Già i valetti gentili udìr lo squillo del vicino metal cui da lontano scosse tua man col propagato moto; e accorser pronti a spalancar gli opposti schermi a la luce, e rigidi osservàro, che con tua pena non osasse Febo entrar diretto a saettarti i lumi. Ergiti or tu alcun poco, e sì ti appoggia alli origlieri i quai lenti gradando all’omero ti fan molle sostegno. Poi coll’indice destro, lieve lieve sopra gli occhi scorrendo, indi dilegua quel che riman de la Cimmeria nebbia; e de’ labbri formando un picciol arco, dolce a vedersi, tacito sbadiglia. O, se te in sì gentile atto mirasse il duro capitan qualor tra l’armi, sgangherando le labbra, innalza un grido lacerator di ben costrutti orecchi, onde a le squadre varj moti impone; se te mirasse allor, certo vergogna avria di sé più che Minerva il giorno che, di flauto sonando, al fonte scorse il turpe aspetto de le guance enfiate. 105 110 115 120 Già i nobili servitori ( ) udirono ( ) lo squillo del campanello ( ) a loro vicino che da lontano la tua mano agitò con il propagarsi del movimento [di una funicella]; e accorsero, pronti a spalancare le imposte ( ) che proteggono dalla luce (opposti… a la luce), e pieni di attenzione ( ) si adoperarono in modo ( ) che il sole ( ) non osasse con tuo fastidio ( ) a ferirti ( ) direttamente gli occhi ( ). Ora tu sollèvati ( ) un pochino ( ) e appoggiati dunque ai cuscini ( ), i quali, disposti uno sull’altro a scalare ( ) ti porgono alle spalle ( ) un morbido ( ) sostegno. Poi con l’indice destro, passando ( ) leggero leggero ( ) sopra gli occhi, da lì ( ) allontana ( ) quel che resta del sonno ( ); e inarcando appena le labbra ( ), cosa gradevole ( ) a vedersi, sbadiglia silenziosamente ( ). O se ti vedesse mentre compi un atto così raffinato ( ) il duro capitano quando, in una situazione di guerra ( ), dilatando smodatamente la bocca ( ), lancia ( ) un grido che lacera le robuste ( ) orecchie, per mezzo del quale ( ) ordina alle squadre [dei soldati] vari movimenti ( ); se allora ti vedesse, certamente avrebbe vergogna di sé più di quella provata da Minerva il giorno che, suonando il flauto, vide riflesso nell’acqua ( ) il brutto ( ) aspetto delle sue guance gonfie ( ). 101-124 valetti gentili udìr metal schermi rigidi osservàro Febo pena a saettarti lumi Ergiti alcun poco alli origlieri lenti gradando all’omero molle scorrendo lieve lieve indi dilegua de la Cimmeria nebbia de’ labbri formando un piccol arco dolce tacito gentile tra l’armi sgangherando le labbra innalza ben costrutti onde moti fonte turpe enfiate Apollo, personificazione del Sole. con questo imperativo si dà inizio all’attività didattica vera e propria del precettore. si tratta di una perifrasi che indica il “sonno”. Secondo Omero, la popolazione dei Cimmeri abitava non lontano dall’Ade, in una regione quasi del tutto coperta dalla nebbia. Qui il poeta latino Ovidio vi colloca la dimora del sonno. l’espressione latineggiante ha una chiara valenza ironica. l’episodio, riportato da molti autori antichi (tra questi, i latini Ovidio e Properzio), vede protagonista la dea Minerva: derisa dalle altre divinità mentre suonava il flauto, specchiandosi in una fonte e vedendo le sue guance alterate dallo sforzo di soffiare, gettò via lo strumento musicale. 106 Febo: 108 Ergiti: 113 cimmeria nebbia: 115 dolce a vedersi: 122-124 Minerva… enfiate: Ma già il ben pettinato entrar di novo tuo damigello i’ veggo; egli a te chiede quale oggi più de le bevande usate sorbir ti piaccia in preziosa tazza: indiche merci son tazze e bevande; scegli qual più desii. S’oggi ti giova porger dolci allo stomaco fomenti, sì che con legge il natural calore v’arda temprato, e al digerir ti vaglia, scegli ’l brun cioccolatte, onde tributo ti dà il Guatimalese e il Caribbèo c’ha di barbare penne avvolto il crine: ma se nojosa ipocondrìa t’opprime, o troppo intorno a le vezzose membra adipe cresce, de’ tuoi labbri onora la nettarea bevanda ove abbronzato fuma, ed arde il legume a te d’Aleppo giunto, e da Moca che di mille navi popolata mai sempre insuperbisce. 125 130 135 140 Ma io vedo ( ) già entrare di nuovo il tuo servitore ( ) ben pettinato; egli ti chiede quale delle consuete ( ) bevande tu gradisca ( ) oggi sorbire nella tazza preziosa: tazze e bevande sono prodotti ( ) provenienti dall’Oriente ( ); scegli ciò che ( desideri di più. Se oggi ti piace ( ) offrire allo stomaco ristori caldi ( ), così che il calore naturale vi arda in modo regolato ( ), nella giusta misura ( ), e ti favorisca la digestione ( ), scegli la scura ( ) cioccolata, della quale ( ) ti fanno offerta ( ) l’abitante del Guatemala ( ) e quello dei Caraibi ( ), che hanno i capelli ( ) circondati ( ) di penne secondo il costume barbarico ( ): ma se uno stato di malinconia ( ) ti appesantisce ( ), o cresce troppo grasso ( ) intorno alle tue belle ( ) membra, onora della tua bocca la bevanda deliziosa ( ) nella quale, tostato ( ), scotta e fuma il chicco di caffè ( ) giunto a te da Aleppo e da Moka, che è sempre ( ) orgogliosa ( ), affollata di tantissime ( ) navi. 125-143 i’ veggo damigello usate ti piaccia merci indiche quel) ti giova dolci… fomenti temprato con legge al digerir ti vaglia ’l brun onde tributo ti dà il Guatimalese il Caribbèo il crine avvolto barbare ipocondrìa t’opprime adipe vezzose nettarea abbronzato legume mai sempre insuperbisce mille l’India sta ad indicare l’Oriente e, ancora più in generale, paesi lontani ed esotici. il cioccolato, introdotto in Europa nel Cinquecento, era particolarmente gradito presso l’aristocrazia settecentesca per le sue benefiche proprietà digestive. il Guatemala e le isole dei Caraibi erano (e sono tuttora) produttori di cacao. il caffè è equiparato al nettare degli dei. è uno . celebri centri esportatori di caffè, rispettivamente in Siria e nello Yemen. forma rafforzativa. 129 indiche: 134 ’l brun cioccolatte: 135 il Guatimalese e il Caribbèo: 140 nettarea bevanda: 141 fuma, ed arde: hysteron proteron 141-142 Aleppo… Moca: 143 mai sempre: