T9 Nella selva oscura , I, 1-90 Inferno Nel primo canto dell’ Inferno , Dante rievoca l’antefatto del viaggio nel mondo ultraterreno che ha compiuto in prima persona. Narra così di essersi smarrito, la sera del Giovedì Santo del 1300, a 35 anni, in un bosco fitto e senza luce, di avere incontrato tre bestie spaventose e, per sua fortuna, il poeta latino Virgilio, che gli spiega il cammino che dovrà intraprendere lungo l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. L’inizio del viaggio PARAFRASI Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. 3 A metà del cammino della nostra vita, mi ritrovai in una selva oscura, perché ( ) avevo perso la giusta strada. 1-3 ché a 35 anni, età che la dottrina biblica considerava a metà dell’esistenza umana. 1 Nel mezzo… nostra vita: in termini allegorici è il peccato. 2 selva oscura: Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! 6 Ahi com’è difficile raccontare com’era questa foresta selvaggia, intricata ( ) e difficile ( ) da attraversare, che solo a pensarci si rinnova la paura! 4-6 aspra forte : è una figura etimologica, definita dalla presenza di un sostantivo e di un aggettivo che hanno la stessa radice linguistica. selva selvaggia 5 Tant’è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte. 9 Questa foresta è così angosciosa ( 7-9 amara ) che la morte lo è poco di più; ma per narrare ( trattar ) del bene che vi trovai, dirò delle altre cose che vi ho visto ( scorte ). Io non so ben ridir com’ i’ v’intrai, tant’era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. 12 Non so bene raccontare ( ) come io ( ) vi entrai, tanto ero ottenebrato ( ) quando abbandonai la via della verità ( ). 10-12 ridir i’ pien di sonno verace via è lo stordimento dell’anima abituata al peccato, confusa e incapace di una retta visione del mondo. pien di sonno: 11 Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto, là dove terminava quella valle che m’avea di paura il cor compunto, 15 Ma dopo che arrivai ai piedi di un colle, là dove finiva quella valle che mi aveva ( 13-15 avea ) trafitto ( compunto ) il cuore di paura, guardai in alto e vidi le sue spalle vestite già de’ raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. 18 guardai in alto e vidi i suoi fianchi ( 16-18 spalle ) del colle rivestiti già dai raggi del pianeta che conduce ( mena ) sulla retta via ( dritto ) ciascuno ( altrui ) per ogni strada ( calle ). Dante-personaggio arriva finalmente in un punto della selva da cui riesce a vedere un colle, il secondo importante elemento narrativo. Esso è illuminato dai raggi del Sole, descritto come l’astro che conduce le persone lungo il giusto cammino. Anche qui il senso allegorico è evidente: il Sole è Dio, che con la sua luce, ossia la Grazia, indica al peccatore, Dante, il colle, che rappresenta la via della salvezza. Se la selva oscura è il peccato, il colle deve indicare la via della virtù: una via faticosa – in salita – ma che conduce alla salvezza. raggi… calle: 17-18 Allor fu la paura un poco queta, che nel lago del cor m’era durata la notte ch’i’ passai con tanta pieta. 21 Allora si placò un poco la paura che avevo avuto ( ) nel profondo del cuore ( ) durante la notte che trascorsi con tanta angoscia ( ). 19-21 m’era durata lago del cor pieta la parte interna e più profonda del cuore (secondo Boccaccio, il lago indicherebbe la cavità interna al cuore che, secondo la scienza medica del tempo, doveva ospitare gli spiriti vitali). lago del cor: 20 E come quei che con lena , ▶ affannata uscito fuor del pelago a la riva, si volge a l’acqua perigliosa e guata, 24 E come colui che con il respiro ( 22-24 lena ) affannato, uscito dal mare ( pelago ) e giunto a riva, si volge verso l’acqua pericolosa ( perigliosa ) e la guarda fissamente ( guata ), TRECCANI ▶ Le parole valgono Una malattia che ci stringe i bronchi, il respiro difficoltoso dopo una corsa a perdifiato, ma anche un’emozione improvvisa che ci blocca il cuore. Non possiamo nascondere l’affanno perché è un’inquietudine che nasce dall’animo: il respiro è lo specchio di una pena, di un’afflizione, di un dolore. Così l’aggettivo allude sia all’essere ansimanti e trafelati sia a una condizione di travaglio o di tormento. affannato affannato Indica almeno due contrari di quest’aggettivo, sia nel suo significato originario sia in quello figurato. ➔ per esprimere il senso di sollievo di chi è appena scampato a un’esperienza molto pericolosa – ed è quindi ancora spaventato – Dante utilizza una similitudine, paragonando il sé stesso personaggio appena fuggito dalla a un uomo che ha rischiato di annegare in mare e che, giunto a terra, si volta a guardare il pericolo scongiurato. La forma “guatare” ha un valore intensivo rispetto a “guardare”: significa “guardare fissamente, con insistenza”. E come… guata: 22-24 selva selvaggia così l’animo mio, ch’ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo che non lasciò già mai persona viva. 27 così il mio animo, che ancora stava scappando ( 25-27 ch’ancor fuggiva ), si volse indietro a guardare ancora ( rimirar ) il passaggio ( lo passo ) cioè la selva che non lasciò mai uscire una persona viva. il senso allegorico dell’espressione è che il peccato (la selva oscura) conduce alla dannazione ( ) chiunque continui a commetterlo. lo passo... persona viva: 26-27 non lascia vivo Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso. 30 Dopo che ebbi ( 28-30 èi ) riposato ( posato ) il corpo stanco ( lasso ) ripresi la strada attraverso il pendio deserto, in modo che ( sì che ) il piede ( piè ) su cui poggiavo era sempre l’inferiore. Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta, una lonza leggiera e presta molto, che di pel macolato era coverta; 33 Ed ecco [che comparve], quasi al principio della salita ( 31-33 erta ), una lonza agile ( leggiera ) e veloce ( presta ), che era coperta ( coverta ) di pelo a macchie; si tratta di un felino, simile a un leopardo o a una lince. una lonza… coverta: 32-33 e non mi si partia dinanzi al volto, anzi ’mpediva tanto il mio cammino, ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto. 36 e non se ne andava ( 34-36 partia ) da davanti ( dinanzi ) al mio volto, anzi impediva il mio cammino al punto che più volte mi girai ( fui... vòlto ) per tornare indietro ( ritornar ). ancora una figura etimologica. volte vòlto: 36 Temp’era dal principio del mattino, e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle ch’eran con lui quando l’amor divino 39 mosse di prima quelle cose belle; sì ch’a bene sperar m’era cagione di quella fiera a la gaetta pelle 42 Era ( ) il principio del mattino e il Sole saliva ( ) in cielo con quella costellazione ( ) che era con lui quando l’amore di Dio 37-39 Temp’era montava quelle stelle mise in moto per la prima volta ( ) le stelle ( ); così ( ) erano un motivo ( ) per ben sperare nei confronti di quella belva ( ) dalla ( ) pelle screziata 40-42 mosse di prima quelle belle cose sì ch ’ m’era cagione fiera a la la costellazione è quella dell’Ariete. Si credeva che Dio avesse creato l’universo in primavera, quando appunto il Sole passa in tale costellazione. L’alba di primavera rincuora Dante, che spera, grazie a questa buona disposizione dei cieli, di riuscire a salvarsi dal pericolo che ha di fronte. Temp’era… gaetta pelle: 37-42 l’ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse la vista che m’apparve d’un leone. 45 il momento del giorno ( 43-45 l’ora del tempo ) e la dolce stagione; ma non al punto ( non sì ) che non mi facesse paura la vista di un leone che mi apparve. anche questo animale ha un significato allegorico e indica il vizio della superbia. leone: 45 Questi parea che contra me venisse con la test’alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l’aere ne tremesse. 48 Questi pareva ( 46-48 parea ) venire contro di me con la testa alta, con una fame che lo rendeva furioso ( con rabbiosa fame ), al punto che ( sì che ) pareva che l’aria a causa sua ( ne ) tremasse. Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame, 51 E una lupa, che nella sua magrezza appariva ( 49-51 sembiava ) carica ( carca ) di tutti gli appetiti ( brame ), e che molte genti fece vivere misere ( grame ), è la belva più terribile, rappresentando la cupidigia, ovvero la brama insaziabile di beni terreni (ricchezza, potere, onori), causa -– secondo Dante – del disordine sociale, civile e politico del tempo. lupa: 49 questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch’uscia di sua vista, ch’io perdei la speranza de l’altezza. 54 questa mi suscitò ( 52-54 porse ) tanta angoscia ( gravezza ) con la paura che emanava ( uscia ) il suo aspetto ( sua vista ), che io perdetti ( perdei ) la speranza della vetta ( altezza ). alla vista della terza fiera Dante perde la speranza di raggiungere la cima ( ) del colle, quindi di salvarsi. perdei… altezza: 54 altezza E qual è quei che volontieri acquista, e giugne ’l tempo che perder lo face, che ’n tutti suoi pensier piange e s’attrista; 57 E come quello ( 55-57 quei ) che volentieri accumula ( acquista ), e quando giunge il tempo che lo fa perdere ( perder lo face ), in tutti i suoi pensieri piange e si rattrista; la similitudine si riferisce alla figura di chi ha messo da parte una notevole ricchezza e la vede sfumare all’improvviso. E qual… s’attrista: 55-57 tal mi fece la bestia sanza pace, che, venendomi ’ncontro, a poco a poco mi ripigneva là dove ’l sol tace. 60 così ( 58-60 tal ) mi rese la bestia senza pace, che, venendomi incontro, a poco a poco mi respingeva ( ripigneva ) là dove non c’è la luce del Sole ( dove ’l sol tace ). sempre affamata. Dante ci dice che nella selva non arriva la luce del Sole utilizzando una sinestesia, cioè impiegando un verbo proprio di una sensazione acustica (“tacere”) in riferimento a un’altra sensazione fisica (la vista). Il significato dell’espressione è immediato perché si basa sulla facile associazione tra l’assenza di luce e l’assenza di suono. 58 sanza pace: 60 sol tace: Mentre ch’i’ rovinava in basso loco, dinanzi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco. 63 Mentre io precipitavo verso il basso ( 61-63 basso loco ) mi si offrì davanti agli occhi colui che, per il lungo silenzio del Sole, appariva ( parea ) evanescente ( fioco ). questo verso ha dato luogo a diverse interpretazioni, a seconda che l’aggettivo venga inteso in senso uditivo o visivo. Nel primo caso il personaggio che compare sarebbe nel senso di “privo di voce” a causa del . Nel secondo caso, il significherebbe invece “oscurità”: Dante, infatti, è di nuovo in una zona buia, condizione descritta al v. 60 con la sinestesia del suono riferito alla luce; ora, la prolungata permanenza in una zona di poca luce (dunque il ) rende “fioca” – cioè evanescente, indistinta – la figura che Dante ha appena scorto. Anche questa situazione narrativa va interpretata in senso allegorico: come scopriremo presto, Dante-personaggio ha incontrato Virgilio, che nel sistema allegorico della rappresenta la Ragione umana. Lottando faticosamente contro i vizi che vogliono ricacciarlo nel peccato, rivede la ragione che non aveva più utilizzato da tempo (ecco il senso allegorico del lungo silenzio) e che si rivelerà la guida capace di condurlo alla salvezza attraverso l’osservazione del male. 63 chi… fioco: fioco fioco lungo silenzio lungo silenzio lungo silenzio Commedia Quando vidi costui nel gran diserto, « di me», gridai a lui, Miserere «qual che tu sii, od ombra od omo certo!». 66 Quando vidi costui nel vasto ( 64-66 gran ) deserto ( diserto ) gli gridai: «Abbi pietà ( Miserere ) di me, chiunque tu sia ( qual che tu sii ), ombra o uomo vivo!». formula latina usata nelle celebrazioni liturgiche. Dante non sa chi si trova di fronte e nemmeno se si tratti di uno spirito o di un uomo “certo”, in carne e ossa.➔ 65 : Miserere 66 ombra… certo: Rispuosemi: «Non omo, omo già fui, e li parenti miei furon lombardi, mantoani per patrïa ambedui. 69 Nacqui , ancor che fosse tardi, sub Iulio e vissi a Roma sotto ’l buono Augusto nel tempo de li dèi falsi e bugiardi. 72 Mi rispose: «Non sono un uomo ( ), lo fui un tempo ( ), e i miei genitori ( ) furono dell’Italia settentrionale ( ), entrambi mantovani per luogo di nascita. 67-69 omo già fui parenti lombardi Nacqui al tempo in cui governava Giulio Cesare ( ), sebbene ( ) nell’ultimo periodo ( ), e vissi a Roma durante il principato del valente Augusto, nel tempo degli dèi falsi e ingannevoli. 70-72 sub Iulio anco r tard i a parlare è il poeta latino Virgilio, che si presenta a Dante dicendo di aver avuto genitori ( ) dell’Italia settentrionale ( ) e di essere nato al tempo di Giulio Cesare, ma nell’ultimo periodo della sua vita: era infatti nato nel 70 a.C. e quindi alla morte di Cesare (44 a.C.) aveva solo venticinque anni. Aggiunge infine di aver vissuto durante l’impero di Ottaviano Augusto, quando il Cristianesimo ancora non esisteva e si veneravano gli dei pagani, che ora giudica falsi e ingannevoli. 67-72 Non omo… bugiardi: parenti lombardi Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d’Anchise che venne di Troia, poi che ’l superbo Ilïón fu combusto. 75 Fui poeta e cantai di quel giusto figlio di Anchise che venne da Troia, dopo che la superba Ilio fu bruciata. 73-75 nella terza terzina di autopresentazione, Virgilio si presenta come il poeta che ha cantato le vicende di , cioè dell’eroe troiano Enea, che scappò dalla sua città – chiamata indifferentemente Troia o Ilio – quando questa venne bruciata. È a questo punto che i lettori del tempo riconoscevano nel personaggio comparso di fronte a Dante il poeta latino Virgilio, autore dell’ . 73-75 cantai… combusto: quel giusto figliuol d’Anchise Eneide Ma tu perché ritorni a tanta noia? perché non sali il dilettoso monte ch’è principio e cagion di tutta gioia?». 78 Ma tu perché ritorni verso tanta angoscia ( 76-78 tanta noia )? Perché non sali il monte che porta diletto che è l’origine ( principio ) e la causa ( cagion ) di ogni felicità ( tutta gioia )?». «Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume?», rispuos’io lui con vergognosa fronte. 81 «Allora ( 79-81 Or ) tu sei quel Virgilio e quella fonte che riversa ( spandi ) un fiume così ampio ( largo ) di eloquenza ( parlar )?», gli risposi io a capo chino ( con vergognosa fronte ). Gustave Doré, , illustrazione del canto I dell’ , dall’edizione Sonzogno del 1906. La lonza Inferno «O de li altri poeti onore e lume, vagliami ’l lungo studio e ’l grande amore che m’ha fatto cercar lo tuo volume. 84 «O tu che sei l’onore e la guida ( 82-84 lume ) degli altri poeti, mi valgano la tua benevolenza ( vagliam i ) l’assiduo studio e il grande amore che mi ha fatto leggere approfonditamente ( cercar ) la tua opera ( volume ). Dante continua a esaltare Virgilio chiamandolo “onore dei poeti”, cioè il più grande, colui che più di tutti è degno di ammirazione, e , ossia guida (in un gruppo di persone che si muovono al buio, chi porta il lume sta davanti per fare da guida). Per ottenerne l’aiuto, gli confida di aver letto e riletto la sua opera con grande dedizione ( ). 82-84 de li altri poeti… volume: lume lungo studio e grande amore Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore, tu se’ solo colui da cu’ io tolsi lo bello stilo che m’ha fatto onore. 87 Tu sei il mio maestro e il mio modello ( 85-87 autore ), tu solamente sei colui dal quale io trassi ( tols i ) il bello stile che mi ha procurato ammirazione ( fatto onore ). Vedi la bestia per cu’ io mi volsi; aiutami da lei, famoso saggio, ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi». 90 Vedi la bestia a causa della quale ( 88-90 per cu ’ ) io mi volsi; aiutami a difendermi da lei, famoso saggio, perché mi fa tremare le vene e i polsi». pagina 230 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Il canto introduttivo della si apre sulla del protagonista, che è al tempo stesso la voce narrante un’esperienza personale ( ) che tuttavia ha una valenza collettiva e universale, riguardando ogni uomo, ogni lettore ( ). Perdutosi in un bosco senza luce, intravede la via della salvezza scorgendo la luce del sole alle pendici di un colle ma il sopraggiungere di tre belve lo costringe a indietreggiare. A questo punto gli appare l’ombra di un essere umano: si tratta del grande