Film animati Poesia e immagini: un connubio non scontato. Tra cinema e immagini il rapporto è invece meno sorprendente, visto che il matrimonio tra animazione e grande schermo è antico. Potremmo perfino dire antichissimo se andassimo a ritroso fino alle ombre cinesi, alla lanterna magica e agli infiniti apparecchi che, nel corso dei secoli, hanno tentato di simulare e riprodurre il movimento. La tecnica classica è quella del cosiddetto disegno animato: gli elementi da riprendere di volta in volta vengono tratteggiati su fogli di celluloide trasparenti, sovrapposti gli uni agli altri, mentre le scenografie sono rappresentate su un foglio base non trasparente in modo da mantenersi inalterate rispetto ai disegni mossi . Poi speciali procedimenti riescono a ottenere l effetto della tridimensionalità. Ma questa è preistoria: lo sviluppo di nuovi programmi e l introduzione della grafica tridimensionale permettono oggi la realizzazione di lungometraggi con l uso del computer. Il battesimo di questo procedimento, destinato a rivoluzionare il cinema animato, è stato Toy story. Il mondo dei giocattoli, diretto nel 1995 da John Lasseter e prodotto dai Pixar Animation Studios. Dalla svolta digitale nulla è stato più come prima: oggi non resta che scegliere tra storie e sceneggiature sempre più accattivanti, trovate tecniche all avanguardia, soluzioni narrative che puntano al coinvolgimento di un pubblico stratificato, non solo composto dai più giovani. Sullo sfondo, la grande competizione tra le case di produzione: la stessa Pixar, acquistata nel 2006 da Disney; Dreamworks, fondata nel 1994 da Steven Spielberg (basti pensare alla saga di Shrek); la giapponese Studio Ghibli, creata dal genio di Hayao Miyazaki, a cui si devono capolavori come Il mio vicino Totoro (1988) e Il castello errante di Howl (2004). Un scena da Shrek (2001), diretto da Andrew Adamson e Vicky Jenson. Sopra, due scene da Il castello errante di Howl (2004) di Hayao Myazaki. Qui sotto, un fotogramma da Toy Story (1995). 427