Che ove speme di gloria agli animosi intelletti rifulga ed all’Italia, quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi venne spesso Vittorio ad ispirarsi. Irato a’ patrii Numi, errava muto ove Arno è più deserto, i campi e il cielo desïoso mirando; e poi che nullo vivente aspetto gli molcea la cura, qui posava l’austero; e avea sul volto il pallor della morte e la speranza. 190 195 Cosicché se un giorno ( ) una speranza di gloria splenderà per gli animi coraggiosi ( ) e per l’Italia, proprio da queste tombe ( ) trarremo incitamento all’azione ( ). E a queste tombe ( ) venne spesso Vittorio a cercare l’ispirazione. Adirato con i numi tutelari della patria, camminava in silenzio dove il fiume Arno è più solitario, contemplando ansiosamente ( ) i campi e il cielo; e poiché nessun essere vivente riusciva a placare ( ) il suo tormento ( ), quell’uomo austero trovava riposo qui; e aveva sul volto il pallore della morte vicina e la speranza. 186-195 Che ove animosi intelletti quindi auspici marmi desïoso gli molcea cura Vittorio Alfieri. L’uso del nome proprio per riferirsi al poeta piemontese sta a indicare il sentimento di affinità quasi fraterna che Foscolo sente nei suoi confronti. Alfieri visse a Firenze i suoi ultimi anni, dal 1792 al 1803 (quando morì). Alfieri fu sepolto in Santa Croce, dove la sua amante, la contessa d’Albany, gli fece erigere un monumento, commissionandolo ad Antonio Canova; è aggettivo con valore avverbiale. 189 Vittorio: 195 il pallor della morte: 196 abita eterno: eterno Con questi grandi abita eterno: e l’ossa fremono amor di patria. Ah sì! da quella religïosa pace un Nume parla: e nutria contro a’ Persi in Maratona ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi, la virtù greca e l’ira. Il navigante che veleggiò quel mar sotto l’Eubea, vedea per l’ampia oscurità scintille balenar d’elmi e di cozzanti brandi, fumar le igneo vapor, corrusche d’armi ferree vedea larve guerriere cercar la pugna; e all’orror de’ notturni silenzi si spandea lungo ne’ campi di falangi un tumulto e un suon di tube e un incalzar di cavalli accorrenti scalpitanti su gli elmi a’ moribondi, e pianto, ed inni, e delle Parche il canto. 200 205 pire 210 Insieme a questi grandi, egli dimora per l’eternità, e i suoi resti ( ) esprimono ancora, fremendo, l’amore per la patria. Ah, sì! da quella sacra pace si sente provenire una voce divina ( ): la stessa che animò ( ) il valore ( ) e la forza guerriera ( ) dei Greci contro i Persiani a Maratona, dove Atene consacrò monumenti funebri ai suoi coraggiosi eroi ( ) caduti combattendo. Il navigante che si sia trovato ad attraversare quel mare, costeggiando l’isola di Eubea, vedeva attraverso l’ampia oscurità uno scintillio ( ) di elmi e di spade che si scontravano ( ), i roghi funebri ( ) emanare fuoco e vapori, vedeva fantasmi di guerrieri ( ) scintillanti ( ) di armi di ferro cercare la battaglia ( ); e nello spaventoso silenzio della notte si diffondeva nei campi un prolungato tumulto di schiere combattenti e un suono di trombe ( ) e un incalzare di cavalli che accorrevano ( ), calpestando gli elmi dei feriti a morte, e pianto, e canti di vittoria, e il canto di morte delle Parche. 196-212 l’ossa un Nume nutria la virtù l’ira a’ suoi prodi scintille balenar cozzanti brandi le pire larve guerriere corrusche pugna tube accorrenti TRECCANI Le parole valgono Dal greco (“fuoco”), la è la catasta di legna eretta per la cremazione dei cadaveri e anche, purtroppo, quella sulla quale venivano arsi vivi, nell’antichità, coloro che erano sacrificati come vittime e, in età medievale e moderna, i condannati a morte, per esempio per eresia o stregoneria. pira pyr pira In quest’ultima accezione, in realtà, è di uso più comune un altro vocabolo. Quale? nella frase il verbo “fremere” è costruito transitivamente (alla latina). L’immagine patriottica di Alfieri tratteggiata in questi versi resterà valida per tutto il Risorgimento. in questo caso l’amore per la patria. qui, nel 490 a.C., i Greci fermarono l’invasione dell’esercito persiano di re Dario. Sul luogo della battaglia essi eressero in seguito un tumulo in memoria dei caduti. Per Foscolo quella battaglia assurge a simbolo della lotta eroica della patria contro l’oppressione straniera. il navigante che solcava il mare presso l’isola di Eubea (oggi Negroponte), di fronte a Maratona. Foscolo scrive in proposito: «L’isola d’Eubea siede rimpetto alla spiaggia dove sbarcò Dario». il verbo introduce la visione fantasmatica di due eserciti in lotta, quello greco vittorioso e quello persiano sconfitto. È stato Foscolo stesso a rivelare che l’idea di tale visione notturna della battaglia di Maratona gli fu suggerita dal geografo greco Pausania (II sec. d.C.), il quale nella sua opera riporta una leggenda secondo la quale «nel campo di Maratona è la sepoltura degli ateniesi morti in battaglia: e tutte le notti vi s’intende un nitrir di cavalli e veggonsi fantasmi di combattenti». i roghi su cui venivano bruciati i cadaveri durante i riti funebri. quello dei feriti e degli sconfitti. il canto delle tre dee del destino, le Parche della tradizione mitologica ellenica (Cloto, Lachesi e Atropo), le quali – scrive Foscolo – «cantando vaticinavano le sorti degli uomini nascenti e morenti». 196-197 l’ossa… patria: 198 un Nume: 199 Maratona: 201-202 Il navigante… sotto l’Eubea: 203 vedea: Periegesi della Grecia 205 le pire: 212 pianto: delle Parche il canto: