Eneide ANALISI L importanza di un padre Nella notte della presa di Troia, quando l unica via di salvezza è la fuga, Enea sente di non poter partire senza l anziano genitore, che per la sua età e la riconosciuta saggezza è il vero custode della memoria della famiglia: la sua pietas lo induce allora ad anteporre la salvezza del padre alla propria. Tuttavia, il vecchio Anchise è riluttante all idea: lasciare la propria città alla ricerca di una nuova patria non è facile per un uomo che sa di avvicinarsi al termine della vita. L esitazione sparisce solo alla vista di un prodigio, una stella cadente, che indica la via da percorrere per abbandonare Troia (vv. 699-704). Il gesto con cui Enea invita il padre a salire sulle sue spalle per fuggire insieme dalla città in fiamme (vv. 707-711) è uno dei più celebri e più umani del poema. Virgilio dipinge in questi versi il ritratto della famiglia romana, proiettandolo in realtà ben oltre i confini della sua epoca: il pater familias porta con sé l anziano genitore sulle spalle (il peso non mi sarà grave, dice affettuosamente Enea, v. 708), tiene per mano il figlioletto che cammina con passi ineguali (v. 724), mentre la moglie lo segue, come era uso durante le uscite in pubblico. A guidarli è il fortissimo senso del dovere, quell obbedienza ai vincoli del sangue, dello Stato e del destino, che rappresenta una caratteristica tipica della civiltà romana. Questo spiega anche il valore attribuito ai Penati, le statuette degli antenati che non ci sono più: non è casuale che Enea le affidi al padre, sia perché sente di avere le mani ancora contaminate dal sangue della lotta precedente (vv. 717-720), sia perché Anchise è il membro più anziano della famiglia, quello che è per età più vicino alle generazioni defunte. Il cammino nell oscurità Pur gravato dal peso del padre sulle spalle, Enea riesce a trovare la via per scampare ai pericoli della notte del saccheggio: sin dai primi passi della fuga si annuncia il timore dell ignoto, ancora maggiore della paura dei nemici, ora che l eroe ha su di sé la responsabilità dell intera famiglia (vv. 725-729). significativo che a un certo punto sia il padre ad avvertirlo di un insidia improvvisa, a dimostrazione dell importanza del ruolo dell anziano, anche nella fuga (vv. 730-734). Il dolore dell addio Nonostante l iniziale unità, una nota tragica è destinata a incrinare il quadro della famiglia: distolto dai pericoli o forse da un dio nemico, solo quando è ormai fuori dalle mura della città Enea si avvede che la moglie Creusa non è più al suo seguito (vv. 735-744). Dopo aver accusato di ciò gli dèi e gli uomini, in preda alla disperazione decide di riarmarsi e tornare a cercarla a casa e al palazzo di Priamo, ma senza trovarne traccia (vv. 745-767). Messosi a invocare il suo nome tra le vie di Troia, vede finalmente davanti a sé l immagine della donna, destinata a rimanere nella sua terra come ombra (Mentre deliravo così e smaniavo senza tregua tra le case / della città, mi apparve davanti agli occhi l infelice simulacro / e l ombra di Creusa, immagine maggiore di lei, vv. 771-773). Le ultime parole di Creusa hanno il sapore di un testamento e di una profezia: Giove non vuole che ella segua il marito nelle sue peregrinazioni verso una nuova patria, l Esperia, la terra del tramonto, e non c è motivo di dolersene (Ciò accade per volere divino; / non puoi portare via con te Creusa, / no, non lo permette il sovrano del superno Olimpo, vv. 777-779). L amore che la donna nutre verso il marito si percepisce nel futuro di felicità che gli profetizza: una nuova moglie di stirpe regale lo attende. Virgilio, in realtà, non descrive esplicitamente le circostanze della scomparsa della donna, misteriosamente trattenuta dalla dea Cibele in terra troiana e così sottratta a un destino di schiavitù in Grecia (vv. 784-788). La dolcezza e l obbedienza fanno di Creusa un personaggio tragico, disposto a sacrificarsi per consentire la riuscita di un piano superiore, dal quale lei è sin dall inizio esclusa. Nel dramma dell addio, il suo ultimo pensiero è quello della madre preoccupata per il figlio (E ora addio, serba l amore di nostro figlio, v. 789) e non può dirsi meno affranto Enea, nell estremo e vano tentativo di abbracciare ancora per l ultima volta la sua sposa. Muto, desideroso di dirle molto, ma senza possibilità di farlo, l eroe è costretto a lasciarla per sempre (vv. 790-794). 341