo il governo delle città quindi non fu più solo delle aristocrazie guerriere, proprietarie delle terre, cui si apparteneva per nascita.
La ricchezza accumulata con il lavoro apriva la possibilità di partecipare al governo della città.
Nell’età arcaica nacque la pólis (città-Stato), che comprendeva sia il centro urbano che le campagne. La pólis (plurale: póleis) era una comunità di cittadini che si autogovernava attraverso l’assemblea, dove ogni cittadino aveva diritto di parola e diritto di voto.
Le decisioni dunque non venivano più dall’alto (come accadeva con i re) ma venivano prese con una discussione, dove prevaleva la posizione che otteneva più consenso.
Essere cittadini di una pólis dava quindi diritto a partecipare al suo governo.
Ovviamente non tutti gli abitanti della pólis erano cittadini.
Le donne e i ceti più poveri rimasero sempre esclusi, ma in molte póleis si andò verso un progressivo allargamento di coloro che potevano essere considerati cittadini.
Se all’inizio i cittadini erano solo gli aristocratici, classe a cui si apparteneva per diritto di nascita, col tempo la qualifica di cittadino si estese dando alla vita politica di alcune póleis un orientamento più democratico.
L’autogoverno delle póleis greche spiega perché queste rimasero indipendenti l’una dall’altra e non si unirono mai in un unico Stato.
Unirsi infatti avrebbe significato rinunciare a governarsi da sé, anche perché un territorio troppo grande avrebbe reso impossibile la partecipazione diretta dei cittadini all’assemblea.
Tra le póleis greche ci furono alleanze militari, che però finivano nel momento stesso in cui la minaccia esterna cessava.
Con la nascita della pólis cambiò anche l’aspetto fisico delle città.
Se nelle città micenee il centro era il palazzo del re, nelle póleis greche il centro divenne la piazza, l’agorà, dove si svolgevano i commerci e si riuniva l’assemblea.
Il luogo alto della città, l’acropoli, dove prima sorgeva il palazzo del re, era ora dedicato alla religione.
Intorno al 750 a.C. i Greci adottarono un alfabeto fonetico derivato da quello fenicio, una scrittura molto più semplice perché a ogni segno corrispondeva un solo suono. I Greci adattarono l’alfabeto fenicio alle esigenze della loro lingua aggiungendo le vocali.
Poco alla volta la scrittura si diffuse e non servì più solo ad annotare il movimento dei beni in entrata e in uscita dai magazzini, ma diventò uno strumento per esprimersi e comunicare.
In questo periodo nacque la falange oplitica.
Gli opliti erano soldati che non combattevano da soli ma si muovevano in gruppo.
Lo schieramento degli opliti procedeva in modo compatto contro l’esercito nemico.
Gli opliti indossavano elmi e corazze ed erano armati di spade e lance. Ma soprattutto portavano un grande scudo, chiamato hóplon, da cui deriva il loro nome. Questo scudo aveva due funzioni: resistere all’urto e allo stesso tempo proteggere il compagno vicino. Per questo la falange era efficace solo se gli opliti rimanevano uniti.
Tra l’VIII e il VI secolo a.C. le città greche diedero vita a un imponente fenomeno migratorio con cui fondarono nuove colonie sul mar Nero e per tutto il Mediterraneo fino alle coste della penisola iberica.
In particolare lo sviluppo delle colonie in Italia meridionale e in Sicilia fu così importante da dare a questo territorio il nome di Magna Grecia.
Queste nuove colonie, in alcuni casi, avevano le stesse caratteristiche delle colonie fenicie, cioè nascevano come basi commerciali, e solo in seguito si trasformavano in città.
Nella maggior parte dei casi però la fondazione di nuove colonie serviva per risolvere il sovraffollamento delle póleis greche.
La crescita demografica creava forti tensioni all’interno delle póleis, anche perché non c’erano grandi spazi per aumentare le terre coltivabili. Il problema allora si affrontava con la fondazione di una colonia, organizzata dalla pólis stessa.
Venivano messe a disposizione delle navi sulle quali si imbarcavano i cittadini destinati a emigrare e a fondare la nuova colonia che avrebbe mantenuto un legame con la madrepatria, la città di origine.
Nelle colonie le terre venivano divise in parti uguali e veniva introdotta la coltivazione della vite e dell’ulivo. Questo serviva a favorire gli scambi con le popolazioni locali dell’entroterra che, in cambio di olio e vino, davano cereali e materie prime (metalli e legname).
L’espansione greca nel mar Mediterraneo, che ha preso il nome di seconda colonizzazione greca, ha contribuito a diffondere la cultura dei Greci e il loro alfabeto.
Le póleis greche si svilupparono in modi diversi:
Sparta nacque dall’unione di più villaggi di stirpe dorica presenti nel Peloponneso.
La sua economia era basata sulle conquiste militari e, così come il potere politico, rimase in mano alle poche famiglie aristocratiche.
Nel VII secolo a.C. la città estese i suoi domini sulla Messenia, una regione fertile del Peloponneso.
La società spartana era divisa in tre classi: spartiàti, perièci e ilòti.
Tutta la vita degli spartiàti era incentrata sull’addestramento al combattimento. Già a 7 anni i bambini lasciavano la famiglia e iniziavano una vita comunitaria. Dai 20 ai 60 anni facevano parte dell’esercito, trascorrendo la maggior parte del tempo con i compagni.
Al vertice della società spartana c’erano due re (diarchia), che rimanevano in carica tutta la vita e trasmettevano il titolo ai loro discendenti.
I due re erano a capo dell’esercito e il loro potere era molto forte nei periodi di guerra. Durante i periodi di pace invece i loro poteri erano molto più limitati.
Gli spartiàti erano gli unici ad avere diritto a partecipare alla vita politica della città. Lo facevano in un’assemblea (apella), che eleggeva ogni anno 5 èfori, magistrati che avevano il controllo sull’attività dei due re e che gestivano il governo della città.
L’apella eleggeva anche i 28 geronti, che vuol dire anziani, infatti dovevano avere più di 60 anni. Insieme ai due re, i geronti formavano la gherusìa, l’assemblea che amministrava la giustizia.
Solo la gherusìa e gli èfori potevano fare proposte di legge all’apella, che non poteva discutere, ma solo approvare o respingere la proposta.
Questo modello di società oligarchica rimase per secoli sostanzialmente immutato: Sparta infatti non conobbe l’evoluzione e i cambiamenti nell’organizzazione politica che visse Atene.
Col tempo si creò una forte disparità numerica tra gli spartiàti, che erano sempre di meno, e il resto della popolazione.
Questa disparità aumentava il rischio di ribellioni e fece assumere agli spartiàti un atteggiamento sempre più spietato, soprattutto nei confronti degli ilòti.
Con l’aumento della popolazione, aumentava anche il bisogno di risorse alimentari. Sparta risolse questo problema non con la fondazione di colonie (ne fondò solo una, Taranto), ma con una politica di espansionismo territoriale che le fece avere la supremazia su tutto il Peloponneso.
Se Sparta era il modello della pólis oligarchica, Atene fu invece la pólis dove il grande sviluppo economico dovuto al commercio portò a sperimentare i primi ordinamenti politici democratici.
Durante l’età arcaica Atene aveva un governo oligarchico come tutte le altre póleis greche.
Ogni anno tra gli aristocratici venivano eletti 9 arcònti (da árkho, che significa “comandare”).
Gli arconti governavano la città, con compiti diversi.
In particolare un arconte era il capo militare, uno era il capo religioso, un altro era a capo dell’amministrazione cittadina.
Quest’ultimo era l’arconte epònimo, perché dava il suo nome all’anno in cui era in carica.
Alla fine del loro mandato, che durava un anno, gli arcònti entravano a far parte dell’areòpago, un consiglio che controllava la loro azione e amministrava la giustizia.
Nel corso del VII secolo a.C. Atene fu colpita da una crisi agraria.
Molti piccoli proprietari terrieri persero le terre e diventarono braccianti o addirittura, non potendo pagare i loro debiti, finivano con le loro famiglie in schiavitù.
Questa situazione generò tra il démos e gli aristocratici forti conflitti che produssero nella società ateniese alcuni importanti cambiamenti.
Un primo cambiamento fu l’introduzione di leggi scritte.
Furono comunque leggi favorevoli agli aristocratici, ma affermare il principio che le leggi dovevano essere scritte era importante, perché riduceva la possibilità di arbitrio dei giudici.
A scrivere queste leggi fu Dracone ed erano leggi così severe che ancora oggi si usa l’aggettivo “draconiano” per indicare qualcosa di eccessivamente severo.
Il vero cambiamento arrivò con le riforme di Solone, che fu eletto arconte nel 594 a.C.
A favore del démos colpito dalla crisi, prese due provvedimenti importanti:
Poi Solone elaborò delle riforme che di fatto allargarono il numero di chi godeva dei diritti politici e tolsero all’aristocrazia una parte del suo potere.
Solone divise la popolazione di Atene in quattro classi, in base alla ricchezza che produceva la terra di cui erano proprietari.
Le classi più ricche pagavano più tasse, ma erano anche quelle che potevano accedere alle cariche pubbliche più importanti.
Ancora era considerato cittadino solo chi era proprietario di terre, ma non era più necessario discendere da una famiglia aristocratica.
In questo modo anche gli artigiani e i commercianti più ricchi potevano partecipare alla vita pubblica acquistando delle terre.
Si ebbe quindi un allargamento del numero degli Ateniesi considerati cittadini. Tutte le classi di cittadini partecipavano all’ecclesìa, l’assemblea, che eleggeva gli arcònti. Alla carica di arconte però potevano essere eletti solo i cittadini delle prime due classi.
Le altre due novità della riforma di Solone furono:
Quindi l’areòpago non era più il solo organo ad amministrare la giustizia.
Le riforme di Solone ebbero effetti anche sull’esercito perché tutti i cittadini vi partecipavano, anche se con modalità diverse.
Le prime due classi formavano la cavalleria, i cittadini della terza classe militavano come opliti, cioè la fanteria con armi pesanti.
Quelli della quarta classe erano dotati di armature leggere oppure erano arruolati come rematori sulle navi da guerra.
Le riforme di Solone scontentarono un po’ tutti:
Questo generale malcontento provocò forti tensioni e favorì l’affermazione di Pisistrato.
E dal 546 a.C. ad Atene si instaurò la sua tirannide, cioè tutti i poteri si concentrarono nelle sue mani. La pólis non era più una comunità che si autogovernava, perché tutte le scelte più importanti erano di Pisistrato.
Pisistrato era stato appoggiato dal démos e fece dunque una politica a questo favorevole:
Inoltre Pisistrato promosse anche manifestazioni culturali, come la lettura pubblica dei poemi omerici, che proprio in questi anni furono trascritti.
Anche in altre città greche l’affermazione dei tiranni fu un momento di passaggio per l’affermazione del démos. Il tiranno, a ogni modo, concentrava tutto il potere nelle sue mani, ed è per questo che il termine “tirannide” ha assunto un significato negativo.
Nel 528 a.C. Pisistrato morì e il potere fu ereditato dai suoi figli Ippia e Ipparco.
Ipparco fu ucciso nel 514 a.C. dagli aristocratici.
Nel 511 a.C., in seguito a una rivolta guidata da una famiglia nobile e con l’aiuto dell’esercito di Sparta, anche Ippia fu sconfitto ed esiliato.
Sparta era intervenuta perché sperava che ad Atene si instaurasse un governo oligarchico con cui potersi alleare. Ma, grazie alle riforme di Pisistrato, i piccoli proprietari e le classi mercantili erano diventati troppo importanti e forti perché un governo oligarchico potesse durare a lungo.
Nel 508 a.C. fu eletto arconte Clistene, un aristocratico, che accolse le richieste di maggiore democrazia degli Ateniesi.
Clistene divise l’Attica in tre grandi zone:
la città (che comprendeva anche i territori intorno ad Atene) dove c’era una prevalenza di nobili proprietari terrieri;
la costa, dove risiedevano molti mercanti e artigiani;
l’entroterra collinare, dove avevano la terra i piccoli proprietari terrieri.
Ognuna di queste zone venne divisa in 10 parti (trittìe).
Questa organizzazione territoriale fu poi collegata a una divisione della popolazione in 10 tribù amministrative, composte ognuna da una trittìa della città, una trittìa della costa, una trittìa dell’entroterra.
In questo modo all’interno di ogni tribù erano rappresentati tutti i ceti sociali, senza che uno potesse prevalere sugli altri.
E siccome alla base dell’organizzazione politica ateniese da questo momento ci saranno le 10 tribù, l’aristocrazia perse molto del suo potere.
La riforma di Clistene trasformò le istituzioni in senso democratico:
Le riforme di Clistene furono il primo esempio di democrazia .
Tutti i cittadini partecipavano al governo della pólis attraverso l’assemblea e le altre istituzioni.
