Vittorio Alfieri – LA VITA | UNA GIOVINEZZA INQUIETA | Vittorio Alfieri nasce ad il 16 gennaio in una famiglia dell’alta aristocrazia piemontese. Dopo la morte del padre, avvenuta nello stesso anno della sua nascita, la madre, Monica Maillard de Tournon, una nobile savoiarda severa e autoritaria, già vedova due volte, contrae un terzo matrimonio. Il giovane Alfieri è affidato alle cure del “prete di casa” (ogni famiglia nobile aveva allora un ecclesiastico al proprio servizio), tanto bonario quanto ignorante, che lo lascia – come ricorderà lo scrittore nella sua autobiografia – « », contribuendo a creare in lui quell’immagine dell’infanzia come epoca di « ». Vivace, sensibile e cagionevole di salute, il bambino cresce alternando giochi spericolati a crisi di solitudine depressiva e alimentando un che lo accompagnerà per tutta la vita. Le cose non migliorano nemmeno quando lo zio, nel 1758, lo fa entrare nell’ , la scuola in cui i Savoia formano i propri quadri diplomatici e militari, e da cui Alfieri esce con la qualifica di portainsegna del reggimento; la disciplina militare, infatti, accresce il suo . Così, quando il re lo dispensa finalmente dal servizio, inizia una lunga serie di viaggi, approfittando delle notevoli risorse finanziarie di cui la sua famiglia dispone. Alfieri viaggia ininterrottamente per sei anni, : prima in Italia, sostando a Milano, Firenze, Roma, Napoli e Venezia; poi in Francia, Inghilterra, Olanda, Austria, Germania, Danimarca, Svezia, Spagna, Portogallo e Russia. Non si tratta di viaggi appaganti, come quelli che soddisfano la curiosità di tanti intellettuali illuministi, ma piuttosto di fughe dettate dall’ e da un inestirpabile di sé e degli altri. Sono anche anni di e di (in Inghilterra, per esempio, deve affrontare in duello il marito di una sua amante, Penelope Pitt), che lo spingono a fuggire di nazione in nazione. Alfieri disprezza Parigi, la Prussia di Federico II (che gli appare come una «universal caserma»), la Pietroburgo della zarina Caterina II; , il poeta più celebre del tempo (e di cui pure apprezza l’opera), colpevole ai suoi occhi di aver fatto la «genuflessioncella», cioè di essersi inginocchiato ai piedi dell’imperatrice. Non gli piacciono le città né, tanto meno, l’alta società, con le sue relazioni mondane e i suoi vuoti galatei. Il suo animo in perenne subbuglio si placa soltanto davanti ai paesaggi incontaminati, alle lande deserte e selvagge che si aprono a dismisura nei paesi nordici. In questa natura libera e indomabile Alfieri vede lo specchio del suo io, anticipando quel gusto per gli spettacoli sublimi che sarà proprio dei Romantici, di cui egli è per molti versi un precursore. Asti 1749 asino tra gli asini e sotto un asino stupida vegetazione umore malinconico Accademia Reale di Torino spirito di ribellione a gerarchie, ordini e imposizioni dal 1767 al 1772 incapacità di rimanere fermo senso di scontentezza passioni travolgenti amori conflittuali a Vienna si rifiuta di incontrare Pietro Metastasio | L’AMORE PER LA LIBERTÀ E PER LA LETTERATURA | Quando Alfieri torna a Torino, nel 1772, la prospettiva di condurre una vita del tutto simile a quella del «giovin signore» descritto da Parini nel lo disgusta tremendamente; l’ lo porta inoltre a rifiutare incarichi politici e amministrativi, spingendolo sempre più a rifugiarsi in sé stesso. Il suo disprezzo per il denaro e per la ricchezza – in contrasto con la vita lussuosa che conduce – lo avvicina finalmente alla letteratura, a cui egli si aggrappa anche per scacciare i propri fantasmi interiori: il è l’anno della sua “ ”. Giorno insofferenza per il potere e l’autorità 1775 conversione letteraria