poeta latino , che gli si presenta e lo avvertirà che l’ascesa al colle sarà possibile quando un veltro, un cane da caccia, ucciderà la lupa. Il cammino da percorrere intanto sarà un altro, ovvero attraverso i regni dell’oltretomba. Commedia condizione di smarrimento mi ritrovai nostra vita Virgilio Il racconto del viaggio Questa è la sintesi del racconto, se lo prendiamo “alla lettera”. Tuttavia la narrazione rimanda ad altri significati, ben più complessi. L’impianto allegorico è evidente sin dal riferimento alla selva , che simboleggia il luogo dell’errore e quindi del peccato ; il colle , al contrario, rappresenta la salvezza e la speranza: non a caso, è luminosa mentre la selva è buia. Le tre fiere, che si frappongono lungo il cammino di purificazione del viaggiatore, alludono a tre peccati che costantemente minacciano l’anima degli individui: la lonza , il felino guizzante che compare nei bestiari medievali, è l’ emblema della lussuria , il leone della superbia , la lupa dell’ avarizia . Il senso allegorico Il messaggio di Dante va collocato entro i parametri della cultura cristiana e medievale. L’essere umano, che può precipitare nel peccato senza nemmeno accorgersene ( Io non so ben ridir com’i’ v’intrai , v. 10), ha infatti la possibilità di scegliere tra il bene e il male , indirizzandosi verso l’alto o ripiombando nel fondo del peccato, grazie al libero arbitrio. L’apparizione di Virgilio è, da questo punto di vista, significativa: il grande poeta della classicità incarna la ragione , ovvero la virtù che distingue l’uomo dagli altri esseri viventi e che, donandogli dignità e libertà, lo affianca nel cammino sulla diritta via . La libertà dell’uomo pagina 231 Le scelte stilistiche Il canto è caratterizzato da due diversi approcci stilistici. La si adegua a una simbologia semplice e il lessico impiegato è costituito da e di uso quotidiano ( , , , , ). La solennità dell’evento narrato – il rischio della perdizione e l’inizio del duro viaggio verso la salvezza – è sottolineata da alcune figure retoriche, come le sequenze di aggettivi ( , , , v. 5), le figure etimologiche ( , v. 5, , v. 36), le sinestesie ( , v. 60, , v. 63). prima parte parole comuni selva oscura diritta via smarrita selvaggia aspra forte * selva selvaggia volte vòlto * là dove ’l sol tace chi per lungo silenzio parea fioco Quando invece prende la parola Virgilio, o quando Dante si rivolge a lui, il si fa ed . È uno dei principi della retorica (quello della ): l’adeguamento del linguaggio alle caratteristiche del personaggio. Compaiono qui figure retoriche più ricercate: chiasmi ( , v. 67), latinismi ( , v. 75, invece di “bruciato”; , v. 68, per “genitori”), formule latine vere e proprie ( , v. 70), metafore ( r, v. 80). linguaggio raffinato elegante convenientia * non omo, omo già fui * combusto parenti nacqui sub Iulo * il largo fiume del parla I due registri del canto , miniatura da un codice del XIV secolo. Rimini, Biblioteca municipale. Dante, Virgilio e le tre fiere VERSO LE COMPETENZE COMPRENDERE E ANALIZZARE Dove si perde il personaggio Dante all’inizio del racconto? Dove si dirige, in un primo momento, per cercare di salvarsi? 1 Lo smarrimento del poeta Che cosa significa l’espressione ? Che cosa si intende per ? 2 Il cammino e la via nel mezzo del cammin di nostra vita diritta via Quali sono i significati allegorici della selva oscura e del colle illuminato dal Sole? 3 L’allegoria Quali creature malvagie impediscono a Dante di camminare verso la salvezza? Qual è il significato allegorico di ciascuna di esse? 4 Le tre fiere INTERPRETARE Prova a descrivere l’oscillazione della condizione psicologica del protagonista tra il momento in cui si trova nella selva, quello in cui vede il colle illuminato dal Sole e comincia a salirvi, quello in cui viene minacciato dalle fiere e, infine, quello in cui incontra Virgilio. 5 Lo stato d’animo del pellegrino Scrivere per… Immagina di essere Virgilio e di riscrivere in una pagina di diario ciò che ha visto e fatto incontrando Dante. 6 Indossare i panni di un personaggio