i matem m L eggere di matematica m m Confrontiamo ora i due paradossi. La situazione di Federico sembrava inizialmente assurda, ma un semplice argomento era sufficiente a farcela poi accettare per buona. Nel caso del barbiere, d altra parte, la conclusione è troppo assurda perché sia mai accettabile. Che cosa dobbiamo dire dell argomento che serve a dimostrare tale conclusione inaccettabile? Per fortuna si fonda su alcune assunzioni. Ci si chiede di mandar giù una storia di un villaggio, e su un uomo in esso che rade tutti e soltanto gli uomini del villaggio che non si radono da soli. Questa è la fonte dei nostri guai; ammettiamo questo e finiamo col dire, assurdamente, che il barbiere rade sé stesso solo se non lo fa. La conclusione corretta che dobbiamo trarne è solo che un tale barbiere non esiste. Non ci troviamo di fronte a nulla di più misterioso di ciò a cui i logici si sono riferiti per un paio di migliaia d anni come una reductio ad absurdum. Noi confutiamo il barbiere accettandolo e deducendone l assurdità che egli rade sé stesso se e solo non lo fa. Il paradosso dimostra semplicemente che nessun villaggio può contenere un uomo che rade tutti e soltanto quegli uomini che in esso non si radono da soli. Questa assoluta negazione suona inizialmente assurda; perché non dovrebbe esistere un uomo del genere in un villaggio? Ma l argomento mostra perché non può, e noi accettiamo allora tale assoluta negazione proprio come avevano accettato la possibilità, assurda a prima vista, che Federico avesse tanto più di cinque anni al suo quinto compleanno. I due paradossi sono simili, dopo tutto, nel sostenere delle apparenti assurdità mediante un argomento conclusivo. Ciò che è strano, ma vero, nel primo paradosso è che qualcuno possa avere 4n anni di età al suo n-esimo compleanno; ciò che è strano, ma vero nell altro paradosso è che nessun villaggio può contenere un uomo che rade tutti e soltanto quegli uomini del villaggio che si radono da soli. E tuttavia, io non vorrei limitare la parola «paradosso a casi in cui ciò che si pretende stabilito è vero. Chiamerò questi, più precisamente, paradossi veridici, o che dicono la verità. Il nome di paradosso è ugualmente appropriato infatti per quelli falsidici. (Questa parola non è barbara come sembra; falsidicus compare due volte in Plauto e due volte in autori precedenti). Quello di Federico è un paradosso veridico, se lo interpretiamo non come un affermazione che concerne Federico, ma come la verità astratta che un uomo può avere 4n anni di età al suo n-esimo compleanno. Analogamente quello del barbiere è un paradosso veridico se lo interpretiamo come l affermazione che nessun villaggio contiene un barbiere del genere. Un paradosso falsidico, d altra parte, è quello la cui proposizione non solo sembra a prima vista assurda, ma è anche falsa, perché c è una fallacia nella pretesa dimostrazione. Paradossi tipicamente falsidici sono le comiche pseudodimostrazioni di 2 = 1. La maggior parte di noi sarà a conoscenza di alcune di esse. Ecco la versione proposta da Augusto De Morgan: sia x = 1. Allora x2 = x. Quindi x2 1 = x 1. Dividendo entrambi i membri per x 1, concludiamo che x + 1 = 1; ossia, poiché x = 1, 2 = 1. La fallacia consiste nella divisione per x 1, che è 0. Invece di «paradosso falsidico avrei potuto dire semplicemente «fallacia ? Non proprio. Le fallacie possono condurre a conclusioni sia vere sia false, e a conclusioni sia non sorprendenti sia sorprendenti. In un paradosso falsidico c è sempre una fallacia nell argomento, ma la proposizione che si afferma stabilita deve inoltre sembrare assurda ed essere di fatto falsa. Alcuni degli antichi paradossi di Zenone rientrano nei paradossi falsidici. Consideriamo quello di Achille e la Tartaruga. Generalizzato al di là di questi due personaggi fittizi, il paradosso pretende di stabilire l assurda proposizione che fin tanto che un corridore continua a correre, per quanto lentamente, un altro corridore non potrà mai raggiungerlo. L argomento è che ogni volta che l inseguitore raggiunge un punto in cui l inseguito è già stato, costui è avanzato di un po . Quando cerchiamo di rendere più esplicito questo argomento, la fallacia che emerge è la idea erronea che la somma di qualunque successione infinita di intervalli di tempo debba dare tutta l eternità. In realtà, quando una successione infinità di intervalli di tempo è scelta in modo tale che gli intervalli successivi divengano sempre più brevi, l intera successione può coprire un tempo finito o un tempo infinito. una questione di serie convergenti. [W. V. Quine, I modi del paradosso e altri saggi, tr. It. Il Saggiatore, Milano, 1975] 179
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