La concentrazione del lavoro in fabbrica, l introduzione delle macchine e l uso di fonti di energia inanimata (a partire dal carbone e dal vapore) che sostituiscono il lavoro di uomini e animali determinano uno straordinario aumento della produzione, che si somma ai progressi dell agricoltura già verificatisi nel Settecento. La maggiore disponibilità di merci e l industrializzazione comportano tuttavia un netto peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro di grandi masse di uomini e donne, costrette a trasferirsi dalle campagne alle città a causa della disoccupazione generata dall aumento della produttività agricola, che provoca un eccedenza di forza lavoro nei campi. Nei sobborghi urbani dove si insediano le fabbriche, gli operai, già duramente sfruttati nei luoghi di lavoro, vivono in condizioni igieniche precarie e in situazioni di sovraffollamento che facilitano la diffusione di malattie e alzano rapidamente l indice di mortalità, soprattutto infantile. La coscienza di tale drammatica situazione si fa strada già durante l età della Restaurazione. Alla lotta per le libertà politiche si affianca infatti un nuovo interesse per la questione sociale, cioè l insieme dei problemi che riguardano le masse contadine e operaie. Il riflesso e, in alcuni casi, la denuncia delle ingiustizie e delle disuguaglianze si trovano nei più importanti romanzieri del tempo (si pensi solo alle descrizioni del lavoro minorile offerte dallo scrittore inglese Charles Dickens), ma sono anche la base del pensiero e dell azione dei cosiddetti socialisti utopisti tra gli altri, Henri de Saint-Simon (1760-1825), Charles Fourier (1772-1837) e Robert Owen (1771-1858) , che furono autori di esperimenti sociali e produttivi alternativi a quelli del primo capitalismo. Intorno alla metà del secolo, andando oltre la loro riflessione, Karl Marx (1818-1883) elaborerà una critica dell economia capitalistica che avrà enormi conseguenze culturali e fornirà una base teorica e politica allo sviluppo del movimento operaio. Guardando soprattutto ai successi della nuova civiltà industriale, comunque, alcuni pensatori se ne fanno interpreti, predicendo uno sviluppo continuo e progressivo della società, che immaginano organizzata in modo ordinato e razionale secondo princìpi scientifici. Questa corrente di pensiero va sotto il nome di Positivismo, in omaggio all idea che solo ciò che è fondato (cioè posto , positum, in latino) sui fatti possa essere veramente conosciuto, e che solo ciò che è utile alla società debba essere oggetto della scienza. Ne parleremo ampiamente trattando della cultura del secondo Ottocento. Charles Fourier e la città-lavoro ideale Il filosofo francese Fran ois-Marie-Charles Fourier (1772-1837), partendo dai concetti chiave dell Illuminismo e constatando il fallimento del capitalismo nel fornire al lavoratore un vero benessere, arrivò a teorizzare una società i cui membri cooperassero realmente e le comunità, denominate falangi, vivessero in grossi complessi abitativi chiamati falansteri. Una falange doveva essere costituita da 1800 persone che a rotazione si occupavano di diversi lavori, per sfuggire all alienazione, con un sistema di convivenza utopistica tra la classe operaia e illuminati industriali. Nei fatti, nessun falansterio fu effettivamente realizzato, ma gli studi di Fourier e del cosiddetto radicalismo utopico influenzarono profondamente l urbanistica ottocentesca e poi novecentesca, offrendo risposte a come gestire il selvaggio flusso di inurbamento successivo alla Rivoluzione industriale. Un falansterio, illustrazione del Leipzig Illustrierte Zeitung , 27 marzo 1847. Londra, Mary Evans Picture Library. L EPOCA E LE IDEE / 385
L’industrializzazione e l’emergere della questione sociale