Giovanni Boccaccio L’OPERA Decameron Il – scritto fra il 1349 e il 1353 – può essere considerato . La centralità di quest’opera nel nostro panorama letterario (non solo trecentesco) è legata a numerosi fattori: innanzitutto alla struttura narrativa, costruita a cornici concentriche, che consente all’autore di sperimentare i vari livelli del racconto; poi alle modalità narrative, al linguaggio usato e al fatto di essere il primo esempio di narrativa fine a sé stessa, cioè priva di finalità edificanti, in volgare trecentesco; infine, ai contenuti e alle tematiche, che traghettano il lettore . Decameron la “culla” della narrazione in italiano dalle rive del Medioevo alle sponde di un’epoca nuova Le che lo costituiscono sono portatrici di una visione del mondo che esalta i valori di una società ordinata in base a precisi criteri etici, ma anche libera da pregiudizi moralistici, capace di apprezzare le qualità individuali dell’intelligenza e dell’intraprendenza e in grado di rispettare le inclinazioni naturali, in primo luogo l’amore. cento novelle Su questo sfondo ideale, Boccaccio concepisce il libro delle sue novelle, dove il comico e il serio, e persino il tragico, si offrono come altrettante manifestazioni di una realtà osservata con il distacco di uno spettatore divertito. La materia è organizzata – andando dalla prima all’ultima novella – dei sentimenti quotidiani dei valori più nobili, quando si celebrano le grandi virtù della magnificenza e della liberalità, tanto che alcuni studiosi hanno visto in ciò una ripresa del modello della dantesca. dal basso al sublime Commedia Il divertimento dell’autore (e del lettore), però, si affida, un po’ dappertutto, alla : esempi di cinismo, casi umani dominati dalla fortuna o guidati dalla volontà e tenacia dei singoli; e poi, risposte pronte, beffe ai danni di poveri malcapitati, imbrogli, amori infelici o a lieto fine. molteplicità delle situazioni rappresentate Video – Il di Giovanni Boccaccio Decameron FISSO I CONCETTI Il è: Decameron la “culla” della narrazione in lingua italiana; un ponte tra il Medioevo e una nuova epoca; una rappresentazione della varietà del mondo. Il titolo, la struttura e gli intenti dell’autore In base a un’etimologia greca, il titolo (oggi è invalso l’uso di pronunciarlo , mentre in passato si diceva per lo più , proprio in omaggio all’accentazione etimologica) significa “ ”. Esso indica la durata del primo dei piani narrativi: le dieci giornate durante le quali giovani , tutti di condizione sociale elevata, , decidono di trascorrere il tempo dell’“esilio” tra banchetti e feste, dedicandosi, inoltre, all’attività del narrare. I “dieci giorni”, lo spunto storico e la narrazione delle novelle Decameron Decàmeron Decameròn dieci giorni dieci narratori rifugiatisi in una villa fuori città per scampare all’infuriare della peste a Firenze nel 1348 Si tratta di : Pampinea, Filomena, Elissa, Neifile, Emilia, Lauretta e Fiammetta; e : Panfilo, Filostrato e Dioneo. Essi passano insieme, in realtà, , da un mercoledì al martedì di due settimane dopo, perché il venerdì e il sabato l’attività narrativa è sospesa per il riposo e la preghiera. Così vengono raccontate dieci novelle ogni giorno per dieci giorni, per un totale di cento. sette donne tre uomini quattordici giorni Le sette ragazze e i tre ragazzi raccontano una novella ciascuno, sotto il «reggimento» di che , con le eccezioni della e della , entrambe a . Al solo Dioneo – tra i novellatori quello più “anarchico” e fuori dagli schemi – è consentito di trattare gli argomenti che preferisce (è il « »). quotidianamente un narratore diverso decide il tema della giornata Prima Nona tema libero privilegio di Dioneo pagina 368 L’opera nel suo complesso comincia con un breve (contenente una dedica alle donne innamorate) e si chiude con una . Ogni (così si chiamano i dieci raggruppamenti ciascuno di dieci novelle) è aperta da una e terminata da una (che contiene sempre una ballata). Particolarmente importanti e più estese sono l’ – che descrive l’epidemia di peste e racconta la decisione della «onesta» e «lieta brigata» di isolarsi dal contesto cittadino e che quindi è, di fatto, un’introduzione a tutta l’opera – e l’ , che presenta un’autodifesa dell’autore da alcune critiche che gli erano state mosse sulla licenziosità delle novelle che erano già circolate. Ogni novella è preceduta inoltre da una , cioè una sorta di titolo o sommario che ne sintetizza in poche righe il contenuto. La struttura Proemio Conclusione dell’autore giornata Introduzione Conclusione Introduzione alla Prima giornata I ntroduzione alla Quarta giornata rubrica Il e la rappresentano dunque il contesto all’interno del quale viene collocata la , cioè la narrazione relativa alle azioni dei dieci giovani narratori delle cento novelle, contenuta nelle introduzioni, nelle conclusioni e anche negli spazi iniziali e finali delle singole novelle. Nelle introduzioni e nelle conclusioni delle giornate – oltre che nel – Boccaccio parla in prima persona come (cioè esterno alla narrazione, che domina dall’alto in ogni suo aspetto), mentre nel resto del , vale a dire nelle novelle, cede la parola ai personaggi-narratori. La cornice Proemio Conclusione dell’autore cornice narrativa Proemio narratore eterodiegetico onnisciente Decameron Nel è contenuta la dell’opera : queste ultime appaiono a Boccaccio bisognose di conforto, giacché vivono in una perenne condizione di repressione («ristrette da’ voleri, da’ piaceri, da’ comandamenti de’ padri, delle madri, de’ fratelli e de’ mariti»); l’autore, che ricorda di avere sperimentato in prima persona la sofferenza d’amore, provando «compassione» verso le donne, dedica loro le cento novelle come un’occasione di svago e di consolazione. Il e la dedica alle donne Proemio Proemio dedica alle donne innamorate Boccaccio afferma di volere così correggere «il peccato della fortuna», che ha posto le donne in una situazione di sottomissione alla volontà della controparte maschile, offrendo loro, con il suo libro, un piacevole passatempo. Poiché nel Medioevo le donne erano considerate persone prive di cultura, dedicare a loro la propria opera significava catalogarla come appartenente a un : in questo senso si tratterebbe di una sorta di dichiarazione di modestia da parte dell’autore. Tuttavia sembra che sia anche presente, in Boccaccio, l’intenzione di individuare un , un pubblico che legge per piacere e divertimento. genere minore nuovo pubblico FISSO I CONCETTI Con la dedica alle donne innamorate, Boccaccio: sottolinea la propria concezione di letteratura come intrattenimento; individua un nuovo pubblico che legge per diletto. Infatti, sempre nel , si afferma – seppure indirettamente, ma in modo molto chiaro – un concetto nuovo, cioè la (l’autore parla di «diletto») della narrazione: una concezione della letteratura assai lontana dalle finalità moralistiche della narrativa medievale, basata sugli , cioè su situazioni esemplari da cui trarre insegnamenti morali o religiosi utili per la vita. La poetica del diletto Proemio concezione edonistica exempla Abbiamo detto che la narrazione si svolge, nelle intenzioni dell’autore, a consolazione delle donne innamorate. “Consolazione” in latino si dice , la stessa parola da cui in italiano deriva “sollazzo”, cioè “piacere”: perché, prima ancora che le vicende, varie e multiformi, narrate nelle novelle, fulcro dell’opera è proprio questo , cioè il piacere vicendevole del raccontare e del farsi raccontare delle storie. solacium piacere del racconto pagina 369 Nel Boccaccio presenta il come un’opera intesa quale aiuto per vincere la malinconia. Non a caso, subito dopo il , nell’ alla Prima giornata l’opera continua (o, se vogliamo, si apre) con la descrizione della terribile peste che imperversò a Firenze nel 1348, un insieme , cioè allusivo in generale alla fragilità della condizione umana e ai diritti – potremmo dire – della vita sulla morte. La peste Proemio Decameron Proemio Introduzione episodio reale e simbolico Firenze è il luogo di una e, metaforicamente, , perché l’epidemia, con i suoi molteplici effetti negativi, ha determinato nelle persone, accanto alla consunzione fisica, una profonda , minando le basi comuni del vivere civile. peste fisiologica etica e sociale corruzione morale In contrapposizione alla pestilenza (e alla penitenza) che pervade la Firenze del 1348, il raccontare determina un piacere che è, insieme, . Ciò è evidente già a partire dal luogo del racconto, il giardino, in cui si svolge il «novellare», un luogo circoscritto e separato rispetto alla città pervasa dalla malattia e dalla corruzione. Il giardino diletto e consolazione locus amoenus Inoltre, come ha ben evidenziato lo studioso Mirko Bevilacqua, il giardino come assurge a simbolo del prestigio sociale della vecchia aristocrazia e della nuova borghesia fiorentina (in quanto i loro membri sono possessori di ville nel contado); come è quello in cui si realizzano la produzione, il consumo e la ricezione dell’opera letteraria (le novelle), mentre la brigata dei narratori svolge, a sua volta, il doppio ruolo di produttrice e fruitrice dell’opera. Il giardino non è solo il luogo deputato – per lunga e tradizionale convenzione letteraria – dove i giovani ragionano d’amore; è anche e soprattutto il , simbolo della perfezione di , metafora di un ritrovato . La chiusura garantita dal muro esterno, i roseti che proteggono dai raggi del sole, la fontana che provvede all’irrigazione delle piante, l’abbondanza di animali e il profumo inebriante: nel giardino-paradiso si è . Dentro questo spazio, il «novellare» costituisce un’attività di civile conversazione: la parola e l’ambiente da cui essa nasce e viene accolta sono gli unici mezzi per rifondare, mentalmente e razionalmente, un mondo distrutto dall’apocalisse della peste. luogo reale luogo immaginario locus amoenus un Eden sottratto alla corruzione e al degrado equilibrio tra uomo e natura al riparo dal potere della Morte pagina 370 L’organizzazione delle giornate Cornice della narrazione «Reggitori» delle giornate Temi Struttura delle novelle e dedica alle donne innamorate Proemio Prima giornata 10 novelle Pampinea Tema libero Rubrica (titolo o sommario) ↓ Novella ↓ Commento degli ascoltatori Seconda giornata 10 novelle Filomena Fortuna e peripezie a lieto fine Terza giornata 10 novelle Neifile Ingegno e abilità Quarta giornata 10 novelle Filostrato Amori infelici Quinta giornata 10 novelle Fiammetta Amori felici Sesta giornata 10 novelle Elissa Motti di spirito Settima giornata 10 novelle Dioneo Beffe di donne ai mariti Ottava giornata 10 novelle Lauretta Beffe varie Nona giornata 10 novelle Emilia Tema libero Decima giornata 10 novelle Panfilo Esempi di cortesia Conclusione dell’autore Paul, Herman e Jean de Limbourg, (particolare), dalle , 1412 ca - 1416. Chantilly, Musée Condé. Aprile Très riches heures du duc de Berry pagina 371 I temi e la visione del mondo I dieci ragazzi raccontano, dunque, cento novelle, affrontando , ispirandosi a , introducendo talvolta addirittura un terzo grado di narrazione: un personaggio di una novella che a sua volta racconta. All’interno di questa struttura-contenitore delle novelle, che è di estrema compattezza, esiste una , il cui unico vincolo rimane il tema di riferimento. temi vari tradizioni diverse notevole libertà di contenuti Nel corso di ogni singola giornata, infatti, , si seguono le gesta di marinai, principi, monaci e monache, pirati, cittadini, ma soprattutto mercanti; ci si trova in alto mare, nelle strade della Firenze e della Napoli che Boccaccio conosce così bene, nel chiuso dei conventi e delle chiese, in aperta campagna, tra la folla o in solitudine. In questo si rivela evidentemente preziosissima l’esperienza di Boccaccio nel mondo mercantile e finanziario delle diverse città italiane; il contatto con banchieri, mercanti e un rappresenta il bacino da cui l’autore attinge per la creazione delle novelle. ci si muove nello spazio e nel tempo infinito campionario di tipi umani LE TRE FORZE CHE MUOVONO IL MONDO Per Boccaccio sono tre, principalmente, le forze che guidano le azioni degli uomini: la fortuna, l’amore, l’ingegno (cioè l’intelligenza). Spesso i destini dei personaggi del Decameron sono determinati dalla fortuna, intesa come (il tema è particolarmente presente nelle novelle della Seconda e della Terza giornata: si veda, soprattutto, la novella di Andreuccio da Perugia, II, 5, T4, p. 401). Va detto però che il concetto che ha Boccaccio della fortuna è laico: essa è costituita, ai suoi occhi, da un insieme di forze, eventi e accidenti incontrollabili da parte dell’uomo, che però può cercare, per quanto riesca, di contrastarne l’azione distruttrice, opponendole (e qui sta l’ottimismo quasi prerinascimentale dello scrittore) le risorse dell’intelligenza. Si tratta di un’idea molto diversa da quella che aveva Dante (e con lui tutta la cultura medievale): nel canto VII dell’Inferno viene detto chiaramente che la Fortuna è un’intelligenza angelica (per questo la parola è scritta con l’iniziale maiuscola), che ha il compito di trasferire i beni materiali da un individuo all’altro, da una famiglia all’altra, da una nazione all’altra e così via, per far comprendere agli esseri umani il carattere effimero delle cose di questo mondo. La fortuna caso fortuito ▶ FISSO I CONCETTI La fortuna: per Dante è un’intelligenza angelica; per Boccaccio è un concetto laico. Un altro argomento che trova frequente ospitalità nelle novelle di Boccaccio è l’amore. Tale tematica era già assai presente nelle opere giovanili. In quei testi, però, c’era un’urgenza autobiografica molto forte: erano opere, cioè, in cui l’amore di cui si parlava era spesso un sentimento effettivamente provato in prima persona dall’autore. Nel Decameron invece, Boccaccio, in età più matura, libero dalle passioni, può lasciarsi andare a contemplarle negli altri, con l’empatia di chi le ha sperimentate, ma anche con il distacco necessario per una loro più . L’amore rappresentazione oggettiva La tematica amorosa è presente in moltissime novelle, non solo in quelle delle giornate Quarta (amori infelici: Lisabetta da Messina, IV, 5, T6 p. 413) e Quinta (amori felici: Federigo degli Alberighi, V, 9, T8, p. 427). Con esse Boccaccio si pone in netta polemica con lo spiritualismo e l’ascetismo medievale, che avevano visto per lo più l’amore come una realtà peccaminosa: da qui la satira spesso molto tagliente contro l’ , quegli uomini e quelle donne di Chiesa (preti, frati, monaci, suore) che predicano la morale ma poi agiscono in modo opposto. Per Boccaccio l’amore e la sessualità sono invece realtà assolutamente naturali, alle quali è colpevole volersi opporre: devono essere assecondate, altrimenti si va contro le esigenze della natura. ▶ ▶ ipocrisia dei religiosi Per questa sua posizione l’autore – prima ancora che il Decameron sia completato, quando probabilmente circolano già alcune delle novelle – è accusato di immoralità e oscenità. Boccaccio si difende nell’Introduzione alla Quarta giornata attraverso una «novelletta», la cosiddetta “novella delle papere” ( T5, p. 410), contenuta nella stessa Introduzione (e che potremmo considerare la centunesima novella del Decameron): si tratta di un piccolo manifesto della visione laica e naturalistica del sentimento amoroso, compresa la concreta espressione della sessualità, tipica di Boccaccio. ▶ Testo interattivo – La badessa e le brache pagina 372 Il critico Umberto Bosco ha definito il Decameron come «poema dell’intelligenza». L’opera si configura infatti come una grande degli uomini, quella che Boccaccio chiama « » (o anche « ») e che contempla una serie molto varia di sfumature: dalla semplice capacità di penetrazione del reale e di adattamento alle diverse circostanze, in modo da volgere le situazioni a proprio favore (come nel caso di Andreuccio da Perugia, II, 5, T4, p. 401), all’astuzia del furfante più disonesto (come avviene con ser Ciappelletto, I, 1, T3, p. 393).; L’ingegno esaltazione dell’intelligenza ingegno industria ▶ ▶ Il tema dell’intelligenza è sviluppato soprattutto nella seconda metà dell’opera: nella Sesta giornata, dedicata ai (Chichibio, VI, 4, T9, p. 438), nella Settima, con le delle donne ai mariti, e nell’Ottava, con le beffe in generale. motti di spirito ▶ beffe Se il valore dell’intelligenza è da Boccaccio così apprezzato, altrettanto criticato è il della dabbenaggine e . Lo scrittore non nasconde la propria simpatia per i personaggi che manifestano finezza, ingegno e persino astuzia diabolica, magari a scapito degli stolti e dei creduloni (come lo sciocco Calandrino, vittima in tre diverse novelle di altrettante beffe). disvalore della stoltezza Testo plus – (originale) Guido Cavalcanti Testo plus – (riscrittura di Aldo Busi) Guido Cavalcanti Testo plus – Tofano e monna Ghita Testo plus – Calandrino incinto FISSO I CONCETTI Il è un’esaltazione dell’intelligenza umana in tutte le sue sfaccettature, mentre la stoltezza viene aspramente criticata. Decameron Miniatura raffigurante la novella , in un codice del , XV secolo. Parigi, Bibliothèque de l’Arsenal. Calandrino e l’elitropia Decameron L’ESALTAZIONE DELLE QUALITÀ UMANE Nell’intreccio dei diversi temi, ciò che colpisce è l’ che Boccaccio innalza , al suo «ingegno», alle sue capacità intellettuali e pratiche, alla sua iniziativa personale e alle sue doti creative, in grado di salvarlo da qualunque insidia che la fortuna e l’amore possono riservare. Viene meno, da parte dell’autore, un criterio organico e universale per giudicare sul piano morale la condotta individuale: Boccaccio ritiene superate le impalcature ideologiche e filosofiche presenti nella mentalità medievale (quella dantesca, per esempio) e pertanto , volgendosi invece a una forma di relativismo, secondo il quale ogni azione può essere condannata o giustificata a seconda delle circostanze.; Il relativismo etico inno all’essere umano si astiene dall’emettere sentenze di natura etica Ciò spiega perché nel i personaggi vincenti, ancorché talvolta riprovevoli secondo una concezione morale tradizionale, rigida e precettistica, siano quelli che mostrano una capacità di uscire indenni dagli ostacoli posti dall’esistenza grazie all’intraprendenza e alla sagacia, sia pure truffaldina o disonesta: a cominciare da ser Ciappelletto che, nella prima novella, apre la raccolta. Si tratta di : sono messi alla berlina principi e sempliciotti, uomini di Chiesa corrotti (la satira anticlericale è un altro motivo ricorrente nell’opera) e servi sciocchi. Segni distintivi dell’intelligenza sono anche la consapevolezza della realtà e l’accettazione delle sconfitte. Siamo ben lontani – appare evidente – dall’atteggiamento fatalistico, aristocratico e teocentrico che aveva caratterizzato la cultura precedente. E questa è un’altra grande conquista di Boccaccio. Decameron capacità trasversali dal punto di vista sociale pagina 373 Hanno successo, nelle varie novelle, i personaggi che sono in grado di superare le peripezie grazie alle loro capacità tutte umane, affidandosi completamente all’intuito, alla conoscenza del mondo e dell’uomo, all’esperienza e alla parola. Su quest’ultimo punto – la – Boccaccio insiste in diverse novelle: saper parlare bene, a proposito, in maniera efficace e adatta alla situazione è una qualità che lo scrittore mostra di apprezzare in particolar modo. E in fondo l’intero può essere letto come un’esaltazione dell’arte del parlare, oltre che del raccontare. L’arte di saper parlare celebrazione della parola Decameron Testo interattivo – Frate Cipolla L’ultima giornata è dedicata ai valori della cortesia e della magnanimità, cioè a quei valori che erano stati tipici della società e della letteratura cortesi (presenti, d’altronde, anche in diverse novelle delle altre giornate, come la già citata V, 9, T8, p. 427). Lo scrittore sceglie di proporli al nuovo , che gli appare pronto a subentrare, sul piano della primazia sociale, all’antica nobiltà feudale. Etica cortese ed etica borghese ▶ pubblico borghese Tuttavia Boccaccio non è affatto un nostalgico del tempo passato. Al contrario, tutto proiettato com’è nel futuro, è il primo a riconoscere che l’ aveva spesso dato origine a vere e proprie , per esempio l’esasperazione di un potere assoluto senza limiti e senza freni: nell’ultima novella del libro troviamo l’esempio della «matta bestialità» di Gualtieri, il marchese di Saluzzo, che tormenta crudelmente la propria moglie, Griselda, per metterne alla prova la pazienza e la fedeltà ai limiti dell’umana sopportazione. Con questa novella l’autore vuole mostrare l’estremo negativo del mondo