Che fai tu, luna, in ciel? SPECCHI di CARTA Secondo un consolidato e distorto luogo comune, L infinito una delle poesie italiane più famose in assoluto sarebbe da mettere in relazione con l esasperata sensibilità di Leopardi che, inguaribile pessimista, compensava sofferenze e dolori esistenziali con la genialità delle sue intuizioni. In realtà, questa lirica rappresenta ben di più: dimostra il bisogno di spaziare con l immaginazione per godere di un esperienza capace di offrire un dolce piacere. Il poeta non allude a un viaggio mistico, ma a un benessere reale provato dalla sua mente. Per questo fa riferimento a un naufragio : una sensazione che nasce da un illusione creata dal pensiero (io nel pensier mi fingo, scrive) e che sa coinvolgere tutti i sensi oltrepassando la ristrettezza del mondo reale. proprio la coscienza della limitatezza della vita a costituire per Leopardi una possibilità di cui approfittare: tentare di superare i confini che l esistenza, la natura e la nostra imperfezione ci impongono è una sfida ambiziosa che dovrebbe animare tutti noi e che affrontiamo quando fantastichiamo a occhi aperti dinanzi ai vincoli del presente. L intelligenza e la sensibilità sono le doti che abbiamo a disposizione per spingerci all estremo confine delle nostre facoltà razionali, vincere le paure e ampliare la conoscenza di noi stessi e del mondo. Ferdinand Hodler, Sguardo sull infinito II, 1903-1904. GUIDA ALLA LETTURA Un luogo significativo L infinito si apre con la brevissima descrizione di una collina e di una siepe che, ci viene detto al primo verso, l io lirico ha particolarmente a cuore. Il luogo coincide nella realtà con il monte Tabor, una collina che sorge non lontano dalla dimora familiare di Recanati: l avverbio Sempre (v. 1) lascia intendere che il soggetto protagonista lo abbia frequentato a lungo, sicuramente più di una volta. E lo frequenti ancora, come suggeriscono, a livello lessicale, gli aggettivi dimostrativi questo/quella. Da questo punto di osservazione (il colle) e grazie a un confine (la siepe) che delimita tale osservazione, impedendo la vista di buona parte dell orizzonte, il poeta si lancia verso l infinito, allontanandosi da una sensazione reale e sensibile per immergersi in un immensità che si può percepire senza poterla abbracciare. Dallo spazio senza confini... la congiunzione avversativa Ma, collocata all inizio del v. 4, a marcare lo stacco tra spazio circoscritto e spazio indefinito: la siepe sollecita l io lirico a fantasticare; essa rappresenta una barriera con il mondo esterno, capace di innescare la fantasia e attivare un percorso mentale che porta a valicare i confini dello spazio, in luoghi senza fine, oltre i limiti umani. Non a caso, in questi versi, lo stile è estremamente movimentato ed evocativo: abbiamo, così, un uso sistematico dell enjambement, l impiego di parole lunghe (interminati, v. 4; profondissima, v. 6), una forte anastrofe con i complementi oggetto spazi (v. 5), silenzi e quiete (v. 6) anteposti in prolessi all io che li immagina (io nel pensier mi fingo, v. 7). In questo improvviso vortice di immagini, il soggetto prova un senso di inebriante smarrimento, raggiungendo un piacere sconfinato, al limite della vertigine (per poco / il cor non si spaura, vv. 7-8). 237