Nicola Gardini Il protagonista del racconto è un irrequieto aristocratico […] che, senza mai smettere di girovagare, a un certo punto comincia a mettere radici nella dei classici. La scoperta della vocazione letteraria non è precoce; né lo è l’effettivo esercizio del comporre. Alfieri non si presenta certo come un o un predestinato all’arte della poesia. Anzi, non la smette di fustigare la sua ignoranza giovanile pure della lingua italiana – l’ammirato toscano – e, anche quando la sua attività di scrittore si è pienamente sviluppata, continua a considerare prioritaria per lui l’istruzione rispetto all’esercizio creativo («dovendo lasciare, o le mie cose, o lo studio, senza dubbio lascio le mie», IV, xxvii). La , in sostanza, mette in scena la formazione letteraria di un grande europeo: uno che ha contrastato l’inevitabile provincialismo delle sue origini italiane e l’autodistruzione cui lo portava la sua indole sfrenata con un caparbio, sempre più efficiente studio della lingua e della letteratura. Facilmente di questo bel libro si sono messi e ancora si potrebbero mettere in evidenza la rappresentazione psicofisica dell’uomo: la sua irruenza, il suo fastidio dell’ipocrisia e del servilismo, la sua isterica passionalità, il suo orgoglio, il suo narcisismo, la sua passione per i cavalli, le sue sofferenze amorose, le sue malattie; insomma, tutti quei tratti e vezzi da «eroe romantico» che Alfieri stesso ha grande interesse ad attribuirsi. Io, mettendo da parte il romanzo psicologico e sentimentale, che pure ancora appassiona e convince, vorrei insistere sull’aspetto «educativo» della : cioè sull’immagine dell’uomo che impara; l’autodidatta, che, mosso unicamente da un suo fuoco, si costringe a leggere; il fiero anticonformista che, quando, a Parigi, gli si offre l’occasione di incontrare Rousseau, sceglie di ritirarsi nella biblioteca dei suoi adorati autori italiani, preferendo il confronto con la tradizione al commercio con i contemporanei. […] Il personaggio di questa autobiografia è una vivente protesta contro l’Italia del suo tempo. Il suo amore dei classici, dell’italiano (puntualmente contrapposto al francese), della libertà politica e creativa che altro è se non la difesa di un sistema civile superiore, che si attua in lui prima che in altri e in lui prende la forma di una smaniosa, superba militanza? […] Questo – lo sdegno – è il senso imperituro del libro, non l’autocelebrazione, non la registrazione di qualche episodio singolare, cose che stanno tra i motivi contingenti della scrittura e non possono procurare che un piacere minore. La , dopo oltre due secoli dalla sua pubblicazione, ci offre il confortante modello di una persona che critica, uno che non si allinea e di fronte allo schifo non tace e, per quanto solo nella società degli altri uomini, non si perde d’animo, perché sa di avere potenti alleati nella lingua e nei libri. lettura enfant prodige Vita Vita Vita (Nicola Gardini, , Einaudi, Torino 2011) Per una biblioteca indispensabile Edgar Degas, , 1874. Collezione privata. Malinconia PER SCRIVERNE Le due interpretazioni della di Alfieri proposte da Giartosio e Gardini, per quanto diverse, non sono affatto incompatibili, anzi possono proficuamente integrarsi a vicenda. In che modo in quest’opera si intrecciano il motivo della “malinconia” e quello dello “sdegno”? In quale reciproca relazione si pongono? Rispondi facendo riferimento ai brani da te letti. Vita