VIDEO Il Crepuscolarismo Autore PLUS Marino Moretti FISSO I CONCETTI I poeti crepuscolari: rifiutano i toni della poesia alta; non riconoscono l eccezionalità del poeta; considerano la poesia uno strumento per esprimere la propria interiorità. | Il Crepuscolarismo | Nascita e diffusione di un ismo La paternità del termine crepuscolare , applicato a una schiera di poeti raggruppati in base a consonanze di contenuti e di forme, è unanimemente riconosciuta al critico Giuseppe Antonio Borgese, che nel settembre del 1910 pubblica sul quotidiano torinese La Stampa un articolo intitolato appunto Poesia crepuscolare, nel quale ravvisa i segni inequivocabili della fine della grande tradizione lirica che va da Parini e d Annunzio, cogliendo alcuni elementi comuni a una serie di poeti: la visione malinconica dell esistenza, la ricerca della semplicità, uno stile quotidiano e prosastico. Il rifiuto della tradizione Nonostante il giudizio di Borgese fosse piuttosto negativo, l etichetta di crepuscolare prende piede subito e viene attribuita ad autori che pure non formulano manifesti programmatici né si uniscono in una vera e propria scuola poetica: tra questi, il torinese Guido Gozzano, il romano Sergio Corazzini, il romagnolo Marino Moretti. Al centro della loro poetica vi sono indubbiamente il rifiuto della solennità e della magniloquenza e la volontà di mettere in discussione i grandi poeti della tradizione: quelli del primo Ottocento, come Foscolo, Leopardi e Manzoni, ma anche quelli più vicini, come d Annunzio, Pascoli e Carducci. Perseguendo un sistematico abbassamento dei contenuti e dello stile della lirica alta, la poesia crepuscolare si muove in evidente polemica con il repertorio e i caratteri formali della poesia tradizionale. Ogni reto- Sergio Corazzini. rica altisonante viene rifiutata, così come la concezione del poeta vate impegnato nella società, o la figura dell artista che si autoproclama individuo fuori dal comune, portatore di una sensibilità unica e sublime. La poesia viene invece considerata, in una prospettiva intima e personale, come espressione di un ripiegamento interiore. Non a caso, il titolo della raccolta più importante di Guido Gozzano è quanto di più dimesso si potrebbe immaginare: non più Canti, come in Leopardi, bensì I colloqui. Il poeta in crisi d identità Il poeta non aspira più ad atteggiamenti superomistici, né a cogliere come un veggente gli ambigui significati simbolici riposti nelle cose; al contrario, a contatto con la civiltà moderna egli si sente vulnerabile, e di conseguenza si immerge nella dimensione privata del ricordo. Poiché percepisce la perdita d importanza dell arte, ridotta a merce dall avvento della società di massa, finisce per trovarsi in una profonda crisi di identità: «Son forse un poeta? / No certo , dice Aldo Palazzeschi (Chi sono?). Il poeta si scopre capace soltanto di emettere un sommesso balbettio, di piangere: «Perché tu mi dici: poeta? / Io non sono un poeta. / Io non sono che un piccolo fanciullo che piange , scrive Sergio Corazzini (Desolazione del povero poeta sentimentale); e prova vergogna per la propria condizione, percepita come anacronistica («Io mi vergogno, / sì, mi vergogno d essere un poeta , scrive Guido Gozzano nella Signorina Felicita). LE AVANGUARDIE E LA POESIA ITALIANA DEL PRIMO NOVECENTO / 577