A Milano, nel 1861, muore la seconda moglie Teresa. Manzoni continua intanto a risiedere nella casa di via Morone, che sempre più attira personaggi illustri: letterati, politici, viaggiatori. Nel 1862 . Lo scrittore, negli ultimi anni della sua vita, è ancora occupato dalle , il suo «eterno lavoro». Nel 1868, a dispetto dell’età avanzata, si incarica di stendere per il ministro della Pubblica istruzione una . All’inizio del , mentre si sta recando a messa, Manzoni cade sui gradini della chiesa di San Fedele, riportando un trauma che lo conduce a un rapido e irreversibile declino. La sua morte, avvenuta a Milano il 22 maggio, suscita in tutto il paese un’ondata di profonda costernazione. Un anno più tardi, nell’anniversario della scomparsa, Giuseppe Verdi dirige alla Scala la , da lui stesso composta in onore dello scrittore. riceve la visita di Garibaldi riflessioni sulla lingua italiana Relazione intorno all’unità della lingua e ai mezzi di diffonderla 1873 Messa di Requiem Sebastiano De Albertis, (particolare), 1863. Museo di Milano, Civiche Raccolte Storiche. Giuseppe Garibaldi visita Alessandro Manzoni IL CARATTERE – L’AUTORITRATTO DI UN LETTERATO RISERVATO E SCHIVO         Questo sonetto, composto a sedici anni sul modello di Alfieri ( ) e Foscolo ( , è uno dei rari autoritratti di Alessandro Manzoni. A differenza dei predecessori, lo scrittore milanese non si rappresenta in posa eroica, anzi lascia trasparire il proprio carattere introverso e mite ( / ). Capel bruno: alta fronte: occhio loquace: naso non grande e non soverchio umile: tonda la gota e di color vivace: stretto labbro e vermiglio: e bocca esile: lingua or spedita or tarda, e non mai vile, che il ver favella apertamente, o tace. Giovin d’anni e di senno; non audace: duro di modi, ma di cor gentile. La gloria amo e le selve e il biondo iddio: spregio, non odio mai: m’attristo spesso: buono al buon, buono al tristo, a me sol rio. A l’ira presto, e più presto al perdono: poco noto ad altrui, poco a me stesso: gli uomini e gli anni mi diran chi sono. Sublime specchio di veraci detti Solcata ho fronte, occhi incavati intenti) non audace: duro di modi, ma di cor gentile Un uomo nevrotico In effetti l’autore reale non va confuso con il narratore calmo, sereno, ironico che ci viene incontro dalle pagine dei . L’epistolario e numerose testimonianze di quanti lo conobbero ci consegnano l’immagine di un uomo dall’indole ansiosa e sfuggente, facile preda di tante piccole nevrosi, sempre restio a mostrarsi in pubblico e a concedersi incontri mondani. Con il passare degli anni Manzoni imparò a poco a poco a convivere con le crisi di panico, le vertigini, l’angoscia nei luoghi affollati, la balbuzie che spesso lo coglieva quando era costretto a prendere la parola in pubblico (vi allude un passo del sonetto: ). Il rimedio preferito per stemperare le inquietudini consisteva in passeggiate interminabili, che furono per lui una pratica quotidiana, anche se la quiete domestica resterà sempre la sua dimensione più congeniale. Promessi sposi lingua or spedita or tarda