Non erano più la discendenza (cioè l’appartenenza all’aristocrazia) e neppure la ricchezza (come nella riforma di Solone) ad attribuire i diritti politici e la qualifica di cittadino.
Inoltre il fatto che le cariche durassero quasi tutte un anno, unito al sistema del sorteggio, dava concretamente a ogni cittadino ateniese la probabilità di esercitare una carica pubblica.
Dalla democrazia ateniese restavano però esclusi gli schiavi, le donne e gli stranieri che risiedevano nella città (metèci).
Tutti questi non godevano dei diritti politici e non ne godranno ancora per tantissimo tempo.
La religione degli antichi Greci era politeista e riteneva che i più importanti dèi greci vivessero quasi tutti sull’Olimpo, il monte più alto di tutta la Grecia. Gli dèi erano immortali e molto potenti, ma avevano aspetto e sentimenti umani, provavano amore, gelosia, invidia, collera ecc. e si comportavano in maniera molto simile agli esseri umani: mangiavano, ridevano, davano feste, si tradivano, litigavano, mentivano.
Nella religione greca non c’era una casta di sacerdoti come nelle religioni orientali, perché le funzioni religiose erano legate alle cariche pubbliche più importanti e quindi venivano svolte – per un periodo di tempo limitato – da tutti quelli che potevano ricoprire cariche pubbliche.
A capo del pantheon greco c’era Zeus, il re degli dèi, che aveva sconfitto il disordine primordiale e aveva portato equilibrio e ordine nell’universo. Ogni divinità era legata a un aspetto particolare della vita. Era, la moglie di Zeus, proteggeva l’unione della coppia e la famiglia; Poseidone era il dio del mare; Ade il dio dell’oltretomba; Demetra era la dea protettrice della terra e dei campi coltivati; Apollo era il dio del sole, protettore delle arti; Ares era il dio della guerra; Atena era la dea dell’intelligenza e dell’astuzia; Dioniso era il dio del vino e della forza della natura; Ermes era il dio protettore dei mercanti e dei viandanti ma anche dei ladri e dei truffatori; Artemide era la dea della caccia, dei boschi e delle acque; Afrodite era la dea dell’amore e della bellezza; Efesto era il dio del fuoco e della metallurgia.
In ogni pólis c’era un’area sacra destinata alle cerimonie religiose, dove si svolgevano i riti dei culti rivolti al dio o agli dèi protettori della città. L’area sacra si trovava di solito in alto (acropoli) nella posizione che prima era dei palazzi reali.
I templi greci erano aperti e accessibili a tutti i cittadini.
Molto importanti erano i santuari panellenici, cioè quei santuari nei quali si celebravano riti rivolti alle divinità comuni a tutti i Greci.
I santuari erano dedicati a una divinità, per esempio c’era il santuario di Delfi dedicato ad Apollo e quello di Olimpia dedicato a Zeus.
Nei santuari si creavano confederazioni religiose che poi si trasformavano in vere e proprie alleanze economiche (anfizionìe) e militari (leghe). I santuari quindi svolgevano un ruolo non solo religioso ma anche politico.
In alcuni santuari si trovavano gli oracoli, dove i mortali potevano consultare la divinità che si esprimeva con la mediazione di sacerdoti.
Il più famoso era l’oracolo di Delfi, dove Apollo parlava attraverso una sacerdotessa, la Pizia.
In tutta la Grecia si svolgevano gare sportive. Ma solo alcune erano giochi panellenici, cioè a cui partecipavano atleti di tutta la Grecia.
Durante i giochi panellenici c’era la tregua olimpica: venivano sospese tutte le guerre, in modo che atleti e spettatori potessero attraversare i territori nemici senza essere aggrediti.
Le gare che si svolgevano a Olimpia ogni quattro anni erano le più importanti. Infatti a partire dalla prima Olimpiade (776 a.C.), questi giochi si usarono per datare gli avvenimenti.
Le vicende degli dèi e degli eroi erano un grande patrimonio di racconti mitici, che aveva dato a tutta la Grecia una cultura comune al di là della frammentazione politica delle póleis. I miti erano un modo per spiegare la realtà e allo stesso tempo trasmettere conoscenze.
A partire dal VII secolo accanto al mito cominciò ad affermarsi la filosofia, un diverso modo di conoscere e spiegare la realtà che si basava sull’osservazione e il ragionamento.
Questo nuovo modo di pensare si affermò soprattutto nelle colonie dell’Asia Minore e della Magna Grecia.