/ La rievocazione dell amore come errore / Audio LETTURA Nel sonetto introduttivo del Canzoniere, l autore deplora l amore giovanile per Laura, sebbene la donna non sia nominata esplicitamente. Il tema centrale del testo è la passione amorosa del poeta, la cui rievocazione è tutta focalizzata sull io di colui che ama, e non sull oggetto amato, come invece avviene nella poesia stilnovista. Petrarca traccia un bilancio della propria vita, invitando i lettori a essere comprensivi con le sue debolezze. La data di composizione del sonetto è incerta: secondo alcuni studiosi risale al 1347 (quando Laura è ancora in vita), secondo altri è successiva al 1348 (anno della sua morte). METRO Sonetto con schema di rime ABBA ABBA CDE CDE. 1-4 O voi che, nelle mie poesie sparse, ascolterete la voce dei sospiri dei quali (ond io) nutrivo il mio cuore ai tempi del mio primo errore giovanile, quando ero, in parte, una persona diversa da quella che sono ora: 8 del vario stile in ch io piango et ragiono, fra le vane speranze e l van dolore, ove sia chi per prova intenda amore, spero trovar pietà, nonché perdono. 5-8 spero di trovare pietà e insieme perdono per lo stile diseguale nel quale mi esprimo tra le lacrime, tra vane speranze e vano dolore, dove ci sia un lettore capace di comprendere l amore per esperienza diretta (chi per prova intenda amore). 11 Ma ben veggio or sì come al popol tutto favola fui gran tempo, onde sovente di me medesmo meco mi vergogno; 9-11 Ma ora comprendo chiaramente (ben veggio) come per tutta la gente ho costituito per molto tempo un motivo di pettegolezzo (favola); e per questo spesso, pensandoci tra me e me, mi vergogno di me stesso; 14 e del mio vaneggiar vergogna è l frutto, e l pentérsi, e l conoscer chiaramente che quanto piace al mondo è breve sogno. 12-14 e risultato del mio vaneggiamento sono la vergogna, e il pentimento, e il comprendere chiaramente che le passioni mondane rappresentano un effimera illusione (breve sogno). 1 Voi: l iniziale apostrofe ai lettori, segui- ta da una fitta serie di subordinate, rimane quasi sospesa. Il verbo principale (spero, v. 8) non è alla seconda persona plurale (come il Voi, che in realtà è un complemento vocativo e non il soggetto, come all inizio sembrerebbe), ma alla prima persona singolare: un apparente anacoluto, che coincide con un primo indizio di incertezza e smarrimento morale. rime sparse: il sintagma richiama il titolo latino del Canzoniere: Rerum vulgarium fragmenta. 2 sospiri: sospiri d amore. 3 errore: sviamento, cioè allontanamento dalla retta via, dalla via del bene. Il giovenile errore è dunque la passione del poeta per Laura. 4 in parte: è una limitazione significativa, la contrapposizione tra passato e presente non è assoluta e l identità personale mantiene una propria continuità pur nel variare delle esperienze della vita. 5 del vario stile: è di questa discontinuità stilistica, più che del giovenile errore, che Petrarca chiede perdono ai suoi lettori. piango: sono lacrime di pentimento per aver dedicato troppe energie emotive e intellettuali a un amore terreno; piango et ragiono è un endiadi, che con speranze e dolore del verso successivo costituisce un chiasmo, efficace per esprimere l oscillazione psicologica del poeta. 6 speranze: di serenità, di libertà interiore dalla passione peccaminosa. van dolore: la sofferenza amorosa. 7 per prova: viene dallo Stilnovo l idea che la poesia amorosa possa essere compresa soltanto dalle persone «gentili , cioè nobili d animo, e dunque naturalmente disposte all amore (cfr. la canzone-manifesto di Guido Guinizzelli, Al cor gentil rempaira sempre amore, T7, p. 126). 9 sì: sono possibili due interpretazioni della locuzione. Il sì potrebbe essere legato semanticamente a or (or sì: adesso sì ) oppure a come (sì come: così come ). PARAFRASI 4 Voi ch ascoltate in rime sparse il suono di quei sospiri ond io nudriva l core in sul mio primo giovenile errore quand era in parte altr uom da quel ch i sono: 10 favola fui gran tempo: «fui lungamente soggetto di vane chiacchiere e di derisione (Ponte). Qui il poeta riprende l espressione fabula quanta fui! ( che grande favola sono stato! ) di Orazio (Epodi, 11, 8), già riecheggiata da Ovidio (Amori, III, 1, 21). X Le parole valgono favola La parola favola (come anche la parola fiaba) viene dal verbo latino fari, cioè parlare . Si narravano (e si narrano ancora) oralmente infatti le storie popolate di animali con cui si trasmettono consigli di saggezza pratica o un insegnamento morale. £ Ma oggi, quando usiamo il termine favola, non ci riferiamo soltanto al genere letterario di Esopo e di Fedro. Indica il significato di favola in queste frasi: «Smetti di spacciarmi favole ; «Sono diventato la favola del paese ; «Devo studiare la favola dell Odissea . L AUTORE / FRANCESCO PETRARCA / 325
T4 - IL TESTO SIMBOLO - Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono