Or ecco, ch’io già mi sento dintorno gridare: «Ma, essendo queste tirannidi moderate e soffribili, perché con tanto calore ed astio svelarle e perseguirle?». Perché non sempre le più crudeli ingiurie son quelle che offendono più crudelmente; perché si debbono misurare i mali dalla loro grandezza e dai loro effetti, più che dalla lor forza; perché, in somma, colui che ti cava ogni giorno poche oncie di sangue ti uccide a lungo andare ugualmente che colui che ad un tratto ti svena, ma ti fa stentare assai più. Tutte le facoltà dell’animo nostro intorpidite; tutti i diritti dell’uomo menomati o ritolti; tutte le magnanime volontà impedite o deviate dal vero; e mille e mille altre simili continue offese, che troppo lungo e pomposo declamatore parrei, se qui ad una ad una annoverarle volessi; ove la vita vera dell’uomo consista nell’anima e nell’intelletto, il vivere in tal modo tremando, non è egli un continuo morire? E che rileva all’uomo, che nato si sente al pensare e all’operare altamente, di conservare tremante la vita del corpo, gli averi, e l’altre sue cose (e queste né anco sicure) per poi perdere, senza speranza di riacquistarli giammai, tutti, assolutamente tutti, i più nobili e veri pregi dell’anima? 65 23 70 24 25 75 unità di misura qui utilizzata in senso figurato per indicare una piccola quantità. diminuiti o sottratti. importa. 23 oncie: 24 menomati o ritolti: 25 rileva: DENTRO IL TESTO I contenuti tematici La riflessione politica di Alfieri è quanto : egli aborre il dispotismo con tutto sé stesso, ma ; non ragiona sulle possibili vie che la politica potrebbe perseguire per costruire un sistema di governo nuovo né, tanto meno, è animato da uno spirito di riforma che possa correggere e migliorare lo stato presente delle cose. Una visione aristocratica e utopica radicale utopica non approda alla proposta di un sistema politico alternativo Alfieri è infuocato da un’ , vagheggiata però in termini piuttosto astratti. Per abbattere la tirannide non si può fare affidamento sull’ (r. 3), cioè sul popolo, sulla moltitudine, sempre dipinta come cieca, sorda e destinata a subire in eterno l’oppressione del potere; la speranza è semmai riposta nelle mani di pochi individui dotati di un (r. 15), capaci di eliminare fisicamente il tiranno. Ma si tratta di una : un nuovo tiranno, reso ancor più crudele dalla paura di perdere il potere e la vita, sostituirebbe il primo. La vera soluzione sta allora nell’ che, divenendo irragionevoli e sfrenati nel loro esercizio del potere, possono portare il popolo all’esasperazione e alla rivolta. Per argomentare questi passaggi del suo pensiero, Alfieri presenta delle : solo un (r. 34) che si facesse ministro di un tiranno potrebbe spingere costui all’eccesso; ma una tale figura di (r. 48) non esiste, perché (rr. 49-50); d’altra parte, un (r. 53) non spingerebbe il tiranno alla rovina, sapendo che la fine del despota sarebbe anche la sua. Questi paradossi sono funzionali al rigore dell’argomentazione, e mostrano come i punti di riferimento dell’analisi politica alfieriana siano il razionalismo classico e la spregiudicatezza di , mentre la sua sfiducia verso il popolo è indice di un pessimismo che ha le proprie radici culturali nel . Il risultato di questa concezione è l’individuazione della più grande minaccia nel dispotismo illuminato e nella tirannide moderata, ossia in quei governi, allora diffusi in Europa, che mascherano e attenuano le forme esteriori dell’autorità, assicurandosi, proprio in virtù di questa mancanza di gesti estremi, una lunga durata. Un pensiero paradossale? idea distruttiva universale animo feroce e libero soluzione illusoria azione degli stessi tiranni situazioni ipotetiche e paradossali buon cittadino uomo buono si troverebbe costretto a farsi prima egli stesso scellerato ed infame ministro scellerato davvero Machiavelli pensiero reazionario