Educazione CIVICA – Pagine di realtà Il gioco d’azzardo: una vera patologia Nel brano che abbiamo presentato della commedia La bottega del caffè compare l’ambiente della bisca, vale a dire il luogo per antonomasia del gioco d’azzardo. Purtroppo anche oggi questo è per molte persone una vera e propria dipendenza psicologica, per indicare la quale esiste un vocabolo specifico: ludopatia. Nella primavera del 2020, durante il lockdown per la pandemia da Covid-19, ci si è illusi che il fenomeno potesse ridimensionarsi: se nei mesi pre-pandemia il fenomeno coinvolgeva il 16,3% degli italiani, nei mesi di clausura si è passati al 9,7%. Purtroppo, finito il lockdown, si è presto risaliti a un 18%, come se l’astinenza forzata dal gioco avesse dato, appena cessate le restrizioni, un nuovo impulso al fenomeno. E sono anche aumentati il tempo dedicato al gioco d’azzardo e le puntate online. Proponiamo sull’argomento un articolo di . Agnese Ananasso SALUTE E BENESSERE AGENDA 2030 OBIETTIVO 3 L’emergenza, la minaccia spinge uomini e donne a dare il meglio di sé, per proteggersi. E questo è avvenuto in Italia durante il lockdown totale. In questi due mesi e mezzo di clausura sono diminuiti i comportamenti impulsivi legati alle dipendenze. Tra queste il gioco di azzardo, la cui pratica ha visto una diminuzione all’interno della popolazione, passando dal 16,3% del periodo prepandemico al 9,7% durante il lockdown, per poi risalire al 18% nel periodo successivo, quando le restrizioni si sono allentate. Un’altalena rilevata da una ricerca condotta dall’Istituto superiore di Sanità […] sull’abitudine al gioco degli italiani. A diminuire è stato sia il gioco definito “terrestre” (ossia dal vivo), sia, cosa strana, quello online, per poi risalire quando i divieti sono diventati più soft. Ad aumentare in periodo di lockdown è stato il tempo trascorso a giocare, di circa un’ora, e la platea di giocatori: l’1% circa degli intervistati afferma di essere entrato in questo mondo per la prima volta. […] «In generale abbiamo assistito a un contenimento di tutti i comportamenti impulsivi, grazie alla chiusura dei centri di scommessa e al fatto che stando confinati con la propria famiglia o con alcuni conviventi, si è ridotta necessariamente la ricerca spasmodica del gioco, con una migliore regolazione emotiva», spiega Tonino Cantelmi psichiatra, psicoterapeuta, direttore dell’Istituto di terapia cognitivo interpersonale. «Tuttavia si è trattato soltanto di apparenza. È vero che le persone si sono ubriacate di meno, hanno utilizzato meno le sostanze stupefacenti, hanno giocato meno, hanno cioè regolato meglio tutti i comportamenti impulsivi, ma è durato pochissimo. Appena la vita ha ripreso un ritmo leggermente più veloce e appena qualche contenimento è venuto a mancare di nuovo, c’è stato il ricorso all’impulsività». Il 19,7% di coloro che già giocava ha incrementato l’attività totale, soprattutto giovani, fumatori, consumatori di cannabis e di alcolici. La ludopatia è spesso connessa anche a problemi di sonno, basso livello di vita, abuso di psicofarmaci. È come entrare in un girone infernale da cui è difficile uscire. «La dipendenza dal gioco è legata all’incapacità di provare piacere e quindi alla sua ricerca compulsiva e sempre più aggressiva. Questa incapacità, di cui sono vittime i giocatori, detta “anedonia”, è legata a uno sviluppo adolescenziale compromesso dalla precocità di stimoli e anche da esperienze anaffettive durante l’infanzia. Il lockdown, e soprattutto la minaccia pandemica, ha sicuramente incrementato il rischio di compromissione della salute mentale nella popolazione generale e in alcuni gruppi in particolare, ma in realtà i fattori che spingono a cercare il piacere fino a restarne schiavi attraverso il gioco d’azzardo sono molteplici e come sempre molto legati alla storia individuale».