T18 La descrizione dell’Empireo , XXX, 38-69 Paradiso Con il canto XXX del   ci troviamo nell’Empireo, il cielo di pura luce che è immagine di Dio e dell’infinita felicità delle anime beate. Dante è circondato all’improvviso da un vivissimo fulgore che lo abbaglia: è il saluto di Dio, che precede la sua visione. Paradiso Nel passo che riportiamo il poeta scorge un fiume di luce dal quale escono scintille che si posano sui fiori e poi tornano nello straordinario gorgo luminoso. Tale spettacolo – a cui Dante può assistere in virtù di una particolare grazia divina, l’accrescimento delle normali facoltà sensibili (se i suoi sensi fossero quelli normali una simile visione lo accecherebbe o addirittura lo annienterebbe) – cela una realtà più profonda, che il poeta non può ancora vedere in forma svelata: in seguito la fiumana luminosa si muterà in un cerchio, mentre i fiori e le faville si riveleranno essere beati e angeli. Lo stile si innalza qui al massimo livello: lo splendore della visione viene reso attraverso lo splendore della forma. La parola poetica è utilizzata al grado estremo della sua capacità semantica, poiché si tratta di descrivere una realtà ai limiti dell’indicibile. L’ineffabile visione della gloria dei beati PARAFRASI Ricominciò: «Noi siamo usciti fore del maggior corpo al ciel ch’è pura luce: 39    38-39  Ricominciò: «Noi siamo passati dal Primo Mobile ( maggior corpo ) all’Empireo ( al ciel ch’è pura luce ):  il soggetto è Beatrice, che accompagna Dante nell’ultima parte del suo viaggio oltremondano.    sebbene formato da una materia nobile (la cosiddetta “quinta essenza”), il Primo Mobile è un corpo, un cielo corporale, mentre l’Empireo non è materiale, essendo fuori dallo spazio e dal tempo. 38 Ricominciò: 39 del maggior corpo… luce: luce intellettüal, piena d’amore; amor di vero ben, pien di letizia;     letizia che trascende ogne dolzore. 42 40-42  una luce spirituale, piena d’amore; amore di Dio ( vero ben ), fonte di beatitudine ( pien di letizia ); una beatitudine che supera ogni dolcezza ( dolzore ) immaginabile.    il massimo bene è Dio, in quanto fonte di ogni bontà. 41 vero ben: Qui vederai l’una e l’altra milizia di paradiso, e l’una in quelli aspetti     che tu vedrai a l’ultima giustizia». 45 43-4 5  Qui vedrai entrambi gli eserciti ( l’una e l’altra milizia ) del Paradiso, e uno di essi con quelle sembianze ( in quelli aspetti ) che vedrai dopo il giudizio universale ( a l’ultima giustizia )».    i beati, che trionfano in Cielo dopo aver militato sulla Terra contro il peccato, e gli angeli, che militano adempiendo il volere di Dio.    è la milizia dei beati.    dopo il giudizio universale le anime riassumeranno i loro corpi; qui a Dante è concesso il privilegio di vedere, in anticipo, i beati in anima e corpo, cioè nella loro perfezione. 43 l’una e l’altra milizia: 44 l’una: 44-45 in quelli aspetti… a l’ultima giustizia: Come sùbito lampo che discetti li spiriti visivi, sì che priva     da l’atto l’occhio di più forti obietti, 48 46-48  Come un lampo improvviso ( sùbito ) che annienti ( discetti ) le facoltà visive, così da impedire all’occhio di subire lo stimolo ( da l’atto ) di luci ancora più vive ( più forti obietti ), così mi circunfulse luce viva, e lasciommi fasciato di tal velo     del suo fulgor, che nulla m’appariva. 51 49-51  allo stesso modo ( così ) mi circondò una luce viva, e mi lasciò avvolto ( fasciato ) dall’alone così intenso del suo splendore ( tal velo ), che non riuscivo a vedere nulla ( nulla m’appariva ).    vale a dire altrettanto improvvisamente.    l’effetto di quel fulgore è la sensazione, da parte del poeta, di essere come avvolto da un alone ( ) di luce. 49 così: 50 fasciato: velo «Sempre l’amor che queta questo cielo accoglie in sé con sì fatta salute,     per far disposto a sua fiamma il candelo». 54 52-54  «Perennemente l’amore che appaga ( queta ) questo cielo riceve in sé con simile saluto ( sì fatta salute ), per preparare la candela ad accogliere la propria fiamma».    perifrasi per indicare Dio, il quale, come viene detto subito dopo, riceve in sé le anime che giungono presso di lui dal mondo sensibile.    cioè per rendere le anime salite all’Empireo capaci di sopportare l’enorme luminosità dell’imminente visione di Dio. 52 l’amor... cielo: 54 per far disposto… il candelo: Non fur più tosto dentro a me venute queste parole brievi, ch’io compresi     me sormontar di sopr’a mia virtute; 57 55-57  Non avevo ancora accolto nell’animo queste poche ( brievi ) parole, che compresi che ero salito oltre la naturale capacità;    Dante si accorge cioè che sta acquistando una potenza visiva superiore a quella normale. 57 me sormontar di sopr’a mia virtute: e di novella vista mi raccesi tale, che nulla luce è tanto mera,     che li occhi miei non si fosser difesi; 60 58-60  e acquisii una nuova capacità visiva ( di novella vista mi raccesi ) tale che non esiste alcuna luce tanto pura ( mera ) che i miei occhi non sarebbero stati in grado di sostenerla; e vidi lume in forma di rivera fulvido di fulgore, intra due rive     dipinte di mirabil primavera. 63 61-63  e vidi una luce in forma di fiume ( rivera ) dorato per lo splendore ( fulvido di fulgore ), tra due sponde colorate da una straordinaria fioritura ( mirabil primavera ).    l’idea di questo fiume di luce che scorre da Dio attraverso l’Empireo venne forse a Dante da alcuni passi biblici. Per esempio in Daniele, 7,10 leggiamo, in riferimento al “vegliardo” della prima delle sue tre visioni, di “un vorticoso fiume di fuoco” che “usciva dal suo aspetto” ( ), che gli esegeti leggono come figura dell’“acqua viva” di cui Cristo parla alla Samaritana in Giovanni, 4,10 e che indica la Verità comunicata ai credenti. Va ricordato anche il   («un fiume di acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio») di Apocalisse, 22,1.   : fulvo, dorato (latinismo, da  ).    fioritura primaverile. 61 di rivera: fluvius igneus rapidusque egrediebatur a facie eius fluvium aquae vivae, splendidum tamquam cristallum, procedentem de sede Dei 62 fulvido fulvus 63 primavera: Di tal fiumana uscian vive, ▶ faville e d’ogne parte si mettìen ne’ fiori,     quasi rubin che oro circunscrive; 66 poi, come inebrïate da li odori, riprofondavan sé nel miro gurge;     e s’una intrava, un’altra n’uscia fori. 69 67-69  poi, come inebriate dai profumi, si rituffavano nel meraviglioso vortice luminoso ( miro   gurge ) del fiume; e mentre una vi entrava, un’altra ne usciva. TRECCANI ▶ Le parole valgono Ciascuno di noi sogna di «fare »: il calciatore che realizza una tripletta, il cantante che offre un’esibizione memorabile, lo studente che supera a pieni voti l’interrogazione di matematica. In questi casi le simboleggiano le prove di una certa virtù, prove luminosissime visto che questo vocabolo designa il frammento minuto di materia incandescente che si leva dal fuoco. faville faville faville ➔ Dal verbo deriva il participio presente . Scrivi una frase di senso compiuto con questo participio in funzione di aggettivo. sfavillare sfavillante «In questa luce scorrente a mo’ di fiume, l’autore mostra per insegna la grazia divina. Come infatti l’acqua del fiume discende da monte a valle, così la divina grazia discende e fluisce da Dio alla mente degli uomini. Nelle due ripe raffigura i due cori dei beati del vecchio e del nuovo Testamento, che l’acqua di quel fiume irriga. I fiori sono i santi e beati stessi che fioriscono all’amore di quell’acqua. Le faville volanti sono gli angeli ardenti, che amministrano e portano loro quella grazia» (Benvenuto). 64-69 Di tal fiumana… n’uscia fori: Hieronymus Bosch,   (particolare dell’ ), 1505-1515. Venezia, Gallerie dell’Accademia. Visioni dell’Aldilà Ascesa all’Empireo  pagina 267  DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Dante e Beatrice passano dal Primo Mobile all’Empireo, il cielo immateriale di pura luce che è sede di Dio ed è quindi fuori dal tempo e dallo spazio. La del v. 40 è la ; l’anima che vi penetra è investita dalla grazia illuminante. Beatrice spiega al poe­ta che quella grande luce è il modo consueto con cui l’Empireo accoglie coloro che vi entrano, per prepararli alle visioni che li attendono. Dante vede così un fiume di luce che sembra scorrere tra due rive fiorite; ne è abbagliato, ma riesce comunque a scorgere miriadi di scintille che prima si posano sui fiori delle rive e poi ritornano nel fiume. luce intellettüal, piena d’amore luce di Dio, motore e ordinatore dell’universo Lo splendore del fiume di luce Le scelte stilistiche Il tono del brano è e lo stile si innalza fino a raggiungere . Il poeta, trovandosi a dover descrivere l’indescrivibile e l’ (cioè l’indicibile, quali sono le realtà ultime del Paradiso), decide di utilizzare tutti gli strumenti che l’arte retorica gli mette a disposizione. Numerose sono le figure retoriche: si notino ai vv. 39-42 l’anadiplosi (cioè la ripresa, all’inizio di ogni verso, del termine finale del verso precedente: / ; / ; / ), ai vv. 52-54 la metafora della candela (l’anima è come una fiamma che accostandosi a Dio, fonte della luce, trae da lui la forza per ardere più vivamente al suo cospetto) e al v. 62 l’allitterazione . Al v. 42 per “dolcezza” è voce dotta, ricorrente nella poesia provenzale, e al v. 61 è un gallicismo (si vedano il francese e il provenzale ). solenne il massimo delle possibilità espressive ineffabile * luce luce amore amor letizia letizia * * fulvido di fulgore dolzore rivera rivière ribiera Il sublime paradisiaco William Blake,  , 1824-1827. Londra, Tate Gallery. Dante nell’Empireo si abbevera al fiume di luce VERSO LE COMPETENZE COMPRENDERE E ANALIZZARE La vista di Dante viene investita da un’ondata di luce. Per quale motivo? 1 Il fiume di luce Spiega la visione che si presenta agli occhi di Dante ai vv. 61-69. 2 La visione Individua nel brano i termini riconducibili all’area semantica dell’amore e della dolcezza. 3 I Campi semantici INTERPRETARE Nella metafora presente ai vv. 52-54, che cosa rappresenta la candela? Perché il poeta sceglie questo oggetto? 4 La metafora