C era una volta... Il leone, la volpe e il cervo è una favola ironica e pungente sugli effetti nefasti del desiderio degli onori (r. 52), come recita la sentenza morale posta in conclusione. Secondo i canoni del genere favolistico, gli animali incarnano tipi umani e la vicenda narrata propone un modello estremamente semplificato e per questo esemplare dei duri rapporti sociali che li legano. Infatti, la società rappresentata in piccolo dalle favole è improntata a un realismo senza facili consolazioni: tra gli animali di Esopo vale una sorta di legge della giungla, che rende pericolosa la convivenza e utopica l uguaglianza tra gli individui. In questa e in altre favole di Esopo il leone è l incarnazione assoluta del più forte : nell ambito dell esistenza umana simboleggia chi è favorito dalla potenza fisica, da una maggiore disponibilità economica o da qualche altra qualità che gli conferisce una supremazia sui più deboli. Una suadente orazione In questo caso, il re degli animali è fortemente indebolito da una malattia che limita il suo dominio: non è più in grado di cacciare e per questo si rivolge alla volpe, sua amica, affinché attiri un cervo nella sua tana. La volpe è dotata di un potere diverso, quello insito nelle astuzie del linguaggio. Raggiunto il cervo, essa mette in atto una serie di efficaci tecniche di persuasione, basate sull inganno, sull adulazione (tutta complimentosa, lo salutò, rr. 5-6) e sul paragone tendenzioso con gli altri. Nella menzogna sulla presunta successione al trono, infatti, spiega che soltanto il cervo è adatto a essere re, caratterizzando negativamente gli altri animali (il cinghiale stupido, la pantera collerica ecc.) e facendo leva sul suo insito bisogno di primeggiare. Il cervo, tronfio e lusingato, si convince a seguire la volpe nella tana del leone, dove per miracolo scampa alla morte, evitando di trasformarsi in una succosa portata che plachi la fame del malato. Il cervo recidivo Quando la volpe ritorna alla carica, la sua abilità manipolatrice risulta più efficace che in precedenza: prima contraddice le idee del cervo, facendolo sentire in colpa per aver dubitato della buona fede dei suoi amici (Perché sospetti di noi, tuoi amici?, rr. 36-37), poi costruisce una versione dei fatti subdola e falsa, sfrutta il senso di colpa della vittima, rinfacciandogli tra le righe di non aver approfittato del grande dono ricevuto, e infine agita lo spauracchio del lupo (che brutto padrone, r. 41) insinuando che sarebbe un vero codardo a non accettare l offerta. Il cervo cade nell elaborato inganno, risolvendosi a tornare nella caverna: ciò che accade del malcapitato, Esopo lo racconta non rinunciando a una descrizione macabra, quasi pulp. Una doppia verità Durante il banchetto il cuore del povero cervo che il leone desiderava per sé cade al suolo; la volpe, senza esitare, si avventa su di esso e lo divora. Poco dopo, non trovando la primizia, il leone si rivolge alla volpe, che si trae d impaccio attraverso l ennesimo inganno, basato sul gioco tra il significato letterale e quello figurato di cuore, inteso come sede del pensiero e della coscienza. La morale che chiude la storia riguarda l accecamento della ragione provocato dalle seduzioni della fama e del potere: il cervo cede alle lusinghe e ai sogni di gloria, e per questo finisce divorato. Tuttavia, la favola contiene un altro e più profondo insegnamento, lasciato implicito e riguardante le macchinazioni della volpe: attraverso la forza della parola è possibile compiere imprese a prima vista impossibili. L astuzia che fa spesso leva sulle debolezze dell animo è un arma molto più efficace della forza bruta. 177 IL La legge del più forte CLASSICO GUIDA ALLA LETTURA
T1 IL CLASSICO - ESOPO, Il leone, la volpe e il cervo (da Favole)