Foscolo CON LE PAROLE DI... Enrico Palandri «L’eroismo della solitudine» Boccalone. Storia vera piena di bugie, Ultime lettere di Jacopo Ortis... ENRICO PALANDRI ha in comune con UGO FOSCOLO alcuni tratti biografici: anche lui è molto legato a Venezia, dove è nato e dove da alcuni anni è tornato a vivere, e anche lui a un certo punto ha lasciato la madrepatria per trasferirsi a Londra. Lo ha fatto dopo la pubblicazione del suo romanzo d’esordio, l’opera che le storie letterarie considerano l’apripista della nuova narrativa italiana degli ultimi due decenni del Novecento. Il libro uscì nel 1979, quando Palandri aveva ventitré anni: più o meno la stessa età a cui Foscolo pubblicò le Alle scuole medie. Mi ha fatto da subito grande impressione il suo tono eroico, il cosiddetto “gran rifiuto”, per cui dopo la caduta di Napoleone se ne va a Londra per non lavorare con gli austriaci. Leggerlo era entusiasmante, soprattutto a dodici o tredici anni. È con Foscolo che ho iniziato a pensare alla letteratura come a qualcosa di eroico, per cui si possono affrontare povertà, sconfitte politiche, solitudine. Non retrocedere dalle proprie convinzioni per una convenienza di qualunque tipo è stato il primo stimolo a guardare in alto e a pensare che per le idee vale la pena pagare un prezzo (anche se oggi direi piuttosto che spesso si paga un prezzo semplicemente per ciò che si è). Nell’adolescenza Foscolo è stato per me un modello, tanto che sono andato a Londra anch’io, come lui, alla fine degli anni Settanta. Per dirla con una formula: l’eroismo della solitudine. In tanto eroismo c’è anche un po’ di vanità, certo. Giuseppe Mazzini lo accusa di stropicciarsi con i nobili. Foscolo si comporta male con la figlia, di cui sperpera i soldi, e finisce in modo piuttosto triste, povero, a dover insegnare sotto falso nome nelle scuole di Londra. Quando lo seppelliscono, finisce in una specie di fossa comune a Chiswick. Tante di queste cose sono vere, ma se uno vede la casetta minuscola dove si stabilisce con la madre e i fratelli quando arriva a Venezia orfano di padre, a Castello, un sestriere allora molto povero, e poi vede l’ambiente a cui viene introdotto dalla nobile e ricca amica, protettrice, amante Isabella Teotochi Albrizzi, si capisce che è un po’ troppo facile fare prediche sui soldi degli altri e sulla loro presunta venalità. Foscolo è l’ultimo dei nostri autori a entrare a vele spiegate e alte nella letteratura italiana. In effetti, anche se credo che filosoficamente sia meno interessante di Leopardi, per cosmopolitismo, estro, eroismo gli è superiore. Enrico Palandri, dove e quando ha incontrato Foscolo? Che cosa soprattutto l’ha colpita in Foscolo?