Erasi frattanto rotta la guerra coll’imperatore, che poi divenne generale e funesta. Venuto il giugno, in cui si tentò già di abbattere intieramente il nome del Re, che altro più non rimaneva; la congiura di quel giorno 20 giugno essendo andata fallita, le cose strascinarono ancora malamente sino al famoso dieci d’agosto, in cui la cosa scoppiò come ognuno sa. Accaduto quest’avvenimento, io non indugiai più neppure un giorno, e il mio primo ed unico pensiero essendo di togliere da ogni pericolo la mia donna, già dal dì 12 feci in fretta in fretta tutti i preparativi per la nostra partenza. Rimaneva la somma difficoltà dell’ottenere passaporti per uscir di Parigi, e del regno. Tanto c’industriammo in quei due o tre giorni, che il dì 15, o 16, già gli avevamo ottenuti come forestieri, prima dai Ministri di Venezia io, e di Danimarca la Signora, che erano quasi che i soli Ministri esteri rimasti presso quel simulacro di Re. Poi con molto più stento si ottenne dalla sezione nostra comunitativa detta degli altri passaporti, uno per ciascheduno individuo, sì per noi due, che ogni servitore, e cameriera, con la pittura di ciascuno, di statura, pelo, età, sesso, e che so io. Muniti così di tutte queste schiavesche patenti, avevamo fissato la partenza nostra pel lunedì 20 agosto; ma un giusto presentimento, trovandoci allestiti, mi fece anticipare, e si partì il dì 18, sabato, nel dopo pranzo. Appena giunti alla , che era la nostra uscita la più prossima per pigliar la via di San Dionigi per , dove ci avviavamo per uscire al più presto di quell’infelice paese; vi ritrovammo tre o quattro soli soldati di guardie nazionali, con un uffiziale, che visti i nostri passaporti, si disponeva ad aprirci il cancello di quell’immensa prigione, e lasciarci ire a buon viaggio. Ma v’era accanto alla Barriera una bettolaccia, di dove sbucarono fuori ad un tratto una trentina forse di manigoldi della plebe, scamisciati, ubriachi, e furiosi. Costoro, viste due carrozze che tante n’avevamo, molto cariche di bauli, e imperiali, ed una comitiva di due donne di servizio, e tre uomini, gridarono che tutti i ricchi se ne voleano fuggir di Parigi, e portar via tutti i loro tesori, e lasciarli essi nella miseria e nei guai. Quindi ad altercare quelle poche e tristi guardie con quei molti e tristi birbi, esse per farci uscire, questi per ritenerci. Ed io balzai di carrozza fra quelle turbe, munito di tutti quei sette passaporti, ad altercare, e gridare, e schiamazzar più di loro; mezzo col quale sempre si vien a capo dei Francesi. Ad uno ad uno si leggevano, e facevano leggere da chi di quelli legger sapeva, le descrizioni delle nostre rispettive figure. Io pieno di stizza e furore, non conoscendo in quel punto, o per passione sprezzando l’immenso pericolo, che ci soprastava, fino a tre volte ripresi in mano il mio passaporto, e replicai ad alta voce: «Vedete, sentite; Alfieri è il mio nome; Italiano e non Francese; grande, magro, sbiancato; capelli rossi, son io quello, guardatemi; ho il passaporto; l’abbiamo avuto in regola da chi lo può dare; e vogliamo passare, e passeremo per Dio». Durò più di mezz’ora questa piazzata, mostrai buon contegno, e quello ci salvò. Si era frattanto ammassata più gente intorno alle due carrozze, e molti gridavano: «Diamogli il fuoco a codesti legni». Altri: «Pigliamoli a sassate». Altri: «Questi fuggono; son dei nobili e ricchi, portiamoli indietro al Palazzo della Città, che se ne faccia giustizia». Ma insomma il debole ajuto delle quattro guardie nazionali, che tanto qualcosa diceano per noi, ed il mio molto schiamazzare, e