La modernità del Parini ecologista e moralizzatore In questo articolo, il critico Roberto Cicala (n. 1963) evidenzia alcuni aspetti della personalità letteraria di Giuseppe Parini. Analisi e produzione di un TESTO ARGOMENTATIVO «Al fetido limo / la mia cittàde espose, / e per lucro ebbe a vile / la salute civile» è l’accusa in poesia di Giuseppe Parini 250 anni fa contro gli amministratori di Milano che, lucrando sulle marcite di riso vicine alle mura, dove nell’acqua «bestemmia il fango», non si preoccupano della salubrità dell’aria. La protesta del poeta ecologista non è l’unica suggestione d’attualità dell’opera del grande «milanese di Bosisio», dove nasce nel 1729, figlio di un modesto mercante di stoffe. Sacerdote per necessità, si adatta a dare ripetizioni a palazzo Serbelloni ma riesce a entrare nell’accademia dell’Arcadia con l’originale pseudonimo Darisbo Elidonio. Nel clima neoclassico della capitale lombarda, mentre si costruisce l’Arco della pace e nasce Brera, di cui diviene sovrintendente scolastico, Parini celebra in versi la bellezza femminile pur ammettendo che «amor con l’età fervida / convien che si dilegua». Nelle situazioni di cuore Parini è in effetti meno efficace di quando fa il fustigatore di costumi: per esempio nell’ode , in cui condanna l’abitudine di evirare giovani cantori per mantenere cristallina la loro voce. Respira anche illuminismo e in del 1766 tratta la giustizia e l’equilibrio della pena per i condannati sposando la tesi di Beccaria in di due anni prima. Soffre però il fatto che la società non tenga nel giusto conto le parole dei poeti, come se «la letteratura sia inutile ornamento». Non rinuncia comunque alla necessità di educare quella classe dirigente osservata in casa Serbelloni e poi Imbonati, dove legge le novità francesi, dal di Voltaire, bestseller dell’epoca, all’ di Diderot e D’Alambert appena pubblicata. Sono letture stimolanti anche per altre odi sul progresso scientifico come , dedicata a Gianmaria Bicetti de’ Buttinoni, medico di Treviglio, famoso non tanto per i versi delle che Carducci amerà ricordare, quanto perché nella primavera del 1765 di fronte a una violenta epidemia di vaiuolo in Lombardia pensa di prevenire il contagio per mezzo dell’innesto: riceve la gratitudine dell’imperatrice Maria Teresa che lo gratifica di mille zecchini gigliati. Parini resta «un uomo a cui sanguina il cuore e che fa il viso allegro» come dirà De Sanctis, grazie alla capacità di contenere i sentimenti con un’ironia che mai scade come mai viene meno la sua moralità: «Non ricchezza né onore / con frode o con viltà / il secol venditore / mercar non mi vedrà». Resta irreprensibile tanto nei libri quanto in società: una sera al teatro regio (incendiato nel 1775 e ricostruito dal Piermarini allargandosi sul terreno del convento di Santa Maria della Scala, da cui il nome del nuovo teatro) sente urlare «Morte agli aristocratici» e lui risponde gridando «Morte a nessuno. Viva la libertà!». Roberto Cicala, , ©“la Repubblica”, 17 ottobre 2014 1 2 5 ante litteram 10 3 La musica 15 Il bisogno Dei delitti e delle pene 20 Candido Encyclopédie L’innesto del vaiuolo 25 Lagrime in morte d’un gatto 30 4 35 5 La modernità del Parini ecologista e moralizzatore sono versi della celebre ode di Parini . colture pratensi particolarmente diffuse nella Pianura padana. Accademia di belle arti fondata nel 1776. Francesco De Sanctis (1817-1883), massimo storico della letteratura italiana nell’Ottocento. Giuseppe Piermarini (1734-1808), celebre architetto. 1 al fetido… salute civile: La salubrità dell’aria 2 marcite: 3 Brera: 4 De Sanctis: 5 Piermarini: