Eugenio MONTALE | Ossi di seppia | La genesi e la struttura Le diverse edizioni Ossi di seppia, che raccoglie le prime liriche scritte da Montale fra il 1916 e il 1924, viene pubblicata nel 1925 presso la casa editrice dell intellettuale torinese antifascista Piero Gobetti e, successivamente, con l aggiunta di sei testi, da un altro editore torinese, Ribet. Una terza edizione compare a Lanciano, stampata da Carabba, nel 1931, e una quarta, l ultima che rechi correzioni rilevanti, di nuovo a Torino, presso Einaudi, nel 1942. FISSO I CONCETTI Il titolo Ossi di seppia : esprime l antitesi terra/mare; è un correlativo oggettivo del sentimento di aridità che domina la raccolta. Il titolo In origine Montale aveva pensato di intitolare il suo primo libro Rottami, dove il riferimento a materiali deteriorati rimandava alla condizione di logorio esistenziale in cui egli si dibatteva. In seguito però la scelta cade su Ossi di seppia, che suggerisce fin da subito l antitesi fra mare e terra che percorre l intero libro. Gli ossi , infatti, non sono altro che le conchiglie dorsali delle seppie, levigate dal mare, che le restituisce alle spiagge ridotte alla loro candida essenzialità. Essi perciò rappresentano un perfetto correlativo oggettivo dello stato d animo dominante nella raccolta, in cui il poeta sostituisce all idea dannunziana di una panica fusione tra l individuo e la natura un sentimento di aridità, disagio, solitudine, solo a tratti lenito dall azione benefica del mare Mediterraneo. Un romanzo di formazione «strozzato L intera raccolta insiste sulla medesima dinamica. Il poeta constata l impossibilità dell «incanto , cioè di un consolante ed effimero entusiasmo per la vita: lo scacco esistenziale non conosce alcuna possibilità di evasione dai meccanismi ripetitivi della vita quotidiana, né nel tempo (tramite il ricordo) né nello spazio (tramite un immersione nella natura). Cadute le illusioni, subentra la coscienza di un «male di vivere che non ha via d uscita. L itinerario di formazione a cui l opera tendeva resta così «strozzato , bloccato nei suoi sviluppi: al poeta non resta che accettare «senza viltà il destino amaro che la vita riserva. Solo a tratti un «miracolo riesce a interrompere il corso delle cose, restituendo senso e armonia alla realtà. Non servono per questo una fede religiosa o sensibilità squisite: basta lasciarsi sorprendere da improvvisi momenti di vitalità, da un bagliore, dal piacere inatteso che può per esempio procurare l odore dei limoni lungo la propria strada. Le situazioni descritte non si traducono quindi in una parabola narrativa lineare, che consenta di leggere le singole liriche in successione, dall inizio alla fine, come tappe di un evoluzione. Quest ultima va riconosciuta piuttosto all interno delle diverse sezioni in 686 / IL PRIMO NOVECENTO