aristocraticofeudale. Non per questo, però, Boccaccio crede che le virtù cortesi siano tramontate: quei valori vanno trapiantati, e adattati, nella nuova società comunale. universo feudale aberrazioni Se egli da una parte manifesta la propria adesione ai a lui contemporanea (intelligenza pratica, prontezza di spirito, audacia, libertà intellettuale e religiosa, capacità di indirizzare le circostanze a proprio vantaggio, considerazione degli aspetti economici, riconoscimento del valore degli individui rispetto ai privilegi derivanti dalle origini familiari), dall’altra ritiene che possano ancora essere validi e nobilitanti per la borghesia stessa i (liberalità, magnificenza, lealtà, coraggio, senso dell’onore). valori della borghesia mercantile valori della società cortese, aristocratica e feudale FISSO I CONCETTI Boccaccio ripropone alcuni valori cortesi nella nuova società borghese Il fatto che le diverse giornate e novelle siano incentrate su temi diversi non mette in discussione l’unità dell’opera. Il è un libro organico, unificato nei suoi diversi momenti – oltre che, sul piano formale, dalla struttura che abbiamo descritto sopra – dall’acuta di Boccaccio e forse soprattutto dal suo costante : l’autore canta l’esistenza umana nei suoi molteplici aspetti, compresi quelli concreti e terreni, che anzi sono i primi a essere esaltati, senza preoccupazioni morali e religiose. Questo aspetto centrale della sua opera consente di affermare che egli ha molto contribuito, con le sue cento novelle, alla formazione della concezione della vita e della letteratura che si affermerà nel Quattro e nel Cinquecento. La celebrazione della realtà terrena Decameron capacità di osservare la realtà sentimento di adesione alla vita pagina 374 Le novità dello stile Il è un’opera estremamente innovativa, non solo, come abbiamo visto, per i contenuti, ma anche per la struttura e le soluzioni stilistiche adottate dall’autore. Decameron Dal punto di vista formale, il primo aspetto caratteristico è senza dubbio la scelta di Boccaccio di affidare la narrazione a “narratori intermediari”, quasi sempre portatori del suo punto di vista. Sono personaggi la cui caratterizzazione è quasi unicamente affidata al loro nome-simbolo e che all’occorrenza consentono all’autore una certa presa di distanza dalla materia trattata. In altre parole, non identificandosi con nessuno dei narratori in particolare, l’autore può introdurre nel testo una , corrispondenti a quelli dei dieci giovani della brigata; e ciò gli consente un’estrema libertà di sguardo, liberandolo da un eccessivo coinvolgimento psicologico e ideologico. Il ruolo dei dieci narratori molteplicità di punti di vista Boccaccio sa sempre delineare molto bene i caratteri dei delle varie novelle, sui quali è costantemente concentrata l’azione narrativa, senza cedimenti a particolari inutili o sovrabbondanti che distrarrebbero il lettore dallo svolgimento dell’azione stessa. L’efficacia della narrazione personaggi Anche l’ non è mai trascurato: lo sfondo in cui si svolgono le azioni è anzi sempre caratterizzato efficacemente, sebbene spesso con pochi ed essenziali tratti. Insomma, Boccaccio si rivela nel Decameron uno scrittore molto accorto e pienamente padrone della tecnica narrativa, della quale non a torto sarà a lungo considerato un maestro imprescindibile. ambiente pagina 375 Per quanto riguarda, infine, le scelte sintattiche e lessicali, Boccaccio si dimostra sempre molto attento nell’adeguare il linguaggio ai personaggi, agli ambienti, alle situazioni e alle epoche. Ogni personaggio parla la “sua” lingua: a partire dalla base del codificato da Dante, l’autore riesce in ogni novella a caratterizzare, per alcuni particolari aspetti lessicali, la lingua dei personaggi in base alla classe sociale, al livello culturale, al luogo geografico e al momento storico. La lingua e la sintassi volgare fiorentino In tal modo e si intrecciano, da una novella all’altra, : da quello popolaresco a quello aristocratico, da quello commerciale a quello giuridico-notarile, da quello laico a quello ecclesiastico. Anche da questo punto di vista, dunque, il