[…] Nel corso dell’Ottocento ad Alfieri dedicarono studi alcune delle figure più significative del tempo: da Vincenzo Gioberti a Mazzini (autore […] di una delle letture più acute di Alfieri), da Giosuè Carducci a Francesco De Sanctis. Nel Novecento dell’Alfieri politico scrissero Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Piero Gobetti oltre a uno stuolo di critici letterari di professione: Natalino Sapegno, Luigi Russo, Giacomo Debenedetti e vari altri. I giudizi sono sorprendentemente diversi: per alcuni Alfieri è un rivoluzionario e un patriota, per altri è un reazionario che non riesce a staccarsi dalla sua origine aristocratica; per molti le sue idee sono riconducibili a una concezione liberale costituzionale, per altri saremmo invece di fronte a un pensatore anarchico ovvero all’esponente – lo sostenne Gobetti – di un liberalismo attivistico e rivoluzionario; se in tanti ne celebrano il patriottismo, qualcuno lo considera addirittura – con il Misogallo – un anticipatore del nazionalismo intollerante e aggressivo che si ritroverà poi nel fascismo. Spesso in questi giudizi Alfieri diventava soprattutto lo specchio in cui ciascun interprete vedeva riflesse le proprie idee politiche. Molti, pur apprezzando in Alfieri la passione per la libertà, hanno rilevato come ne avesse un’idea astratta e indeterminata, come guardasse a modelli greci e romani e disprezzasse invece il mondo a lui contemporaneo. I suoi eroi, osservò Francesco De Sanctis, erano personificazioni di concetti più che di persone. Una critica analoga la aveva già espressa, tra gli altri, Mazzini, che pure definiva «nobile, generosa, sublime» l’intenzione di Alfieri di alimentare con le sue tragedie l’odio verso la tirannide. Rilette oggi, queste critiche inducono in fondo a chiedersi se la sua eredità non stia anche in qualcosa d’altro. Se cioè non derivino anche da Alfieri, da quello straordinario successo un tempo avuto dalle sue opere, alcune caratteristiche dell’antropologia politica italiana: certa inclinazione alle posizioni magniloquenti e astratte, certi eroismi meramente verbali, certe pose teatrali, che spesso hanno caratterizzato la vita politica e il discorso pubblico del nostro Paese. Giovanni Belardelli, , “Corriere della Sera”, 12 aprile 2018 15 20 25 30 35 Uno, dieci, cento, mille Alfieri COMPRENSIONE E ANALISI Quali elementi dimostrano il successo riscosso da Alfieri alla fine del Settecento? Quale immagine di Alfieri diede Ugo Foscolo? e Leopardi? Per quale ragione Alfieri divenne un antesignano del Risorgimento? Belardelli scrive che Alfieri è stato uno (rr. 26-27). Spiega questa affermazione sulla base delle interpretazioni citate nell’articolo. In che cosa consiste l’“astrattezza” che alcuni importanti lettori imputano ad Alfieri? In quale punto dell’articolo l’autore esprime il proprio punto di vista? Ti sembra che la figura di Alfieri ne esca positivamente? Motiva la tua risposta. 1 2 3 4 specchio in cui ciascun interprete vedeva riflesse le proprie idee politiche 5 6 PRODUZIONE L’articolo di Belardelli individua nell’opera e nell’atteggiamento di Alfieri alcuni tratti tipici dell’antropologia politica italiana. Facendo riferimento ai testi alfieriani che hai letto, condividi questa tesi? In generale, ritieni che sia possibile definire alcune costanti non solo della politica, ma più ampiamente dell’identità e del costume degli italiani? Rispondi e argomenta sulla base delle tue conoscenze e delle tue personali riflessioni ed esperienze.