Dante Alighieri LA VITA La prima giovinezza, Beatrice e lo Stilnovo Appartenente a una famiglia di piccola nobiltà e di modeste risorse economiche, Dante (il nome è forma accorciata, familiare, di Durante) nasce a , tra il maggio e il giugno del . Rimasto orfano della madre all’età di soli sei anni, trascorre la fanciullezza nella città toscana, dove apprende i primi rudimenti del latino e studia grammatica, quindi filosofia. Firenze 1265 Intorno ai diciotto anni egli manifesta i primi segni della vocazione letteraria, iniziando a scambiare poesie con i maggiori poeti del suo tempo e scrivendo versi amorosi per una donna di nome , identificabile con Bice di Folco Portinari, sposata a Simone de’ Bardi e morta nel 1290, a cui dedicherà in seguito la (1292-1293 o 1294), il suo capolavoro giovanile. Beatrice Vita nuova Gli anni dell’amore per Beatrice e della stesura della corrispondono alla partecipazione di Dante al . Nell’ambito di questa corrente, il poeta segue soprattutto, come modello, Guido Cavalcanti, l’autore più in vista e di maggiore richiamo. Vita nuova movimento stilnovista A vent’anni Dante ; si tratta di un matrimonio celebrato per decisione delle rispettive famiglie, come avveniva spesso a quei tempi presso i ceti sociali medio-alti, che vedevano nel connubio nuziale più un affare economico che non il libero coronamento dei sentimenti. sposa Gemma Donati   Video – La vita di Dante Alighieri  Asset ID: 224 ( )  let-vidgal-volti-e-luoghi-dante.mp4 L’impegno politico Nel 1289 Dante prende parte alla contro i ghibellini di Arezzo (poi vinta dai guelfi fiorentini) e più tardi, a partire dal 1295, si attivamente . Nel quadro degli aspri scontri sociali tra l’antica nobiltà in declino e la nuova borghesia in ascesa, gli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella (1293) avevano stabilito un espresso divieto per i nobili di assumere cariche pubbliche. Nel 1295 gli Ordinamenti vengono mitigati, rendendo possibile l’accesso alla politica attiva anche agli aristocratici, a patto che si iscrivano a una delle Arti cittadine. È a questo scopo che Dante – il quale aveva frequentato , suo maestro, notaio e cancelliere del Comune, condividendone la passione politica – si iscrive alla   dei medici e speziali (cioè dei farmacisti), pur non avendo alcuna specifica competenza in tale campo. battaglia di Campaldino impegna nella real tà politica di Firenze Brunetto Latini ▶ corporazione Per Firenze questi sono anni sconvolti dalla che divide le fazioni dei e dei , sostenute rispettivamente dalla famiglia dei e da quella dei . Tale divisione risaliva al periodo in cui i guelfi si erano affermati a Firenze sui ghibellini: mentre i bianchi tenevano molto all’indipendenza della città, i neri non esitarono a cercare l’appoggio del papa pur di ottenerne il controllo totale. rivalità guelfi bianchi guelfi neri Cerchi Donati Dopo avere ricoperto vari incarichi, Dante viene (i rappresentanti delle corporazioni, che costituiscono la più importante magistratura cittadina) per il bimestre . In questo ruolo Dante cerca di comportarsi in modo imparziale: per ottenere la pacificazione della vita politica cittadina, manda in esilio i capi principali delle due fazioni, tra i quali c’è anche l’amico Guido Cavalcanti, di parte bianca. eletto tra i priori dal 15 giugno al 15 agosto 1300 Nel le pesanti ingerenze di papa Bonifacio VIII nella politica di Firenze inducono Dante a schierarsi , e a superare così la posizione di neutralità mantenuta fino ad allora. Nello stesso anno con l’incarico di scongiurare un grave pericolo per l’autonomia del Comune: l’ , fratello del re di Francia e legato papale. Ufficialmente questi (che entra a Firenze alla testa di 1200 cavalieri) ha il compito di mettere pace tra le fazioni in lotta, ma il suo vero scopo è quello di favorire la vittoria dei neri e aprire così la via alla totale soggezione della Toscana agli interessi della Chiesa. 1301 con i bianchi il poeta viene inviato a Roma presso il pontefice arrivo di Carlo di Valois Carlo di Valois riuscirà tuttavia a raggiungere il suo obiettivo politico, richiamando in patria i capi della parte nera dall’esilio e consegnando a loro il governo del Comune. LA PAROLA Corporazione Nell’ordinamento medievale, un gruppo di persone che, svolgendo la medesima attività economica, si univano per tutelare i propri interessi.  pagina 175  Gli ultimi anni, l’esilio e la morte Sulla strada del ritorno dalla missione diplomatica a Roma, probabilmente a Siena, Dante apprende di essere stato condannato il 27 gennaio del all’ , oltre che all’esclusione dagli uffici pubblici. È accusato di baratteria, cioè di avere tratto illeciti guadagni dagli incarichi ricevuti dal Comune, con l’aggravante di essersi dimostrato ostile al papa e al suo rappresentante Carlo di Valois. Non essendosi presentato a discolparsi, una successiva sentenza (10 marzo) lo condanna a morte e alla confisca di tutti i beni. Ha inizio così la sua vita di fuoriuscito che lo porterà a : da Forlì a Verona, ad Arezzo, poi nel Trevigiano e in Lunigiana. 1302 esilio per due anni peregrinare di corte in corte nell’Italia settentrionale Nel , dopo essere stato il rappresentante dei bianchi in esilio, il poeta rompe definitivamente con loro. Nel la discesa in Italia dell’imperatore , con l’obiettivo di riportare la penisola sotto il controllo imperiale, riaccende in Dante la speranza di tornare a Firenze, ma la morte improvvisa di Arrigo nel 1313 gli spegne ogni illusione. 1304 1310 Arrigo VII di Lussemburgo Già alla metà di quell’anno (secondo altri non prima del 1315) è ospite a di Cangrande della Scala, vicario imperiale in Italia, presso il quale si tratterrà fino al 1318-1320. Successivamente è a Ravenna, ospite di Guido Novello da Polenta: lì termina il (mentre i primi canti dell’ sono stati scritti molti anni prima, ). Al ritorno da un’ambasceria a Venezia, il poeta muore a Ravenna, probabilmente di malaria, fra il 13 e il 14 settembre del . Viene sepolto nella stessa città, presso il convento di San Pier Maggiore. Verona Paradiso Inferno probabilmente intorno al 1306 1321 IL CARATTERE Una personalità decisa È Dante stesso ad averci lasciato il ritratto del suo carattere: e lo ha fatto nella  , alla quale davvero meglio calzerebbe l’appellativo di “Danteide”, che l’autore – secondo l’ipotesi dello scrittore settecentesco Gasparo Gozzi – pensò più volte di usare come titolo. Divina Commedia La forza d’animo, l’alto sentire di sé Dal suo capolavoro emerge l’immagine di un uomo sincero, schietto, diretto, dotato di una prodigiosa energia nel volere e nel sentire, di una coscienza austera ed elevata, dalla sfera affettiva a quella etica, da quella intellettuale a quella religiosa. Ma altri aspetti del suo carattere ci fanno vedere l’uomo non solo con la sua ferma volontà di continua ascesa spirituale, ma anche con i suoi limiti e difetti. Un’ombra sull’immagine idealizzata di Dante è proiettata, anzitutto, dalla violenza in cui più di una volta trascende la sua indignazione. Occorre dire però che nel poema l’impeto e l’ira di Dante non appaiono mai come sfogo di astio e vendetta personale, ma come reazione del sentimento di giustizia offeso. Comunque, questo lato del suo carattere risulta innegabile: fattosi giudice e giustiziere, dimostra di essere più incline alla collera che alla misericordia evangelica. Un altro dei lineamenti controversi che si rivelano nella   è la superbia per la consapevolezza della sua «altezza d’ingegno». Lo testimonia, del resto, anche Boccaccio: «Molto presunse di sé, né gli parve meno valere che el valesse» (Ebbe un’alta stima di sé e fu convinto di non valere meno di quanto effettivamente valesse). Dante stesso nel   (XIII, 136-138) riconosce la propria superbia, l’unico peccato che confessò esplicitamente. Divina Commedia Purgatorio