Ma, per meglio dar conto ad altrui ed a me stesso di quelle qualità primitive che la natura mi avea improntate nell’animo, fra molte sciocche istoriette accadutemi in quella prima età, ne allegherò due o tre di cui mi ricordo benissimo, e che ritrarranno al vivo il mio carattere. Di quanti gastighi mi si potessero dare, quello che smisuratamente mi addolorava, ed a segno di farmi ammalare, e che perciò non mi fu dato che due volte sole, egli era di mandarmi alla Messa colla reticella da notte in capo, assetto che nasconde quasi interamente i capelli. La prima volta ch’io ci fui condannato (né mi ricordo più del perché) venni dunque strascinato per mano dal maestro alla vicinissima chiesa del Carmine; chiesa abbandonata, dove non si trovavano mai quaranta persone radunate nella sua vastità; tuttavia sì fattamente mi afflisse codesto gastigo, che per più di tre mesi poi rimasi irreprensibile. Tra le ragioni ch’io sono andato cercando in appresso entro di me medesimo, per ben conoscere il fonte di un simile effetto, due principalmente ne trovai, che mi diedero intiera soluzione del dubbio. L’una si era, che io mi credeva gli occhi di tutti doversi necessariamente affissare su quella mia reticella, e ch’io dovea essere molto sconcio e diforme in codesto assetto, e che tutti mi terrebbero per un vero malfattore vedendomi punito così orribilmente. L’altra ragione si era, ch’io temeva di esser visto così dagli amati novizj; e questo mi passava veramente il cuore. Or mira, o lettore, in me omiccino il ritratto e tuo e di quanti anche uomoni sono stati o saranno; che tutti siam pur sempre, a ben prendere, bambini perpetui. Ma l’effetto straordinario in me cagionato da quel gastigo, avea riempito di gioja i miei parenti e il maestro; onde ad ogni ombra di mancamento, minacciatami la reticella abborrita, io rientrava immediatamente nel dovere, tremando. Pure, essendo poi ricaduto al fine in un qualche fallo insolito, per iscusa del quale mi occorse di articolare una solennissima bugia alla Signora Madre, mi fu di bel nuovo sentenziata la reticella; e di più, che in vece della deserta chiesa del Carmine, verrei condotto così a quella di S. Martino, distante da casa, posta nel bel centro della città, e frequentatissima su l’ora del mezzo giorno da tutti gli oziosi del bel mondo. Oimè, qual dolore fu il mio! pregai, piansi, mi disperai; tutto invano. Quella notte, ch’io mi credei dover essere l’ultima della mia vita, non che chiudessi mai occhio, non mi ricordo mai poi di averne in nessun altro mio dolore passata una peggio. Venne alfin l’ora; inreticellato, piangente, ed urlante mi avviai stiracchiato dal maestro pel braccio, e spinto innanzi dal servitore per di dietro; e in tal modo traversai due o tre strade, dove non era gente nessuna; ma tosto che si entrò nelle vie abitate, che si avvicinavano alla piazza e chiesa di S. Martino, io immediatamente cessai dal piangere e dal gridare, cessai dal farmi strascinare; e camminando anzi tacito, e di buon passo, e ben rasente al prete Ivaldi, sperai di passare inosservato nascondendomi quasi sotto il gomito del talare maestro, al di cui fianco appena la mia staturina giungeva. Arrivai nella piena chiesa, guidato per mano come orbo ch’io era; che in fatti chiusi gli occhi all’ingresso, non gli apersi più finché non fui inginocchiato al mio luogo di udir la messa; né, aprendoli poi, li alzai mai a segno di potervi distinguere nessuno. E rifattomi orbo all’uscire, tornai a casa con la morte in cuore, credendomi disonorato per sempre. Non volli in quel giorno mangiare, né parlare, né studiare, né piangere. E fu tale in somma e tanto il dolore, e la tensione d’animo, che mi ammalai per più giorni; né mai più si nominò pure in casa il supplizio della reticella, tanto era lo spavento che cagionò alla amorosissima madre la disperazione ch’io ne mostrai. Ed io parimenti per assai gran tempo non dissi piú bugia nessuna; e chi sa s’io non devo poi a quella benedetta reticella l’essere riuscito in appresso un degli uomini i meno bugiardi ch’io conoscessi. 60 32 33 65 34 35 70 36 37 38 75 39 40 41 80 42 85 43 44 45 90 46 47 95 48 100 105 riferirò. al punto di. poco frequentata. così tanto mi addolorò. mantenni un comportamento impeccabile. l’origine. ripugnante e deforme. che tutti mi avrebbero considerato un vero mascalzone. mi feriva profondamente. a ben vedere. riprendevo subito a comportarmi in modo corretto e impeccabile. mi fu di nuovo inflitta la pena di indossare la reticella. sarei stato. Anche in seguito il condizionale presente è usato in luogo del condizionale passato, com’era d’uso nell’italiano antico. il ascendente sottolinea la passionalità di Alfieri. il neologismo assume qui un valore tragicomico. trascinato controvoglia. l’aggettivo indica letteralmente chi indossa gli abiti religiosi, ma serve qui semplicemente a ricordare che l’educatore di Alfieri era un sacerdote. 32 allegherò: 33 a segno di: 34 abbandonata: 35 sì… mi afflisse: 36 rimasi irreprensibile: 37 il fonte: 38 sconcio e diforme: 39 che tutti… malfattore: 40 mi passava veramente il cuore: 41 a ben prendere: 42 rientrava… dovere: 43 mi fu… reticella: 44 verrei: 45 pregai, piansi, mi disperai: climax 46 inreticellato: 47 stiracchiato: 48 talare: