UNITÀ 4 – L’ITALIA PREISTORICA E ROMA

4.2 LE ORIGINI DI ROMA

Roma da villaggio a città-stato

LE POPOLAZIONI LATINE NEL LAZIO

Il nome Lazio deriva dal latino latus, che vuol dire “largo”: si riferiva all’ampia pianura che dalla valle del Tevere andava ai colli Albani fino al Circeo.

Da questa regione presero il nome i Latini, una popolazione di origine indoeuropea che viveva in piccole comunità e villaggi, che dapprima si svilupparono sui colli Albani (Alba Longa, Velletri, Lanuvio ecc.) e che poi occuparono anche la pianura.

I primi villaggi da cui sarebbe nata Roma si trovavano in pianura, vicino all’Isola Tiberina, un’isola nel Tevere, che rendeva più facile l’attraversamento del fiume. In questo punto il fiume si incrociava anche con importanti vie di comunicazione terrestri, come quella che collegava l’Etruria alle colonie greche o quella che dalla costa andava verso l’interno ed era utilizzata per il commercio del sale.

Questi primi villaggi sorsero sui colli intorno al fiume, sia per evitare le inondazioni e le paludi, sia perché in questo modo erano più facilmente difendibili. Era una posizione particolarmente favorevole: abbastanza vicina a terre coltivabili e all’incrocio tra le vie di comunicazione terrestri e quella fluviale.

FAMILIAE E GENTES

Questi primi villaggi erano comunità legate da vincoli di parentela, in cui diverse familiae avevano un antenato in comune che li faceva appartenere alla stessa comunità, la gens (plurale: gentes). Familia e gens sono entità che resteranno presenti e fondamentali in tutta la successiva storia di Roma.

La familia si fondava sulla potestas (autorità) del pater (padre): egli rappresentava l’intera famiglia, ne gestiva i beni economici e aveva un potere assoluto su ogni membro, anche sui figli maschi adulti, che solo alla morte del pater diventavano a loro volta pater familias e quindi acquisivano autonomia.

Ogni gens, oltre ad avere un’origine comune, aveva riti comuni, che rimasero attivi a lungo anche nella successiva storia di Roma.

I nomi dei Romani

L’appartenenza alla gens era data dal nome: per esempio Giulio, Cornelio, Claudio ecc. Al nome era abbinato un prenome (Appio Claudio).

Solo in seguito sarebbe stato aggiunto il cognome per ulteriore distinzione, per esempio Appio Claudio Cieco.

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LA NASCITA DI ROMA TRA STORIA E MITO

Il mito fissa al 753 a.C. la nascita di Roma sul colle Palatino, a opera di Romolo che ne sarebbe stato il primo re.

Il mito racconta di Romolo e Remo, due gemelli figli del dio Marte e di Rea Silvia (figlia del re di Alba Longa, la più importante città latina). Abbandonati sulle rive del Tevere, i due gemelli sarebbero stati salvati e allattati da una lupa e poi raccolti e allevati da un contadino, Faustolo. Al momento di scegliere il luogo dove fondare la città, Romolo e Remo avrebbero scelto due colli differenti: Romolo il Palatino, Remo l’Aventino. Gli dèi, il cui volere fu interpretato attraverso l’osservazione del volo degli uccelli, scelsero il Palatino, e quindi Romolo tracciò con l’aratro il limite sacro della nuova città, che non poteva essere oltrepassato in armi. Remo varcò armato il solco dell’aratro e venne perciò ucciso.

Al di là del mito, i ritrovamenti archeologici confermano la presenza di una cinta di mura sul Palatino in un periodo molto vicino a quello indicato per la fondazione di Roma. A testimonianza del fatto che il racconto mitico aveva elementi di verità.

Roma sorgeva su sette colli affacciati sulla valle del Tevere presso l’isola Tiberina: il Palatino, sul quale probabilmente furono fondati i primi insediamenti, il Campidoglio, il Quirinale, il Viminale, l’Esquilino, il Celio e l’Aventino.

I SETTE RE DI ROMA E L’INFLUENZA ETRUSCA

Secondo la tradizione, dal 753 al 509 a.C. Roma avrebbe avuto sette re. I primi tre re successivi a Romolo – Numa Pompilio, Tullo Ostilio e Anco Marzio – furono latino-sabini. I Sabini erano una popolazione del Lazio che era presente anche sul Quirinale e con cui i Romani si fusero molto presto. Gli ultimi tre re – Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo – furono re di origine etrusca, e questo conferma l’influenza etrusca sul Lazio in quel periodo.

Durante la monarchia, Roma crebbe di dimensioni e importanza, grazie alla posizione che la metteva al centro dei commerci. Vennero costruite delle mura difensive (le mura serviane, da Servio Tullio), vennero fatte bonifiche e fognature e realizzati canali per rifornire di acqua la città. L’opera più importante fu la cloaca maxima che permise la bonifica dell’area del Foro, il luogo di incontro e di mercato della città. Anche le tecniche di canalizzazione erano un’eredità della civiltà etrusca. In questo periodo vennero anche introdotte le prime forme di moneta, fatto che testimonia la crescita commerciale della città.

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la monarchia

I re di Roma governavano la città, comandavano l’esercito ed erano anche capi religiosi. Il loro potere però non era ereditario: i re venivano eletti dall’assemblea dei patres, i capi delle famiglie aristocratiche, che poi si chiamerà senato.

PATRIZI E PLEBEI

Da pater viene il termine patrizi. I patrizi quindi erano coloro che appartenevano alle famiglie aristocratiche, le gentes.

Il resto della popolazione romana, cioè tutti quelli che non erano patrizi, era costituito dalla plebe, fatta di uomini liberi ma privi di poteri politici, un gruppo eterogeneo, formato da artigiani, piccoli proprietari terrieri, mercanti.

La clientela

Il rapporto tra patrizi e plebei si basava sull’istituto della clientela. Con la clientela un plebeo (cliente) si legava a un membro di una famiglia patrizia (patrono).

Il cliente doveva al patrono ubbidienza, prestazioni di lavoro, rispetto e sostegno. Allo stesso tempo però anche il patrono aveva degli obblighi nei confronti del cliente: lo aiutava economicamente, lo proteggeva e lo assisteva in giudizio.

In una società rigidamente divisa in patrizi e plebei, la clientela che legava cliente e patrono attenuava i conflitti sociali.

L’ESERCITO E I COMIZI CURIATI

La popolazione patrizia era divisa in tre tribù

Ognuna di queste tribù era a sua volta divisa in 10 curie (per un totale di 30 curie). Ogni curia era formata da 10 gentes.

Ogni tribù garantiva a Roma 100 cavalieri e 1000 fanti, quindi l’esercito romano, o legione, era composto da 300 cavalieri e 3000 fanti.

L’assemblea dei membri delle tre tribù formava i comizi curiati, che avevano, tra l’altro, il compito di approvare le leggi proposte dal re.

Quindi nel sistema monarchico, ogni decisione riguardante la città era presa dai patrizi, i soli che partecipano al governo della città attraverso il senato e i comizi curiati.

L’ESERCITO ROMANO

Schema: i patrizi sono divisi in tre tribù, ciascuna divisa in 10 curie. Ogni curia garantisce a Roma 100 cavalieri e 1000 fanti, quindi l'esercito romano era composto da 300 cavalieri e 3000 fanti.

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LE RIFORME A FAVORE DEI PLEBEI

Nel VI secolo a.C. Roma ebbe un grande sviluppo commerciale. Molti plebei, spesso di origine etrusca, si arricchirono con il commercio e chiedevano di partecipare al governo della città.

Il re di origine etrusca Servio Tullio consentì l’arruolamento nell’esercito a tutti quelli che potevano acquistare un’armatura; quindi entrarono a far parte dell’esercito romano anche i plebei ricchi (e non solo i patrizi, come era stato fino ad allora).

In questo modo l’esercito romano raddoppiò arrivando ad avere 600 cavalieri e 6000 fanti, che vennero divisi in 60 centurie. Ogni centuria era composta da 10 cavalieri e 100 fanti.

Da questo momento l’assemblea del popolo in armi corrispose ai comizi centuriati (da: centurie), che si affiancarono ai comizi curiati e un po’ alla volta ne assorbirono i poteri.

In questo stesso periodo Roma conquistò altri territori. La popolazione di Roma aumentò e Servio Tullio estese la cittadinanza, creando nuove tribù territoriali (4 urbane e 16 rurali) che si sostituirono alle originarie tre tribù patrizie.

Con queste riforme si crearono le premesse per la partecipazione della plebe alla vita politica della città, perché come abbiamo visto in altri contesti, partecipazione all’esercito e diritti politici erano strettamente collegati.

LA REPUBBLICA

I patrizi furono ostili alle riforme di Servio Tullio. 

Questo portò a uno scontro che condusse alla fine della monarchia e all’instaurazione della repubblica aristocratica.

Secondo la tradizione ciò avvenne nel 509 a.C.

I CONSOLI AL POSTO DEL RE

Le funzioni del re vennero affidate a due consoli, che restavano in carica per un anno e il cui potere era collegiale, cioè dovevano agire di comune accordo. La breve durata e la collegialità limitavano il potere dei consoli e servivano a evitare che potesse tornare la monarchia.

IL SENATO

Allo stesso tempo si rafforzò il ruolo del senato, composto prevalentemente di patrizi. Era il senato a prendere le decisioni più importanti per la vita della città e a formulare le proposte di legge. L’importanza del senato era rafforzata dal fatto che la carica di senatore era a vita, al contrario del mandato annuale dei consoli.

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I COMIZI CENTURIATI

Abbiamo visto come la riforma dell’esercito di Servio Tullio avesse aperto alla plebe la partecipazione all’esercito e ai comizi centuriati.

Con la repubblica, i comizi centuriati assunsero anche un ruolo politico:

  • approvavano le leggi proposte dal senato;
  • eleggevano le magistrature più importanti che si affiancarono col tempo ai consoli;
  • svolgevano in alcuni casi funzioni giudiziarie; un cittadino condannato a morte poteva infatti fare appello ai comizi.

L’organizzazione di questi comizi li mantenne saldamente sotto il controllo dei patrizi

La popolazione romana infatti era divisa in cinque classi di censo (ricchezza) ed era complessivamente divisa in 193 centurie. Le centurie della I classe, dove erano prevalenti i patrizi, erano 100; le altre 93 centurie erano divise tra le altre classi.

Nei comizi le votazioni avvenivano per centuria e non per testa, cioè non votavano i singoli componenti delle centurie. Quindi le decisioni per lo più venivano prese solo dalla I classe che aveva la maggioranza delle centurie anche se non rappresentava la maggioranza della popolazione.

I COMIZI CENTURIATI

La popolazione romana è divisa in 5 classi di censo e 193 centurie. Le centurie della prima classe, a cui appartengono i patrizi, sono 100; le centurie delle altre 4 classi, a cui appartiene il resto della popolazione, sono 93.

IL CONCILIO DELLA PLEBE E I TRIBUNI DELLA PLEBE

L’organizzazione delle centurie, dunque, di fatto escludeva dal governo della città la plebe, che pure partecipava all’esercito e quindi alla difesa della città. Questa situazione creò forti tensioni.

La protesta plebea portò nel 494 a.C. alla secessione sul colle Aventino, e al rifiuto dei plebei di partecipare alle spedizioni militari.

In quel momento Roma si stava espandendo nell’Italia centrale, affrontando le altre città latine e i popoli dell’Appennino. La minaccia della plebe di non partecipare più alle spedizioni militari era molto grave.

I patrizi, con la mediazione del console Menenio Agrippa, furono quindi costretti a fare alcune concessioni ai plebei

Vennero riconosciuti i tribuni della plebe e il concilio della plebe, cioè l’assemblea dei plebei, che eleggeva i tribuni annualmente.

I tribuni della plebe erano 10, avevano il compito di difendere i plebei e avevano il potere di veto sulle leggi proposte dai consoli. 

I tribuni furono dichiarati sacrosanti, cioè sacri e inviolabili: nessun magistrato poteva farli arrestare e se venivano uccisi il colpevole veniva condannato a morte.

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LA LEGGE DELLE DODICI TAVOLE

Nonostante le riforme, i conflitti tra patrizi e plebei continuarono e alla fine venne accettata un’altra richiesta plebea: avere leggi scritte.

Tra il 451 e il 449 a.C. un collegio di dieci membri (i decemviri) scrisse le leggi delle Dodici tavole, chiamate così perché furono incise su 12 tavole di bronzo; vennero esposte al Foro, in modo che tutti potessero conoscerle. Avere una legge scritta limitava le possibilità di soprusi nei confronti dei plebei, ma le leggi delle Dodici tavole misero per iscritto le consuetudini esistenti, senza cambiare le regole che discriminavano i plebei. Per esempio la norma che impediva i matrimoni misti tra patrizi e plebei rimase valida fino al 445 a.C., quando il divieto venne abolito dalla lex Canuleia.

LE MAGISTRATURE ROMANE
I consoli

Abbiamo visto che le funzioni del re erano state trasferite ai due consoli. Questi dunque erano la più importante magistratura romana: governavano la città, guidavano l’esercito romano in guerra (cioè avevano l’imperium), convocavano i comizi e controllavano la corretta applicazione delle leggi votate dal senato.

Col tempo ai consoli si affiancarono altre magistrature, che avevano competenze specifiche ed erano subordinate al potere dei consoli. Le magistrature romane erano tutte:

  • elettive;
  • annuali (tranne quella dei censori);
  • collegiali;
  • non retribuite.
I censori

Questa magistratura, istituita nel 443 a.C., era riservata ai patrizi. I censori erano eletti ogni 5 anni, per un periodo di 18 mesi

La durata più lunga era dovuta alla complessità delle loro competenze. 

Infatti facevano il censimento, cioè l’elenco di tutti i cittadini romani, attribuendo ognuno a una classe di reddito, cui corrispondeva la posizione nell’esercito e la quantità di tasse da pagare.

I censori inoltre vigilavano anche sul comportamento dei cittadini e potevano escluderli dalla vita politica.

I questori

Si occupavano delle finanze dello Stato e della riscossione delle tasse. All’inizio erano quattro, arrivarono a essere 40. Dal 421 a.C. anche i plebei poterono diventare questori.

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Gli edili

Istituiti nel 449 a.C. all’inizio erano solo plebei in quanto eletti dal concilio della plebe. Si occupavano degli approvvigionamenti alimentari della città, delle opere di manutenzione di strade e edifici pubblici e delle feste pubbliche.

La dittatura

La dittatura era una magistratura straordinaria a cui si ricorreva in momenti particolarmente difficili per la città o quando c’erano importanti impegni militari.

Era una carica monocratica, cioè di una sola persona, e non elettiva. Il dittatore infatti veniva designato dal senato e dai consoli. Il dittatore aveva poteri molto ampi, tanto più che non faceva parte di un collegio. Per questo motivo il suo mandato durava solo 6 mesi.

LE ASSEMBLEE DEL POPOLO ROMANO

Il popolo romano veniva riunito in quattro diverse assemblee:

  • i comizi curiati, l’antica assemblea che non venne mai abolita, ma che ormai svolgeva solo funzioni rituali;
  • i comizi centuriati, dove il popolo romano, come abbiamo visto, era ordinato per censo: era l’assemblea che eleggeva i consoli e i censori;
  • i comizi tributi, in cui il popolo romano era ordinato per tribù territoriali. Questa assemblea eleggeva i questori.

A queste tre assemblee partecipava tutto il popolo romano. 

C’era però anche il concilio della plebe, a cui partecipava solo la plebe, che eleggeva i tribuni e gli edili.

Ricoprire le varie magistrature dalle meno alle più importanti, quali la censura e il consolato, era il cosiddetto cursus honorum, che cominciava dopo il servizio militare e che si concludeva con l’ingresso in senato.

ASSEMBLEE E MAGISTRATURE ROMANE

Schema: I comizi curiati hanno funzioni rituali. I comizi centuriati eleggono i censori e i consoli; questi ultimi scelgono il dittaore insieme al senato. I commizi tributi eleggono i questori. Il concilio della plebe elegge i tribuni e gli edili.

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LA RELIGIONE NELLA ROMA ARCAICA

La religione romana era fatta di elementi originali propri delle popolazioni latine, ma derivava molti aspetti dalla religione etrusca e, attraverso questa, dalla religione greca. L’antica Roma infatti spesso assorbì e inglobò nella propria aspetti delle altre religioni.

Il pantheon romano era simile a quello greco e, anche se con nomi diversi, si ritrovano gli stessi dèi. Altre divinità erano invece di provenienza locale come Libero, Libera e Giano, il dio a due facce (bifronte), protettore delle porte e dei passaggi. Accanto alle divinità antropomorfe, i Romani veneravano anche divinità astratte a cui pure venivano dedicati templi: la fortuna virile, la virtù, la salute, e così via.

Di derivazione etrusca era anche la consultazione degli dèi attraverso gli aruspici e gli àuguri.

IL CULTO DEGLI ANTENATI

Un’altra particolarità della religione romana (di derivazione latina) era la presenza delle divinità della famiglia: i Lari erano i protettori della casa; i Mani erano le anime degli antenati; i Penàti erano spiriti che proteggevano la famiglia. 

