la quasi “unicità” a dispetto della tradizione letteraria italiana: ciò conferma, di Goldoni, una pacata ma ferma avversione per norme universalmente prescritte e costrittive, oltre ogni logica del fare, e soprattutto del far bene, secondo il di chi, potendo, vuol vivere del proprio mestiere ed è dunque attento al risultato del botteghino, ma che è anche di chi ha fede nella risoluzione di ogni conflitto attraverso la civiltà del dialogo, non meno che nella libertà e nel potere dell’immaginazione che la presiede; una logica, questa, che negli stessi anni di Goldoni è espressamente predicata anche da Joseph Addison dai fogli del quotidiano «The Spectator»; democratico : lungi dall’evocare quel caro a maldestre letture marxiste seriori, il teatro di Goldoni sembra rivendicare, secondo Gramsci, una conoscenza dell’uomo che vuole il diritto, quando la tradizione teorica lo riservava soltanto alle élite; tale rivendicazione matura con la graduale trasformazione e conquista della scena, secondo le giuste parole di Ludovico Zorzi, di «personaggi corposi e vitali, tanto più insoliti quanto visibilmente estrapolati dalla realtà circostante», la cui «apparizione dové sorprendere come uno stacco traumatizzante»; contenuto popolare: ossia, secondo un’ideologia del racconto elaborata dal basso, non certo da contemplare con inopportuni sorrisi (come avvertito ancora dalla critica di cui sopra), ma da articolare dialogicamente nel pieno processo mimetico delle sue reali contraddizioni; lingua espressiva popolare: a conferma anche per Gramsci della costruzione di un’autonoma per la prima volta generata, sulla scena teatrale italiana, da esigenze di oralità e performatività; come sappiamo collaudata da Goldoni su di un ampio ventaglio di registri e vocabolari. Gianfranco Folena ha chiamato questa lingua teatrale «fantasma scenico» forse anche perché, di fronte alla moltitudine del parlato che rinuncia alla logica normata dello scritto, può prendere vita soltanto (e mica poi tanto per dire) una drammaturgia di spettri: gli invisibili, i subalterni, gli esclusi da ogni possibilità di . Perché la lingua, queste , sono esperienze di apertura, di raccolta, di conoscenza e di collaborazione, «condizione nascente ed effimera», secondo ancora Folena, mai difesa identitaria né tutela o appropriazione del tipico e del nativo; critica feroce dell’aristocrazia: ossia, aggressiva e efficace assunzione di un punto di vista anti aristocratico in un – occorre aggiungere – mobile e disponibilissimo sistema linguistico, tanto che insieme ai «Parolai», ossia a quella «specie di sapienti stucchevoli» pronti a far chiasso e a prendere subito le misure di scuola alla lingua e allo stile dello goldoniano, si aggiunse presto, con tracotanza, «un gruppo rispettabile di molti Nobili dei due sessi, che gridano vendetta contro Goldoni perché egli osa presentare sulla scena il Conte, il Marchese e la Dama con dei caratteri che sollevò contro l’autore i suoi primi nemici nella nostra città». Ma soprattutto sarà l’«essersi introdotto troppo liberamente nel santuario della galanteria, e di averne svelato i misteri agli occhi profani del popolo», uno dei più imperdonabili movimenti del suo teatro. Non si tratta solo di fenomeni di costume messi a nudo, come in questo caso quello del cicisbeismo. Perché nell’evidenza delle parole, il mistero dietro cui si rafforza l’autorità dell’istituzione, politica, sociale o spirituale, non si trasforma, nella consapevolezza istruita dell’occhio profano, in una effimera disillusione ma in un giudizio finale. Stefano Tomassini, , “Mimesis Journal”, 1-2/2012 30 a. buon senso common sense 6 35 7 b. ante litteram moderatismo 40 8 9 45 c. 50 d. koinè koinè 10 55 agency 11 lingue 60 e. 65 scriver nuovo 70 12 75 Carlo Goldoni e la democrazia del volto senso comune. saggista, drammaturgo e uomo politico inglese (1672-1719). La sua personalità di moralista, psicologo e umorista si espresse pienamente nelle pagine del quotidiano “The Spectator”, mentre nei suoi saggi diede vita a tipi assurti a espressione caratteristica del loro tempo. più tarde. critico teatrale e saggista (1928-1983). linguista e filologo italiano (1920-1992). azione. lo ricorda l’amico marchese Francesco Albergati Capacelli di Bologna in una lettera a Voltaire, tradotta e citata da Renzo Rosso nella sua al volume antologico goldoniano della collana Cento libri per Mille anni, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1995, p. V, nota 4 (n.d.a.). 6 : common sense 7 Joseph Addison: 8 seriori: 9 Ludovico Zorzi: 10 Gianfranco Folena: 11 : agency 12 «essersi… popolo»: Introduzione