Forse tu fra plebei tumuli guardi vagolando, ove dorma il sacro capo del tuo Parini? A lui non ombre pose tra le sue mura la città, lasciva d’evirati cantori allettatrice, non pietra, non parola; e forse l’ossa col mozzo capo gl’insanguina il ladro che lasciò sul patibolo i delitti. 70 75 Forse tu, o Musa, vagando continuamente ( ) fra i cimiteri destinati ai più poveri, cerchi ( ) il luogo in cui riposa il sacro capo del tuo Parini? La città corrotta ( ), che attrae i cantanti castrati, non ha posto ( ) fra le proprie mura, in onore di Parini ( ), né alberi né lapidi ( ) né iscrizioni tombali ( ); e forse un ladro che sul patibolo abbandonò una vita di delitti ora insanguina le ossa del poeta con la propria testa mozzata. 70-77 vagolando guardi lasciva pose A lui pietra parola «nei cimiteri suburbani di Milano», annota personalmente Foscolo. Sono sepolture comuni, misere, fra cui la Musa scruta attentamente, vagando ( ) alla ricerca dei resti di Parini. Foscolo allude qui alla consuetudine di evirare i giovani cantori per farne dei virtuosi dalla “voce bianca”, che in quel tempo dominavano la scena teatrale. Questa abitudine fu aspramente criticata proprio da Parini nella sua ode . 70 fra plebei tumuli: vagolando 73-74 lasciva… allettatrice: La Musica Senti raspar fra le macerie e i bronchi la derelitta cagna ramingando su le fosse e famelica ululando; e uscir del teschio, ove fuggia la luna, l’ùpupa, e svolazzar su per le croci sparse per la funerëa campagna e l’immonda accusar col luttüoso singulto i rai di che son pie le stelle alle obblïate sepolture. Indarno sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti non sorge fiore, ove non sia d’umane lodi onorato e d’amoroso pianto. 80 85 90 Tra le macerie e gli sterpi ( ) senti raspare la cagna randagia ( ) che vaga solitaria ( ) sulle fosse e ulula per la fame ( ); e vedi l’ùpupa uscire dal teschio in cui si riparava dalla luce lunare ( ), e svolazzare intorno alle croci sparse per il cimitero ( ), e senti l’uccello immondo rimproverare con il suo grido funereo ( ) i raggi ( ) con cui le stelle illuminano pietosamente le tombe dimenticate ( ). Inutilmente ( ), o Musa, invochi ( ) che dalla notte cupa scendano rugiade sul tuo poeta. Ahimè! Sulle sepolture degli estinti non spunta ( ) alcun fiore, quando ( ) esso non sia onorato dalle lodi degli uomini e da un pianto affettuoso. 78-90 bronchi derelitta ramingando famelica fuggia la luna funerëa campagna luttüoso singulto rai obblïate Indarno preghi sorge ove voce dantesca («che tante voci uscisse, tra quei bronchi», , XIII, 26). ancora l’ùpupa, considerata , come i rapaci notturni, che la superstizione designa come funesti. In realtà l’ùpupa non è un uccello notturno, bensì diurno, ma la cupa sonorità del suo nome e del suo verso le ha procurato nella tradizione poetica caratteri macabri e malauguranti. Nel Novecento ne riscatterà l’immagine Eugenio Montale in una lirica degli : . non può nascere un fiore sulle tombe, secondo Foscolo, se non è curato con devozione e con pianti commossi. 78 bronchi: Inferno 84 l’immonda: immonda Ossi di seppia Upupa, ilare uccello calunniato 90 lodi… pianto: