T12 Il conte Ugolino , XXXIII, vv. 1-78 Inferno Nel nono e ultimo cerchio dell’Inferno, vicini al centro della Terra, si trovano i peccatori più spregevoli, i traditori. Immersi nelle acque ghiacciate dal gelo di un immenso lago, il Cocito, essi pagano la durezza del proprio cuore, insensibile ai vincoli della parentela, della patria, dell’ospitalità, di chi ha fatto loro del bene. Mentre procedono nel loro cammino, Dante e Virgilio vedono due dannati, confitti nel ghiaccio in una stessa buca, l’uno dei quali sta sopra l’altro mordendogli il capo e mangiandolo all’altezza della nuca. Il poeta chiede il motivo di tanto odio: inizia così l’incontro con il conte Ugolino, traditore del partito ghibellino di Pisa, che narra a Dante le ragioni per cui si accanisce con tanta bestialità sull’arcivescovo Ruggieri. L’abisso dell’odio PARAFRASI La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a’ capelli del capo ch’elli avea di retro guasto. 3 1-3 Quel peccatore sollevò la bocca dal pasto bestiale ( fiero ), pulendola ( forbendola ) sui ( a’ ) capelli della testa ( capo ) che aveva roso ( guasto ) sulla nuca ( di retro ). si tratta di Ugolino della Gherardesca, appartenente a una delle più importanti famiglie ghibelline toscane. Per tutelare gli interessi familiari in Sardegna, nel 1275 tramò contro i ghibellini e strinse un accordo con il capo dei guelfi pisani. La sua azione destò i sospetti dei ghibellini, soprattutto dopo la battaglia della Meloria nel 1284, in cui la flotta pisana fu distrutta da quella genovese: nelle trattative con i nemici, infatti, egli cedette alcuni castelli, apparendo agli occhi dei concittadini animato da interessi personali. Quando nel 1288 l’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini, nobile ghibellino, si impadronì del potere a Pisa, lo fece arrestare e incarcerare con due figli e due nipoti. Dopo alcuni mesi, i prigionieri furono lasciati morire di fame. 2 quel peccator: Poi cominciò: «Tu vuo’ ch’io rinovelli disperato dolor che ’l cor mi preme già pur pensando, pria ch’io ne favelli. 6 4-6 Poi cominciò: «Tu vuoi che io rinnovi ( rinovelli ) un disperato dolore che mi opprime ( preme ) il cuore al solo pensiero ( pur pensando ), prima che io ne parli ( favelli ). Ugolino risponde così a Dante che, nel canto precedente, gli aveva chiesto di raccontare la sua storia. Tu vuo’… preme: 4-5 Ma se le mie parole esser dien seme che frutti infamia al traditor ch’i’ rodo, parlare e lagrimar vedrai insieme. 9 7-9 Ma se le mie parole devono ( dien ) essere il seme che causa ( frutti ) infamia al traditore che io rodo, vedrai parlare e piangere ( lagrimar ) insieme. Io non so chi tu se’ né per che modo venuto se’ qua giù; ma fiorentino mi sembri veramente quand’io t’odo. 12 10-12 Io non so chi tu sei ( se’ ), né in ( per ) che modo sei giunto quaggiù; ma mi sembri proprio ( veramente ) fiorentino quando ti sento ( t’odo ) [parlare]. Tu dei saper ch’i’ fui conte Ugolino, e questi è l’arcivescovo Ruggieri: or ti dirò perché i son tal vicino. 15 Tu devi ( ) sapere che io fui il conte Ugolino, e questo è l’arcivescovo Ruggieri: ora ti dirò perché io sono un simile ( ) vicino. 13-15 dei tal un vicino a lui così ostile. tal vicino: 15 Che per l’effetto de’ suo’ mai pensieri, fidandomi di lui, io fossi preso e poscia morto, dir non è mestieri; 18 Non c’è bisogno ( ) di 16-18 non è mestieri dire che per effetto dei suoi piani ( ) pensieri malvagi ( ), fidandomi di lui, io fui mai imprigionato ( ) e poi ( ) fatto preso poscia morire ( ); morto Ugolino ritiene che Dante, essendo fiorentino, sia informato della sua morte, avvenuta nella vicina Pisa pochi anni prima. dir non è mestieri: 18 però quel che non puoi avere inteso, cioè come la morte mia fu cruda, udirai, e saprai s’e’ m’ha offeso. 21 perciò (però) quello che non puoi aver 19-21 saputo (inteso), cioè quanto (come) la mia morte fu crudele (cruda), udirai, e saprai se egli (e’) mi ha fatto del male (offeso). Breve pertugio dentro da la Muda, la qual per me ha ’l titol de la fame, udirai, e saprai s’e’ m’ha offeso. 24 22-24 Una stretta ( breve ) feritoia ( pertugio ) dentro la Muda, che in mia memoria ( per me ) si chiama ( ha ’l titol ) Torre della fame, e che dovrà ( conviene ) esser chiusa ( si chiuda ) ancora per altri ( altrui ), Muda era il nome di una torre appartenente prima al Comune, poi alla nobile famiglia dei Gualandi. Il nome derivava dal fatto che in origine vi si lasciavano le aquile del Comune a “mudare”, cioè a cambiare le penne. Dopo la morte di Ugolino venne ribattezzata Torre della Fame, e venne usata come prigione fino al 1318. Muda… de la fame: 22-23 m’avea mostrato per lo suo forame più lune già, quand’io feci ’l mal sonno che del futuro mi squarciò ’l velame. 27 25-27 mi aveva mostrato attraverso ( per ) la sua apertura ( forame ) già più lunazioni ( lune ), quando io feci il terribile ( mal ) sogno ( sonno ) che mi squarciò il velo ( velame ) del futuro. Ugolino può osservare i cicli lunari da una stretta feritoia e tenere così il conto del tempo trascorso; per questo sa che sono passati già diversi mesi ( ). un terribile sogno preannunciò a Ugolino la sua fine. m’avea mostrato… più lune: 25-26 più lune 26-27 mal sonno… velame: Questi pareva a me maestro e donno, cacciando il lupo e ’ lupicini al monte per che i Pisan veder Lucca non ponno. 30 28-30 Questi mi apparve come guida ( maestro ) e capocaccia ( donno ), mentre braccava ( cacciando ) il lupo e i cuccioli ( lupicini ) verso il ( al ) monte a causa del quale ( per che ) i pisani non possono ( ponno ) vedere Lucca. l’arcivescovo Ruggieri, che nel sogno prende le sembianze del capo di una battuta di caccia. il monte San Giuliano, detto anche monte Pisano. Trovandosi tra Pisa e Lucca, impedisce la visuale tra una città e l’altra. Questi: 28 29-30 monte… non ponno: Con cagne magre, studïose e conte Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi s’avea messi dinanzi da la fronte. 33 31-33 Aveva mandato ( s’avea messi ) davanti ( dinanzi da la fronte ) i Gualandi con i Sismondi e con i Lanfranchi, con cagne magre, bramose ( studïose ) e addestrate ( conte ). tre nobili famiglie ghibelline di Pisa, che Ruggieri convinse a partecipare al tradimento ai danni di Ugolino. Gualandi… Lanfranchi: 32 In picciol corso mi parieno stanchi lo padre e ’ figli, e con l’agute scane mi parea lor veder fender li fianchi. 36 34-36 Dopo un breve inseguimento ( picciol corso ) il padre e i figli mi parevano ( parieno ) stanchi, e mi pareva ( parea ) di veder trafiggere ( fender ) i loro fianchi con le acute ( agute ) zanne ( scane ). Quando fui desto innanzi la dimane, pianger senti’ fra ’l sonno i miei figliuoli ch’eran con meco, e dimandar del pane. 39 37-39 Quando fui sveglio ( desto ) prima del mattino ( innanzi la dimane ), sentii piangere nel sonno i miei figli, che erano con me, e chiedere ( dimandar ) del pane. si tratta in realtà di due figli (Gaddo e Uguccione) e due nipoti (Nino e Anselmuccio). Dante adatta la verità storica al suo racconto, accomunando tutti sotto il termine , e facendoli apparire più giovani di quel che erano in realtà. Dei quattro, infatti, solo Anselmuccio non era ancora adulto. i miei figliuoli: 38 figliuoli Ben se’ crudel, se tu già non ti duoli pensando ciò che ’l mio cor s’annunziava; e se non piangi, di che pianger suoli? 42 40-42 Sei ( se’ ) davvero ( ben ) crudele se già non ti addolori ( duoli ) pensando a quello che il mio cuore presagiva ( s’annunziava ); e se non piangi, di che cosa sei solito ( suoli ) piangere? Già eran desti, e l’ora s’appressava che ’l cibo ne solëa essere addotto, e per suo sogno ciascun dubitava; 45 43-45 Erano già svegli, e si avvicinava ( s’appressava ) l’ora in cui ( che ) il cibo era solito ( solëa ) esserci portato ( ne... addotto ), e a causa del suo sogno ciascuno temeva ( dubitava ); come Ugolino, anche i figli hanno avuto un sogno premonitore, a causa del quale temono di essere lasciati senza cibo. per suo sogno… dubitava: 45 e io senti’ chiavar l’uscio di sotto a l’orribile torre; ond’io guardai nel viso a’ mie’ figliuoi sanza far motto. 48 46-48 e io sentii inchiodare ( chiavar ) l’ingresso ( uscio ) di sotto dell’orribile torre; per cui ( ond’ ) io guardai nel viso i miei figli senza dir parola ( far motto ). Io non piangëa, sì dentro impetrai: piangevan elli; e Anselmuccio mio disse: “Tu guardi sì, padre! che hai?”. 51 49-51 Io non piangevo, a tal punto ( sì ) dentro ero diventato di pietra ( impetrai ): piangevano essi ( elli ); e il mio Anselmuccio disse: “Tu ci guardi così ( sì ), padre! Che hai?”. Perciò non lagrimai né rispuos’io tutto quel giorno né la notte appresso, infin che l’altro sol nel mondo uscìo. 54 52-54 Perciò io non lacrimai né risposi per tutto quel giorno né per la notte successiva ( appresso ), finché ( infin che ) nel mondo sorse ( uscìo ) un nuovo Sole ( altro sol ). Come un poco di raggio si fu messo nel doloroso carcere, e io scorsi per quattro visi il mio aspetto stesso, 57 55-57 Non appena ( Come ) un debole ( un poco di ) raggio entrò ( si fu messo ) nel doloroso carcere, e io vidi in quattro volti ( visi ) il mio stesso aspetto, Ugolino vede il suo aspetto emaciato riflesso nei volti scavati dei figli, digiuni da giorni. 57 quattro visi… stesso: ambo le man per lo dolor mi morsi; ed ei, pensando ch’io ’l fessi per voglia di manicar, di sùbito levorsi 60 58-60 per il dolore mi morsi entrambe ( ambo ) le mani; ed essi ( ei ), pensando ch’io lo facessi ( ’l fessi ) per la voglia di mangiare ( manicar ), subito si alzarono ( levorsi ) e disser: “Padre, assai ci fia men doglia se tu mangi di noi: tu ne vestisti queste misere carni, e tu le spoglia”. 63 61-63 e dissero: “Padre, ci sarà ( ci fia ) assai meno doloroso ( doglia ) se tu mangi noi ( di noi ): tu ci hai dato ( ne vestisti ) queste misere carni, e tu spogliacene”. Il conte Ugolino e i suoi figli in una cromolitografia del 1918 di Egisto Sborgi Editore. Queta’mi allor per non farli più tristi; lo dì e l’altro stemmo tutti muti; ahi dura terra, perché non t’apristi? 66 64-66 Allora mi calmai ( Queta’mi ) per non renderli ( farli ) più tristi; quel giorno ( lo dì ) e il successivo ( l’altro ) stemmo tutti zitti ( muti ); ahi terra spietata ( dura ), perché non ti apristi [sotto di noi]? Poscia che fummo al quarto dì venuti, Gaddo mi si gittò disteso a’ piedi, dicendo: “Padre mio, ché non m’aiuti?”. 69 67-69 Dopo che ( Poscia ) arrivammo ( fummo... venuti ) al quarto giorno ( dì ), Gaddo mi si gettò ( gittò ) disteso ai piedi, dicendo: “Padre mio, perché ( ché ) non mi aiuti?”. Quivi morì; e come tu mi vedi, vid’io cascar li tre ad uno ad uno tra ’l quinto dì e ’l sesto; ond’io mi diedi, 72 70-72 A quel punto ( Quivi ) morì; e come tu vedi me, io vidi cader gli altri tre a uno a uno, tra il quinto giorno ( dì ) e il sesto; per cui ( ond’ ) io mi misi ( diedi ), già cieco, a brancolar sovra ciascuno, e due dì li chiamai, poi che fur morti. Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno». 75 73-75 già cieco, a brancolare sopra ciascuno, e per due giorni ( dì ) li chiamai dopo che furono ( fur ) morti. Poi, la fame ( digiuno ) poté più del dolore». l’interpretazione di questo verso ha suscitato molte discussioni. Ugolino, accecato dalla fame, continua disperatamente a chiamare i figli ormai morti; poi, la fame diventa più forte del dolore. Secondo l’interpretazione tradizionale, questo significa che Ugolino non ha più la forza di chiamare i figli e, infine, muore lui stesso d’inedia. Secondo altri, invece, allude a un episodio di cannibalismo (o tecnofagia, l’atto di mangiare i propri figli): la fame avrebbe preso il sopravvento sull’affetto paterno nel senso che Ugolino avrebbe mangiato la carne dei suoi figli. Questa tesi troverebbe conferma nell’atto stesso in cui è intento Ugolino prima e dopo il racconto – cioè rodere il cranio dell’arcivescovo Ruggieri –, nei numerosi riferimenti al cibo disseminati in tutto l’episodio, nell’offerta delle proprie carni fatta dai figli a Ugolino (vv. 62-63). All’eventuale cannibalismo, comunque, si allude solo implicitamente, e a causa di questa reticenza il verso rimane ambiguo. 75 Poscia… poté il digiuno: Quand’ebbe detto ciò, con li occhi torti riprese ’l teschio misero co’ denti, che furo a l’osso, come d’un can, forti. 78 76-78 Quando ebbe detto ciò, con gli occhi biechi ( torti ) riprese il miserabile ( misero ) teschio con i denti, che furono ( furo ) sull’osso ( a l’osso ) forti come quelli di un cane. pagina 245 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Il tema centrale di quest’episodio è il . Un tema complesso, dunque, non facile da sviluppare, proprio perché contrappone due sentimenti difficili da conciliare. Eppure il tragico caso del conte Ugolino permette questa compresenza di stati d’animo, in quanto è lui stesso insieme . rapporto tra la compassione per il dolore di un uomo e la comprensione della gravità dei suoi peccati carnefice e vittima Colpa e compassione Nel suo racconto, il conte Ugolino mostra il proprio lato più nobile: avverte Dante che per rievocare la sua storia dovrà rinnovare un disperato dolor (v. 5), e che parlerà piangendo, proprio come Francesca da Rimini, nel canto V. Al tempo stesso, però, Dante lo dipinge come un essere animalesco, come un cane dalla bocca sudicia che rode in eterno il cranio del suo nemico, l’arcivescovo Ruggieri, in un pasto orripilante. L’uomo che racconta la propria tragedia e la sorte dei suoi figli uccisi dalla fame desta umana pietà, così come non può che straziare il lettore il racconto della prigionia, del sogno premonitore, degli sguardi, dei pianti e dei silenzi impotenti delle povere creature incarcerate con lui. La belva sanguinaria che addenta le carni di un altro uomo e la sua ferocia bestiale non possono, d’altra parte, che suscitare orrore. Un’ che la chiusa dell’episodio accentua in modo sinistro: (v. 75), dice Ugolino, con , alimentando nel lettore il drammatico sospetto di un padre che, vinto dalla fame, arriva al punto di cibarsi del cadavere dei figli. ambiguità di sentimenti Poscia, più che ‘l dolor, poté il digiuno allusiva reticenza La tragedia di un padre pagina 246 Come possono conciliarsi dunque la compassione e l’orrore che questa grande e sinistra figura suscita? La risposta sta nella collocazione stessa di Ugolino in questa zona del nono cerchio. Egli era stato considerato un traditore della patria e della sua parte perché, pur essendo ghibellino, aveva stretto accordi con i guelfi per interesse personale, e perché dopo la battaglia della Meloria (1284), incaricato di difendere gli interessi di Pisa, aveva condotto trattative opache con i nemici genovesi. Non sappiamo per certo quale sua azione suggerisca a Dante di condannarlo; sappiamo invece che Ugolino fu al centro di una vita politica fatta di odi, inganni e tradimenti : di questo degrado e dalla barbarie delle lotte civili egli diventa il simbolo. La barbarie delle lotte civili Le scelte stilistiche La strategia retorica messa in atto da Dante in questi versi si pone l’obiettivo di colpire il lettore, suscitandogli al tempo stesso orrore e pietà. La natura spaventosa della scena con cui si apre il canto è enfatizzata dalla voce di Dante-autore con l’anticipazione del sostantivo , proprio in apertura (v. 1), a richiamare subito l’attenzione sull’atto cannibalesco compiuto da Ugolino. Il discorso del protagonista è caratterizzato invece da , come si vede dalla presenza delle interrogative retoriche e dei diminutivi dal valore affettivo ( , v. 38; , v. 48; , v. 50). bocca toni patetici e drammatici figliuoli figliuoi Anselmuccio mio Orrore e pietà VERSO LE COMPETENZE COMPRENDERE E ANALIZZARE A quale morte è andato incontro Ugolino a causa dell’arcivescovo Ruggieri? Chi altri è morto insieme a lui nella Torre della Muda? 1 Una tragica fine Quali elementi rendono premonitore il sogno fatto da Ugolino? 2 Il sogno e la realtà A un certo punto, per il dolore, Ugolino si morde le mani. Quale interpretazione viene data al gesto da parte dei figli? 3 Un atto equivocato Quale azione compie Ugolino dopo aver terminato il suo discorso? 4 Dopo le parole Il verso 9 ( ) contiene una figura retorica. Quale? 5 Una figura retorica parlare e lagrimar vedrai insieme Chiasmo. a Zèugma. b Litote. c Ossimoro. d INTERPRETARE In base all’interpretazione che si dà al verso 75 ( ) cambia l’epilogo della vicenda di Ugolino. In che cosa consiste l’ambiguità di questo verso? Quali argomenti possono essere addotti a sostegno della tesi della tecnofagia? 6 Un verso ambiguo Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno Scrivere per… I poveri figli di Ugolino scontano la colpa del padre. È una costante della civiltà umana: ingiusta ma puntuale. Ma fino a che punto, a tuo giudizio, si può comprendere che le responsabilità dei genitori ricadano su degli innocenti? Ragiona su questo argomento in un testo di circa 30 righe. 7 Esprimere la propria opinione