Omero UNIT 2 485 490 al tuo seno! Dopo tanti dolori sofferti, sono ora tornato, al ventesimo anno, nella terra dei padri. Ma poiché hai scoperto e un dio te l ha posto nell animo, taci! Nessun altro in casa lo sappia. Perché così ti dico e così di sicuro sarà: se un dio abbatterà per mia mano gli egregi corteggiatori, non rispetterò te, che pur sei la mia balia, qualora le altre ancelle uccidessi nella mia casa, le donne . Omero, Odissea, libro XIX, vv. 386-490, trad. di G.A. Privitera, Mondadori, Milano 2015 SPECCHI di CARTA Quante volte ci capita di individuare in una persona apparentemente sconosciuta qualche tratto anatomico o segno particolare che ci ricordano un amico o un parente che non vediamo da tanto tempo? Allo stesso modo, fortunate trasmissioni televisive confermano che la ricerca di persone scomparse è spesso affidata ad alcuni marchi inequivocabili (voglie, nei, tatuaggi ecc.), talvolta più eloquenti di un documento d identità. Ma il riconoscimento non è solo motivo di gioia inaspettata: è anche una soluzione narrativa da sempre utile ad appassionare lettori e spettatori. Curiosità della ricerca e sorpresa sono due ingredienti immancabili in ogni trama d avventura. Non a caso, secondo il filosofo greco Aristotele, il rivelarsi improvviso e inatteso dell identità di un personaggio costituisce l epilogo ricorrente di un opera teatrale, capace di creare il colpo di scena necessario alla soluzione di una vicenda intricatissima. Il riconoscimento di Odisseo da parte di Euriclea si condisce però di qualche elemento in più: non è solo il più antico della letteratura occidentale, ma mette sulla scena due attori quanto mai antitetici (o che tali appaiono ai nostri occhi). L eroe e la sua balia, cioè il massimo della forza e la calda intimità dell affetto incarnata da una figura mite, semplice e rassicurante come è o dovrebbe essere l infanzia. ANALISI 286 Un sapiente rallentamento Mentre Euriclea prepara l acqua per lavare i piedi del mendicante, Odisseo con un gesto improvviso cerca l oscurità, consapevole di avere un segno inconfondibile sulla gamba e spaventato dall idea di essere riconosciuto dalla vecchia nutrice. L eroe sa bene che rivelare ora la propria identità significherebbe compromettere i piani studiati con Telemaco e mandare in fumo il desiderio di vendetta sui Proci covato tanto a lungo. Ma, anche sul piano narrativo, il precoce smascheramento determinerebbe una brusca conclusione del poema, con l effetto di deludere le aspettative dell ascoltatore. Per tali ragioni, con una studiata sapienza narrativa, Omero sembra temporeggiare, spostando in avanti il momento decisivo della rivelazione e indugiando con un racconto nel racconto , una lunga digressione, cioè una divagazione dal racconto principale (vv. 393-466), per narrare come Odisseo si fosse procurato la cicatrice ben nota alla sua balia. La caccia e la ferita Attraverso il ricorso alla tecnica del flashback (o analessi), l autore risale a due distinti momenti dell infanzia di Odisseo: il primo è relativo alla nascita, quando venne a trovarlo il nonno materno Autolico (vv. 399-412), al quale spetta il compito di scegliere il nome per il neonato (Genero mio, figlia mia, mettetegli il nome che dico: / io vengo qui con odio per molti, / uomini e donne sulla terra molto ferace, / e dunque si chiami Odisseo di nome, vv. 406-409). Il secondo si situa invece in un momento successivo dell adolescenza dell eroe. Invitato da Autolico in montagna, Odisseo si era recato sul monte Parnaso, desideroso di ricevere i doni promessi dal nonno e, dopo un sontuoso banchetto, l indomani aveva partecipato a una battuta di caccia con i cani (vv. 428-459). La descrizione del contesto naturale, so-