/ T13 / La nascita delle Grazie , Inno I, , vv. 66-117 Le Grazie A Venere Endecasillabi sciolti. Impietosita dalle condizioni dell’umanità, che vive abbrutita in uno stato bestiale, Venere sorge dalle acque del mar Ionio insieme alle Grazie, che portano nel mondo la purezza e l’armonia. METRO / La bellezza educa il mondo / PARAFRASI e note Splendea tutto quel mar quando sostenne su la conchiglia assise e vezzeggiate dalla Diva le Grazie: e a sommo il flutto, quante alla prima aura di Zefiro le frotte delle vaghe api prorompono, e più e più succedenti invide ronzano a far lunghi di sé aerei grappoli, van alïando su’ nettarei calici e del mèle futuro in cor s’allegrano, tante a fior dell’immensa onda raggiante ardian mostrarsi a mezzo il petto ignude le amorose Nereidi oceanine; e a drappelli agilissime seguendo la Gioja alata, degli Dei foriera, gittavan perle, dell’ingenue Grazie il bacio le Nereidi sospirando. 70 75 80 Tutto quel mare splendeva quando fece affiorare dalle sue acque, sostenendole ( ), le Grazie sedute ( ) su una conchiglia e accarezzate ( ) dalla dea: e sulla superficie, come numerosi sono gli sciami ( ) delle api che si librano in volo ( ) al primo soffio del vento di primavera ( ), e si succedono ronzando, quasi a gara ( ) le une con le altre, formando nell’aria lunghi grappoli fatti di insetti, e aleggiando ( ) sui calici dei fiori, carichi di nettare, e si rallegrano già per la speranza del miele ( ) futuro, così, altrettanto numerose, a pelo dell’estesa acqua luminosa ( ), le Nereidi abitatrici del mare ( ), colme d’amore, osavano ( ) mostrarsi a petto seminudo; e seguendo agilmente la divinità alata della Gioia, messaggera degli dèi, gettavano perle fra le acque, desiderando il bacio delle pure ( ) Grazie. 66-81 sostenne assise vezzeggiate frotte vaghe Zefiro invide alïando mèle raggiante oceanine ardian ingenue l’Egeo. dalla dea Venere. è posto in correlazione al del v. 75. La lunga similitudine è un calco omerico ( , II, vv. 87-90). vento della primavera. pure (latinismo da , “naturale”, “libero”). 66 tutto quel mar: 68 dalla Diva: 69 quante: tante Iliade Zefiro: 80 ingenue: ingenuus Poi come l’orme della Diva e il riso delle vergini sue fer di Citera sacro il lito, un’ignota violetta spuntò a’ piè de’ cipressi; e d’improvviso molte purpuree rose amabilmente si conversero in candide. Fu quindi religïone di libar col latte cinto di bianche rose e cantar gl’inni sotto a’ cipressi ed offerire all’ara le perle e il fior messagger d’Aprile. 85 90 Non appena i passi ( ) della dea e il sorriso delle Grazie resero sacre le sponde ( ) dell’isola di Citera, una viola spuntò alle radici dei cipressi e di colpo molte rose rosse graziosamente ( ) si fecero candide. Divenne quindi usanza religiosa ( ) versare in onore della dea ( ) latte in vasi cinti di rose bianche e cantare inni sotto ai cipressi, e offrire al suo altare le perle e i fiori appena sbocciati, che annunciano la bella stagione appena iniziata ( ). 82-91 l’orme lito amabilmente Fu quindi religïone libar messagger d’Aprile L’una tosto alla Dea col radïante pettine asterge mollemente e intreccia le chiome di marina onda spumanti; l’altra sorella a’ Zefiri concede, a rifiorirle i prati a primavera, l’ambrosio umore ond’è irrorato il petto della figlia di Giove; vereconda la terza ancella ricompone il su le membra divine, e le contende di que’ selvaggi attoniti al desio. 95 peplo 100 Una subito con il pettine luminoso ( ) alla dea deterge ( ) e intreccia dolcemente i capelli, stillanti delle acque azzurrine; l’altra offre all’aria primaverile il profumo dell’ambrosia con il quale è cosparso il petto di Venere, figlia di Giove, per favorire la fioritura stagionale dei prati; l’ultima, pudica ( ), sistema la veste sul divino corpo della dea, e lo sottrae al desiderio dei mortali sbalorditi ( ) da tanta bellezza. 92-101 radïante asterge vereconda attoniti TRECCANI Le parole valgono Il era l’abito tipico delle donne dell’antica Grecia fino alla seconda metà del VI secolo a.C., quando fu sostituito (eccetto che a Sparta) dal : consisteva in un rettangolo di stoffa di lana, di colori vari, talvolta ricamato, che, ripiegato e fermato sopra le spalle da fibule, era tenuto aderente alla persona da una cintura e restava aperto lungo il fianco destro. Il vocabolo indica anche un abito femminile di foggia simile che fu di moda, con lo stesso nome, nel XIX secolo. peplo peplo chitone Molti vocaboli che usiamo oggi per riferirci a capi d’abbigliamento sono forestierismi (francesismi, anglismi ecc.). Sapresti elencarne qualcuno? sottinteso “delle Grazie”. 92 una: