ANALIZZIAMO INSIEME / T5 / La vergine cuccia , , vv. 503-556 Il Giorno Il Mezzogiorno vergine cuccia Mezzogiorno Giorno, Endecasillabi sciolti. L’episodio della (qui riprodotto secondo il testo dell’edizione del del 1765) è uno dei più noti del e costituisce un esempio delle condizioni cui doveva sottostare la servitù nelle case dei nobili. Un servitore, la cui unica colpa consiste nell’aver reagito contro una cagnetta che l’ha morso, viene immediatamente licenziato, e la sua famiglia finisce in miseria. Lo sprezzo della sofferenza umana in nome di una malintesa sensibilità “animalista” mostra in maniera tragicomica le conseguenze della disuguaglianza tra individui di diverse classi sociali. Lo spunto per ricordare l’episodio è fornito alla dama dalla perorazione a favore degli animali da parte di un commensale vegetariano (riportata tra virgolette all’inizio del brano). METRO / Il servo e la cagnetta / Analisi PARAFRASI «Pera colui che prima osò la mano armata alzar su l’innocente agnella, e sul placido bue: né il truculento cor gli piegàro i teneri belati né i pietosi mugiti né le molli lingue lambenti tortuosamente la man che il loro fato, ahimè, stringea». 505 L’episodio inizia con la contro gli insensibili carnivori. (vv. 503-509) requisitoria del vegetariano «Possa morire ( ) colui che per primo ( ) osò alzare la mano armata contro l’agnellina innocente e il bue tranquillo: non gli impietosirono ( ) il cuore crudele ( ) i teneri belati né i penosi ( ) muggiti né le umide ( ) lingue che leccavano tutto intorno ( ) la mano che, purtroppo ( ), stringeva in pugno il loro destino ( )». 503-509 Pera prima piegàro il truculento cor pietosi molli lambenti tortuosamente ahimè fato Tal ei parla, o Signore; e sorge intanto al suo pietoso favellar dagli occhi de la tua Dama dolce lagrimetta pari a le stille tremule, brillanti che a la nova stagion gemendo vanno dai palmiti di Bacco entro commossi al tiepido spirar de le prim’aure fecondatrici. Or le sovviene il giorno, allor che la sua bella vergine cuccia de le Grazie alunna, giovenilmente vezzeggiando, : ed egli audace con sacrilego piè lanciolla: e quella tre volte rotolò; tre volte scosse gli scompigliati peli, e da le molli nari soffiò la polvere rodente. Indi i gemiti alzando: aita aita parea dicesse; e da le aurate volte a lei l’impietosita Eco rispose: 510 515 ahi fero giorno! 520 il piede villan del servo con l’eburneo dente segnò di lieve nota 525 L’enfatica, accorata esclamazione riassume l’intento ironico di Parini: secondo un tipico , una vicenda di poco conto diventa di enorme gravità. Il narratore adotta qui e, con una perifrasi eufemistica, indica il morso dato dal cane, nobilitando il suo dente con l’elegante aggettivo . (v. 518) procedimento eroicomico (vv. 520-522) il punto di vista della donna eburneo Così egli parla, o nobile signore; e durante questo compassionevole discorso ( ) dagli occhi della tua dama spunta una tenera lacrimuccia, paragonabile ( ) alle tremule, brillanti gocce di linfa ( ) che in primavera ( ) stillano ( ) dai tralci di vite ( ) vivificati al loro interno ( ) dal tiepido soffio delle prime brezze ( ) portatrici di fecondità. Ora le torna in mente il giorno, ahimè crudele ( ), in cui la sua bella giovane cagnetta ( ), allevata dalle Grazie, giocando come fanno i cuccioli ( ), con i suoi dentini d’avorio ( ) diede un leggero morso ( ) al rozzo ( ) piede del servo: e lui, temerario, con il piede sacrilego la allontanò da sé ( ); ed essa rotolò per tre volte; per tre volte agitò il pelo scompigliato, e dalle umide narici soffiò via la polvere irritante ( ). Quindi, elevando guaiti ( ), sembrava che dicesse: aiuto, aiuto; e dai soffitti dorati ( ) le rispose impietosita la ninfa Eco: 510-556 pietoso favellar pari stille a la nova stagion gemendo vanno palmiti di Bacco entro commossi prim’aure fero vergine cuccia giovenilmente vezzeggiando eburneo dente segnò di lieve nota villan lanciolla rodente i gemiti alzando aurate volte in senso attivo, “che suscitano pietà”. egli, il commensale vegetariano che ha appena parlato. la nobildonna cui il giovin signore fa da cavalier servente. la cagnetta è paragonata a un’allieva delle Grazie per la sua eleganza. ipallage (l’aggettivo è riferito a anziché a ) che determina «un valore satirico più accentuato: quasi il Parini dice che fu una gran degnazione, quella della cagnolina, d’imprimervi i suoi dentini d’avorio» (Ferretti). letteralmente, “marcò con un leggero segno”. ninfa abitatrice dei monti che si consumò inutilmente per amore di Narciso; di lei restò infine solo la voce. 507 pietosi: 510 ei: 512 de la tua Dama: 519 de le Grazie alunna: 520-521 il piede… del servo: villan piede servo 522 segnò di lieve nota: 529 Eco: