E qui, a guisa di storietta, inserirò pure la mia prima Confessione spirituale, fatta tra i sette ed otto anni. Il maestro mi vi andò preparando, suggerendomi egli stesso i diversi peccati ch’io poteva aver commessi, dei più de’ quali io ignorava persino i nomi. Fatto questo preventivo esame in comune col don Ivaldi, si fissò il giorno in cui porterei il mio fastelletto ai piedi del Padre Angelo, carmelitano, il quale era anche il confessore di mia madre. Andai: né so quel che me gli dicessi, tanta era la mia natural ripugnanza e il dolore di dover rivelare i miei segreti fatti e pensieri ad una persona ch’io appena conosceva. Credo, che il frate facesse egli stesso la mia confessione per me; fatto si è che assolutomi m’ingiungeva di prosternarmi alla madre prima di entrare in tavola, e di domandarle in tal atto pubblicamente perdono di tutte le mie mancanze passate. Questa penitenza mi riusciva assai dura da ingojare; non già, perché io avessi ribrezzo nessuno di domandar perdono alla madre; ma quella prosternazione in terra, e la presenza di chiunque vi potrebbe essere, mi davano un supplizio insoffribile. Tornato dunque a casa, salito a ora di pranzo, portato in tavola, e andati tutti in sala, mi parve di vedere che gli occhi di tutti si fissassero sopra di me; onde io chinando i miei me ne stavo dubbioso e confuso ed immobile, senza accostarmi alla tavola, dove ognuno andava pigliando il suo luogo; ma non mi figurava per tutto ciò, che alcuno sapesse i segreti penitenziali della mia confessione. Fattomi poi un poco di coraggio, m’inoltro per sedermi a tavola; ed ecco la madre con occhio arcigno guardandomi, mi domanda se io mi ci posso veramente sedere; se io ho fatto quel ch’era mio dovere di fare; e se in somma io non ho nulla da rimproverare a me stesso. Ciascuno di questi quesiti mi era una pugnalata nel cuore; rispondeva certamente per me l’addolorato mio viso; ma il labbro non poteva proferir parola; né ci fu mezzo mai, che io volessi non che eseguire, ma né articolare né accennar pure la ingiuntami penitenza. E parimente la madre non la voleva accennare, per non tradire il traditor confessore. Onde la cosa finì, che ella perdé per quel giorno la prosternazione da farglisi, ed io ci perdei il pranzo, e fors’anco l’assoluzione datami a sì duro patto dal Padre Angelo. Non ebbi con tutto ciò per allora la sagacità di penetrare che il Padre Angelo aveva concertato con mia madre la penitenza da ingiungermi. Ma il core servendomi in ciò meglio assai dell’ingegno, contrassi d’allora in poi un odietto bastantemente profondo pel suddetto frate, e non molta propensione in appresso per quel sagramento ancorché nelle seguenti confessioni non mi si ingiungesse poi mai più nessuna pena pubblica. 140 54 145 55 56 150 155 57 58 160 59 165 60 61 170 fascio, peso. dopo avermi dato l’assoluzione. inginocchiarmi. posto. immaginavo. non solo eseguire, ma neppure nominare la penitenza che mi era stata imposta. l’astuzia di comprendere. concordato. 54 fastelletto: 55 assolutomi: 56 prosternarmi: 57 luogo: 58 figurava: 59 non che eseguire… penitenza: 60 la sagacità di penetrare: 61 concertato: DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Già da questi primi passi – in cui Alfieri, alla ricerca dei ricordi della sua infanzia, rievoca piccoli aneddoti e l’eco di alcune atmosfere e sensazioni – le intenzioni dello scrittore risultano chiarissime: ; ripercorrere il filo del tempo a caccia dei ; rendere la propria , così che il lettore possa dedurre dall’analisi dei suoi ricordi le dinamiche generali che governano i caratteri più diversi. Le intenzioni dello scrittore interpretare sé stesso con sguardo distaccato e ironico segnali che preannunciano la sua futura indole di uomo adulto biografia specchio dell’animo umano in genere