Erano custoditi nelle parti più interne della casa, insieme alle scorte di cibo e alle ricchezze della famiglia.

UNA RELIGIONE PUBBLICA, I COLLEGI SACERDOTALI, IL CALENDARIO

La religione romana aveva una funzione pubblica e politica. I riti religiosi riguardavano l’intera comunità e ogni passaggio importante della vita pubblica era preceduto dalla consultazione degli dèi.

In alcuni casi i riti religiosi erano compiuti dai magistrati, ma esistevano a Roma diversi collegi sacerdotali. Il più importante era il collegio dei pontefici, a capo del quale c’era il pontefice massimo che compilava gli annali, cioè gli elenchi dei fatti accaduti durante l’anno. I pontefici erano depositari delle tradizioni e consuetudini romane, ebbero quindi un ruolo importante nell’elaborazione del diritto romano.

La religione romana condizionava anche il calendario; non solo le feste religiose scandivano le stagioni, ma i giorni venivano distinti in giorni fasti e nefasti. Nei giorni fasti si potevano convocare le assemblee politiche che erano impossibili nei giorni nefasti.

L’anno romano cominciava a marzo (il mese dedicato a Marte) cioè quando ricominciavano le campagne militari sospese nei mesi più freddi. In ogni mese c’erano giorni particolari: le calende (il primo giorno del mese), le idi (il tredicesimo o quindicesimo giorno).

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L’ESPANSIONE DI ROMA E LE GUERRE SANNITICHE

LA CONQUISTA DEL LAZIO

Mentre a Roma si affermava la repubblica, la potenza etrusca si andava sempre più indebolendo. L’abbandono di territori del Lazio da parte degli Etruschi consentì alle città latine di allearsi per combattere contro Roma.

Nel 496 a.C. l’alleanza fu sconfitta e le città latine dovettero stipulare un trattato con Roma, che le mise sotto il suo controllo.

Poi Roma affrontò le popolazioni dell’Appennino: i Sabini, gli Equi, i Volsci e gli Èrnici, che compivano frequenti scorrerie in pianura. Dopo decenni di guerre, Roma li sconfisse e ottenne il controllo del Lazio.

Roma poi rivolse le sue mire espansionistiche sulle città etrusche che si trovavano a nord. Nel 396 a.C. Veio fu conquistata e rasa al suolo.

LA PRIMA GUERRA SANNITICA

Nel 390 a.C. Roma subì l’invasione da parte dei Celti (chiamati Galli) che si erano stanziati nella Pianura Padana. Fu liberata solo grazie a un forte riscatto. Di questo momento di difficoltà approfittarono i Sanniti, una popolazione dell’Appennino che aveva conquistato molte colonie etrusche e greche della Campania.

Nel 354 a.C. Roma fece un accordo con i Sanniti: questi potevano espandersi nell’interno ma dovevano rispettare le colonie greche della costa che si erano messe sotto la protezione di Roma. L’accordo durò poco. 

Nel 343 a.C. ci fu uno scontro tra Romani e Sanniti che si concluse due anni più tardi (341 a.C.) con la firma di un nuovo patto.

LA SECONDA GUERRA SANNITICA

La seconda guerra sannitica si svolse tra il 326 e il 304 a.C. 

Nel 321 a.C. i Romani furono sconfitti alle Forche Caudine.

Poi però Roma riuscì a stringere alleanze con i popoli che confinavano con i Sanniti e in questo modo nel 304 a.C. i Romani vinsero la seconda guerra sannitica.

In questo periodo i Romani costruirono molte strade, come la via Appia che collegava Roma a Capua. Queste strade, nate per motivi militari, divennero poi uno dei maggiori fattori di sviluppo economico di Roma.

LA TERZA GUERRA SANNITICA

L’espansione romana spinse Sanniti, Etruschi, Umbri e Galli ad allearsi contro Roma. Questo portò alla terza guerra sannitica che durò dal 298 al 290 a.C. Roma sconfisse prima gli Etruschi e gli Umbri nel 295 a.C., poi nel 290 sconfisse i Sanniti e infine i Galli nel 283 a.C.

Alla fine delle guerre sannitiche Roma dominava gran parte della penisola, mancavano solo le colonie della Magna Grecia.

LA GUERRA CONTRO PIRRO

A questo punto la principale antagonista di Roma era Taranto

Per la prima volta i Romani dovettero costruire una flotta e ricorrere all’uso delle navi per contrastare l’egemonia marittima di questa città.

Roma e Taranto avevano stretto un patto che delimitava le rispettive aree di influenza sui mari. Nel 282 a.C. Roma inviò la sua flotta nel mar Ionio, cosa che le era vietata dal patto. Era una dichiarazione di guerra e Taranto chiese aiuto a Pirro, re dell’Epiro.

Nel 279 a.C. l’alleanza tra Taranto, Pirro, i Sanniti e le altre colonie greche sconfisse i Romani, ma con perdite enormi. In seguito, nel 275 a.C. Pirro venne sconfitto a Benevento e tornò in Epiro. E tutte le popolazioni che si erano ribellate a Roma furono di nuovo sottomesse.

Questa lunga fase di espansionismo e guerre si concluse nel 270 a.C. con la conquista di Taranto.

LA ROMANIZZAZIONE DELL’ITALIA

La conquista di tanti territori rese necessaria una riorganizzazione dello Stato romano. Per evitare ribellioni nelle regioni sottomesse, Roma concesse una certa autonomia ai diversi territori. Allo stesso tempo estese la cittadinanza romana, cioè garantì diritti politici e civili, alle famiglie più potenti delle comunità sottomesse.

CITTÀ E CITTADINANZA

Urbs e civitas erano i due termini con cui i Romani indicavano la città. 

L’urbs era l’insieme fisico e concreto degli edifici e delle strade

Il territorio dell’urbs era sacro, tanto che non lo si poteva varcare armati. Per questo le adunanze dell’esercito, i comizi centuriati, si svolgevano nel Campo Marzio, che era fuori dal pomerio, il limite sacro della città.

La civitas indicava invece l’insieme dei cittadini, che potevano anche non risiedere nell’urbs. Alla civitas era legato il concetto di cittadinanza, cioè quell’insieme di diritti e di doveri riconosciuti ai singoli cittadini.

I cittadini romani potevano partecipare alle assemblee ed eleggere i magistrati (diritti politici), commerciare e avere la proprietà di beni (diritti civili). A fronte di questi diritti c’erano i doveri, come pagare le tasse, svolgere il servizio militare

Erano considerati cittadini anche gli schiavi liberati, cioè i liberti.

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L’ORGANIZZAZIONE DEI TERRITORI

I territori sottomessi da Roma vennero controllati adottando di volta in volta modelli diversi.

  • Le colonie potevano essere di due tipi:
    – le colonie romane, controllate direttamente da Roma, ma che avevano un’ampia autonomia amministrativa. Gli abitanti di queste colonie erano cittadini romani e quindi godevano dei diritti civili e politici.
    – le colonie latine invece avevano un’ampia autonomia amministrativa e i loro abitanti godevano dei diritti civili ma non avevano diritti politici.
    Spesso le colonie nascevano in seguito all’assegnazione di terre ai veterani dell’esercito. La fondazione delle colonie serviva sia a risolvere possibili conflitti sociali a Roma, sia a tenere sotto controllo i territori insediandovi una popolazione romana.
  • I municipi erano invece quelle città che avevano particolari legami con Roma, come Napoli, o le grandi città etrusche come Cerveteri.
    I loro
    abitanti non erano cittadini romani, ma queste comunità avevano una forte autonomia.
  • Gli alleati (o socii) erano le popolazioni dei territori o delle città che avevano concluso accordi con Roma (magari a seguito di una guerra).
    Godevano di autonomia nel governarsi,
    non dovevano versare tributi, ma in caso di guerra dovevano fornire truppe all’esercito romano.
  • Vi erano poi altri territori sottomessi, dove non c’era alcuna forma di autogoverno locale e i cui abitanti erano semplicemente sudditi dello Stato romano.
IL TERRITORIO ROMANO
Strade e acquedotti

Per rendere sempre più produttivi i campi e approvvigionare d’acqua le città, i Romani costruirono molti acquedotti, canali sopraelevati sostenuti da strutture ad arcate.

Costruirono inoltre un’imponente rete di strade e ponti dove merci, soldati e informazioni viaggiavano velocemente, favorendo il controllo del territorio, i commerci e la diffusione della cultura romana.

Ager publicus e centuriazione

Gran parte dei territori conquistati dai Romani diventavano ager publicus, cioè terreni di proprietà dello Stato che venivano assegnati ai cittadini dietro pagamento di un canone.

Quando venivano fondate le colonie, si procedeva invece ad assegnare piccoli appezzamenti di terra a ciascun colono secondo il sistema della centuriazione.

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Latifondi e ville rustiche

Nell’antica Roma si affermarono i latifondi, grandi estensioni di terre in possesso di un’unica famiglia, dove veniva usata la manodopera gratuita degli schiavi

Le tante guerre romane costringevano i piccoli proprietari a lasciare i campi per partecipare alle campagne militari. L’abbandono forzato dei campi causò la crisi delle piccole proprietà, che venivano poi vendute ai grandi proprietari aumentando i latifondi. 

Il centro gestionale e amministrativo dei latifondi era la villa rustica, un complesso di edifici che ospitavano stalle, magazzini e abitazioni per gli schiavi.

L’ASCESA DEI PLEBEI

Le guerre di espansione diedero alla plebe il potere di imporre una sua maggiore presenza nel governo della città. Infatti senza la partecipazione della plebe alle spedizioni militari, Roma sarebbe stata in crisi. 

Dunque l’espansionismo romano giocò a favore delle richieste plebee

Abbiamo visto come con la secessione dell’Aventino del 494 a.C. i plebei avevano ottenuto il riconoscimento dei tribuni della plebe e dei concili, cui era seguita la conquista di leggi scritte e la cancellazione del divieto di matrimonio tra patrizi e plebei.

le leggi licinie sestie

La plebe vide riconosciuto il suo ruolo e la sua importanza con le leggi Licinie-Sestie del 367 a.C., con le quali:

  • venne stabilita la possibilità per i plebei di accedere al consolato, quindi alla massima magistratura romana;
  • venne stabilito un limite alle porzioni di ager publicus assegnate ai singoli cittadini, in modo da evitare la concentrazione dei terreni in mano ai patrizi dal momento che l’assegnazione delle terre era decisa dal senato che era ancora a maggioranza patrizia.
  • fu impedita l’usura nei prestiti che i patrizi concedevano ai plebei.
UNA NUOVA MAGISTRATURA: IL PRETORE

A fronte di questi vantaggi che ottennero i plebei, nel 366 a.C. venne creata una nuova magistratura, la pretura, riservata ai patrizi ed eletta dai comizi centuriati. I pretori affiancavano i consoli nell’amministrazione della giustizia, spesso ebbero anche la guida dell’esercito nelle tante guerre combattute dai Romani. In seguito saranno i governatori delle province. 

Inoltre agli edili eletti dal concilio della plebe si aggiunsero gli edili curuli di provenienza patrizia, eletti dai comizi tributi.

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ALTRE TAPPE DELLA PARITÀ TRA PATRIZI E PLEBEI

Il processo di parificazione tra patrizi e plebei continuò con altre tappe importanti:

  • nel 339 a.C. le leggi Publilie (dal nome del primo dittatore plebeo Publio Filone) diedero ai plebisciti (cioè alle deliberazioni del concilio della plebe) valore per tutti i cittadini romani.
    I plebisciti però dovevano ottenere l’approvazione del senato (che fu eliminata qualche anno più tardi, nel 287 a.C., dalla legge Ortensia).
  • Dopo l’accesso al consolato venne concesso ai plebei anche l’accesso alla censura e alla pretura.

Nel 320 a.C. tutte le magistrature erano ormai aperte ai plebei e dal 300 a.C. con la legge Ogulnia veniva aperta la partecipazione dei plebei ai collegi sacerdotali più importanti: i pontefici e gli àuguri.

L’uguaglianza politica tra patrizi e plebei portò alla nascita di una oligarchia patrizio-plebea, basata sul censo e non sull’appartenenza, che da questo momento guiderà la città.

Il plebeo che diventava console o entrava in senato era chiamato homo novus e da quel momento la sua famiglia veniva a far parte di questa nuova nobiltà.

ASSEMBLEE E MAGISTRATURE ROMANE DOPO IL 366 A.C.

Schema: I comizi curiati hanno funzioni rituali. I comizi centuriati eleggono i censori (anche plebei dal 339 a.C.), i pretori (anche plebei dal 339 a.C.) e i consoli (anche plebei dal 367 a.C.); questi ultimi scelgono il dittaore insieme al senato. I commizi tributi eleggono i questori (anche plebei dal 421 a.C.) e gli edili curiali (anche plebei dal 339 a.C.). Il concilio della plebe elegge i tribuni e gli edili.