Ho appreso pur dal Teatro, e lo apprendo tuttavia all’occasione delle mie stesse commedie il gusto particolare della nostra nazione, per cui precisamente io debbo scrivere, diverso in ben molte cose da quello dell’altre. Ho osservato alle volte riscuoter grandissimi encomi alcune cosarelle da me prima avute in niun conto, altre riportarne pochissima lode, e talvolta eziandio qualche critica, dalle quali non ordinario applauso io mi era sperato; dacché ho imparato, volendo render utili le mie commedie, a regolar talvolta il mio gusto su quello dell’universale, a cui deggio principalmente servire, senza mettermi in pena delle dicerie di alcuni o ignoranti o indiscreti, e difficili, i quali pretendono di dar la legge al gusto di tutto un popolo, di tutta una nazione, e fors’anche di tutto il mondo, e di tutti i secoli colla lor sola testa, non riflettendo, che in certe particolarità non integranti i gusti possono impunemente cambiarsi, e convien lasciarne padrone il popolo egualmente che delle mode del vestire, e de’ linguaggi. […] Ecco quanto ho io appreso da’ miei due gran libri, Mondo e Teatro. Le mie commedie sono principalmente regolate, o almeno ho creduto di regolarle, coi precetti che in essi due libri ho trovati scritti: libri per altro, che soli certamente furono studiati dagli stessi primi autori di tal genere di poesia, e che daran sempre a chiunque le vere lezioni di quest’arte. La natura è una universale e sicura maestra a chi la osserva. «Quanto si rappresenta sul teatro (scrive un illustre autore) non deve essere se non la copia di quanto accade nel mondo. La commedia, soggiunge, allora è quale esser deve quando ci pare di essere in una compagnia del vicinato, o in una familiar conversazione, allorché siamo realmente al teatro, e quando non vi si vede se non ciò che si vede tuttogiorno nel mondo. Menandro, segue a dire, non è riuscito se non per questo tra i greci, ed i romani credevano di trovarsi in conversazione quando ascoltavano le commedie di Terenzio, perché non vi trovavano se non quel ch’eran soliti di trovare nelle ordinarie lor compagnie». Anche il gran Lope de Vega, per testimonianza del medesimo scrittore, non si consigliava, componendo le sue commedie con altri maestri, che col gusto de’ suoi uditori. 19 20 30 21 22 35 23 24 25 40 26 45 27 28 50 29 30 31 32 55 33 anche. durante la rappresentazione. persino, addirittura. perciò. sul gusto della maggior parte delle persone. devo. stabilire, imporre il gusto. non necessarie. gli autori antichi. si riferisce all’umanista e teologo francese René Rapin (1621-1687). anche se in realtà siamo a teatro. commediografo greco (342/341-291/290 a.C.), fu il massimo rappresentante della “commedia nuova”, che escludeva i riferimenti alla vita politica contemporanea per portare sulla scena vicende quotidiane e uomini comuni. non ha avuto successo. commediografo latino del II sec. a.C., fu autore di opere caratterizzate dall’interesse per la psicologia dei personaggi. drammaturgo spagnolo (1562-1635), fu autore di centinaia di commedie basate sull’elemento popolare, sulla vivacità dell’azione e sulla naturalezza del linguaggio. 19 pur: 20 all’occasione: 21 eziandio: 22 dacché: 23 su quello dell’universale: 24 deggio: 25 dar la legge al gusto: 26 non integranti: 27 primi autori: 28 un illustre autore: 29 allorché… teatro: 30 Menandro: 31 non è riuscito: 32 Terenzio: 33 Lope de Vega: