Italo SVEVO – LA VITA | LA FORMAZIONE DELL’IMPIEGATO ETTORE SCHMITZ | Città di frontiera, ha sviluppato nel corso dell’Ottocento una fisionomia e una cultura per molti versi uniche. Innanzitutto, la sua condizione di porto mediterraneo dell’Impero austro-ungarico (a cui apparterrà politicamente sino alla fine della Prima guerra mondiale) l’ha resa un crocevia di scambi, una fiorente sede di imprese commerciali, navali e assicurative e, di conseguenza, la meta di continue ondate migratorie. Italiani, tedeschi, sloveni, greci, turchi: un eterogeneo miscuglio di genti diverse fa di Trieste una città cosmopolita, a contatto per ragioni storiche e geografiche con l’area mitteleuropea. È in questo crogiuolo multinazionale che nel nasce , da una della borghesia mercantile triestina: il padre Francesco è un commerciante e può permettersi di far vivere in condizioni agiate gli otto figli. Nel 1874 il tredicenne Ettore parte per Segnitz sul Meno, in Baviera, per apprendere la lingua tedesca e la pratica contabile, ma di nascosto si avvicina alla e alla . Al rientro a Trieste, anche se il padre gli impone l’iscrizione a un istituto commerciale, non rinuncia all’ambizione di diventare uno scrittore e nel 1880 inizia a collaborare al quotidiano triestino “L’Indipendente”, a cui invia articoli di critica letteraria e teatrale. La sua vita conosce tuttavia un’improvvisa cesura nel 1883: il fallimento dell’azienda paterna lo costringe a lasciare gli studi e a cercare un impiego, che troverà presso la filiale triestina della di Vienna, come francese e tedesca. Oppresso dal lavoro impiegatizio, Schmitz trova nella letteratura una via di fuga e di evasione, tanto che inizia a cimentarsi anche in prove di scrittura; porta a termine così il suo primo romanzo, che esce nel 1892 con il titolo e con la firma di uno pseudonimo che l’autore sceglie per saldare le due culture di cui si sente figlio (quella italiana e quella tedesca) e per nascondere la propria identità, persino ai parenti stretti. Trieste 1861 Ettore Schmitz famiglia ebraica letteratura filosofia Banca Union addetto alla corrispondenza Una vita Italo Svevo, | LA VITA AGIATA DI UNO SCRITTORE CLANDESTINO | L’esordio letterario dell’impiegato Ettore Schmitz è un fallimento, o quasi: le poche recensioni si soffermano più sulle ombre che sulle luci del romanzo e le mille copie dell’edizione rimangono quasi del tutto invendute. L’ non scalfisce per il momento la sua passione per la scrittura, di cui è frutto, sei anni dopo, : come , il secondo romanzo è stampato a spese dell’autore. L’accoglienza è anche peggiore: un silenzio quasi assoluto, interrotto qua e là appena da qualche segnalazione laconica, per nulla entusiasta. Nel 1896 Ettore, dopo una fugace avventura sentimentale con una ragazza di bassa estrazione sociale, sposa la biscugina Livia Veneziani, figlia del facoltoso proprietario di una . In questo modo il modesto impiegato con il chiodo fisso della letteratura, il figlio di un commerciante fallito, conquista uno sociale inattaccabile. Inserito nei salotti della buona società triestina, Svevo decide di abiurare l’ebraismo e di ricevere il battesimo, quindi lascia la banca nel 1899 ed entra come funzionario nella , per la quale viaggia spesso in . Ben integrato, assimilato entro il sistema industriale, sollevato da ogni preoccupazione economica, agli occhi della moglie è il ritratto vivente dell’uomo dedito alla famiglia e al lavoro, amante della tranquillità, che a malapena si concede il vizio di qualche sigaro. indifferenza di lettori e critici Senilità Una vita fabbrica di vernici sottomarine status ditta del suocero Inghilterra