con voce di banditore replicare e mostrare i passaporti, e più di tutto la mezz’ora e più di tempo, in cui quei scimiotigri si stancarono di contrastare, rallentò l’insistenza loro; e le guardie accennatomi di salire in carrozza, dove avea lasciato la Signora, si può credere in quale stato, io rientratovi, rimontati i postiglioni a cavallo si aprì il cancello, e di corsa si uscì, accompagnati da fischiate, insulti e maledizioni di codesta genia. E buon per noi che non prevalse di essere ricondotti al Palazzo di Città, che arrivando così due carrozze in pompa stracariche, con la taccia di fuggitivi, in mezzo a quella plebaccia si rischiava molto; e saliti poi innanzi ai birbi della Municipalità, si era certi di non poter più partire, d’andare anzi prigioni, dove se ci trovavano nelle carceri il dì 2 settembre, cioè quindici giorni dopo, ci era fatta la festa insieme con tanti altri galantuomini che crudelmente vi furono trucidati. Sfuggiti di un tale inferno, in due giorni e mezzo arrivammo a , mostrando forse quaranta e più volte i nostri passaporti; ed abbiamo saputo poi che noi eramo stati i primi forestieri usciti di Parigi, e del regno dopo la catastrofe del 10 agosto. 15 16 17 18 35 40 19 20 21 du Montblanc 45 22 23 24 25 Barrière Blanche 50 Calais 26 27 28 29 55 30 31 32 60 33 34 35 65 70 36 75 37 38 39 80 40 41 42 85 43 Calais era intanto cominciata la guerra con l’imperatore (il 20 aprile 1792 la Francia aveva dichiarato guerra all’imperatore Francesco II d’Austria). il re di Francia Luigi XVI non era stato ancora ghigliottinato, ma era stato esautorato di tutti i poteri; i rivoluzionari volevano deporlo e istituire la repubblica. il 20 giugno 1792 i girondini (esponenti di uno dei gruppi politici radicali formatisi nel corso della Rivoluzione) invasero la reggia delle Tuileries. in questa data avvenne l’insurrezione popolare che portò all’arresto del re. ci adoperammo. in quanto re ormai solo di nome, non di fatto (il termine indica qui la “parvenza”, la “rappresentazione esteriore”). la sezione del comune parigino in possesso dei loro documenti. descrizione della fisionomia. capelli. i certificati ( ) sono “schiaveschi” perché esprimono la condizione di schiavitù dei cittadini, nelle mani della burocrazia. pronti per la partenza. porto della Francia settentrionale. così è designata Parigi in quanto le uscite dalla città sono tutte presidiate e bloccate. andare in pace. bettola, taverna dove si può anche alloggiare per la notte. sono le parti situate sopra il tetto delle carrozze, costruite in modo da potervi sistemare i bagagli. (cominciarono) a litigare. malvagi furfanti. trattenerci. gruppi di persone agitate. non valutando in quel momento. l’Hôtel de Ville, sede del municipio parigino. espressione originale per sottolineare la bestialità dei rapitori. creare impedimenti. conducenti. non prevalse la volontà di coloro che volevano riportarci indietro. il sospetto, l’accusa. prigionieri. ci avrebbero fatto la festa (cioè ci avrebbero uccisi). 15 Erasi frattanto… coll’imperatore: 16 abbattere… Re: 17 20 giugno: 18 dieci d’agosto: 19 c’industriammo: 20 simulacro di Re: simulacro 21 sezione nostra comunitativa: 22 pittura: 23 pelo: 24 schiavesche patenti: patenti 25 allestiti: 26 : Calais 27 immensa prigione: 28 ire a buon viaggio: 29 bettolaccia: 30 imperiali: 31 ad altercare: 32 tristi birbi: 33 ritenerci: 34 turbe: 35 non conoscendo in quel punto: 36 Palazzo della Città: 37 scimiotigri: 38 contrastare: 39 postiglioni: 40 non prevalse di essere ricondotti: 41 la taccia: 42 prigioni: 43 ci era fatta la festa: