no ristrette senza formale imputazione e la loro presenza è voluta, decisa, finalizzata a suo tempo a scopi informativi, ora quasi inutili, non è facilmente eliminabile perché è una realtà non più convertibile ad altro. Le premesse del dibattito attorno ai concetti precedentemente citati possono essere ritrovate nella posizione assunta da Thomas Nagel,4 più di quaranta anni fa nel periodo della guerra in Vietnam, circa il dilemma morale tra teorie assolutiste e teorie utilitariste, le prime che danno priorità a ciò che si fa, agli schemi valoriali di riferimento, le seconde centrate invece su ciò che accadrà, sulle conseguenze in gioco. Nessun problema per Nagel nel sostenere quest ultime, liquidando l assolutismo e quindi il divieto assoluto della tortura nelle Dichiarazioni e Convenzioni dal secondo dopoguerra come un ideale regolativo insensatamente astratto e provvidenzialmente irrealizzabile. Il contesto dell analisi del filosofo analitico è quello bellico, tuttavia la sua posizione apre e ha aperto alla possibilità di considerare comunque la tortura una opzione eventuale. Ne sono testimonianza le varie posizioni assunte negli anni subito successivi al settembre 2001 da alcuni Stati europei che, a metà del primo decennio di questo secolo, hanno proposto di limitare l assolutezza del divieto di tortura, espresso dall articolo 3 della Convenzione europea per i diritti umani o, ugualmente, dall articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione Europea, bilanciandolo con le esigenze di sicurezza e, in particolare, bilanciandolo con la necessità di fronteggiare il terrorismo internazionale, quale altro impegno quasi un bene, da tutelare in modo assoluto: il pensiero va alla richiesta a suo tempo avanzata dal ministro dell interno del Regno Unito, Charles Clarke insieme a pochi altri governi europei (tra cui anche quello italiano di allora). Clarke dichiarò al Parlamento Europeo, nella sessione del 7 settembre 2005: «Il nostro sforzo per la tutela dei diritti umani deve riconoscere la verità che tutti noi dobbiamo accettare, che il diritto a essere protetti dalla tortura e dai maltrattamenti deve essere considerato di pari passo con il diritto a essere protetti dalle morti e dalle distruzioni causate da un terrorismo indiscriminato, a volte causato, istigato o fomentato da cittadini di paesi esterni all Europa. Questo è un difficile bilanciamento e richiede che tutti noi politici ci interroghiamo su dove i nostri cittadini si attendano venga tracciata la linea di demarcazione . [ ] Nei primi anni di questo nuovo secolo [ ] da un lato la repressione di movimenti che rischiavano di divenire incontrollabili da parte del potere politico non solo nelle loro richieste ma anche nelle loro forme espressive ha mostrato il ricorso a una forma di tortura politica , volta a soffocare il loro espandersi attraverso l azione diretta e la paura; da un altro lato le forme di indagine in settori quali la lotta al terrorismo internazionale hanno visto il riproporsi di una tortura giuridica volta a raccogliere informazioni da parte di forze di polizia ordinarie e agenti a tal fine reclutati su base privatistica, da impiegare per tale lavoro muscolare. Tortura politica e tortura giuridica hanno trovato [ ] un espansione comune, ruotando attorno al concetto di nemico interno o esterno da combattere con ogni mezzo in quanto presuntivamente in grado, per il suo stesso esistere, di mettere in crisi il sistema ordinamentale riconosciuto e i paradigmi su cui esso si fonda. (Mauro Palma, La tortura: el antigarantismo, Università di Barcellona, 30 gennaio 2019) 4 Thomas Nagel: filosofo serbo naturalizzato statunitense (n. 1937). LEGGI E COMPRENDI 1 Quale rischio viene individuato dall autore nell informazione mediatica sui casi di tortura? Tale rischio va corso oppure evitato? perché? 2 In quale orizzonte si colloca la teorizzazione del filosofo Thomas Nagel? RIFLETTI, SCRIVI, SOSTIENI 3 Svolgi una breve ricerca sull uso della tortura nel mondo attuale e sintetizzane i risultati in un testo espositivo di circa 30 righe. Puoi attingere dati dai rapporti periodici di organizzazioni internazionali attive nel campo dei diritti umani, come per esempio Amnesty International. 199