rappresenta un campionario di straordinaria ricchezza, una testimonianza di varietà linguistica davvero preziosa. Per questo possiamo parlare, a proposito del , di plurilinguismo e di pluristilismo (diversamente dal di Petrarca, caratterizzato dal monolinguismo e dal monostilismo). variano i registri linguistici Decameron Decameron Canzoniere La di Boccaccio, però, è stilisticamente : da qui una certa complessità della costruzione dei periodi, che in taluni passi può inibire un’immediata comprensione da parte del lettore odierno. La difficoltà è, dunque, più nella sintassi che nella lingua, che presenta ovviamente molti vocaboli per noi arcaici e desueti, ma non è poi così lontana dalla nostra. prosa modellata sui classici latini Miniatura dal , manoscritto fiammingo del XV secolo. Decameron pagina 376 Le interpretazioni Come abbiamo visto, il è un’opera complessa e articolata, a proposito della quale nel secondo Novecento si sono profilate . Tutti sono concordi nel ritenere che essa vada collocata nel quadro di quello che lo storico olandese Johan Huizinga ha chiamato, con una celebre formula, «l’autunno del Medioevo», che sia cioè da riferire al momento storico che vede il tramonto della civiltà comunale, la quale è espressa dal testo di Boccaccio nel momento più alto (e insieme più drammatico, per i vorticosi mutamenti in atto) della sua fioritura. Decameron due tesi contrapposte Tuttavia alcuni studiosi hanno accentuato il carattere borghese e quasi rivoluzionario della rappresentazione boccacciana, che segna il passaggio dal mondo medievale degli ideali cavallereschi a quello più moderno e concreto della società mercantile. Per la prima volta nella storia della letteratura ci troviamo di fronte a una vasta rappresentazione della contemporaneità, vista nell’ottica propria della classe sociale più audace e dinamica di quel tempo, la borghesia comunale degli affari. Boccaccio moderno… Altri invece hanno messo in luce la dimensione sostanzialmente medievale del , all’apice del suo fulgore e già all’inizio del declino, regolata da leggi morali non meno severe di quelle che reggono la , segnata da una pensosa spiritualità che giudica l’agire degli uomini sul filo della tradizione cristiana. … o medievale? Decameron epopea di una civiltà Divina Commedia Per Vittore Branca, in particolare, in base a una lettura allegorica dell’opera, Boccaccio rappresenterebbe nel una sorta di (la novella di Ciappelletto, T3, p. 393: l’uomo più malvagio che sia mai nato), da cui faticosamente si risalirebbe, di giornata in giornata, fino a una vera e propria (la novella di Griselda: un personaggio equiparabile a una santa se non addirittura alla Madonna). Decameron discesa agli Inferi ▶ ascesa a Dio Tuttavia, a ben guardare, le due tesi (Boccaccio moderno o Boccaccio medievale) non sono di per sé alternative, poiché entrambe riconoscono il , seppure sottolineandone aspetti diversi. forte legame dello scrittore con il suo tempo FISSO I CONCETTI Due tesi interpretative del : Decameron opera moderna, quindi una rappresentazione di carattere borghese; opera medievale, che rappresenta una civiltà giunta al suo massimo splendore. Infine, secondo un altro studioso, il medievista Franco Cardini, il non andrebbe letto alla stregua di una raccolta di novelle indipendenti, come in genere si tende a fare, ma nella sua unità, considerandolo nel suo complesso quale grande romanzo i cui sono non tanto quelli delle novelle, quanto della brigata, piccola comunità di pochi fortunati che sfuggono al contagio e alla devastazione spirituale provocata dalla peste. Tra loro spicca un personaggio centrale, protagonista fra i protagonisti, che adombrerebbe – con la sua personalità decisa, la sua ironia e la sua etica incorrotta – lo stesso autore: , una donna felice e appagata, esperta di vicende amorose. Alla luce di questo quadro d’insieme, ciascuna novella acquisterebbe il suo vero significato grazie alla posizione in cui si trova, e persino al narratore che l’ha scelta: per apprezzare pienamente il capolavoro di Boccaccio bisognerebbe dunque imparare a leggerlo per intero, o almeno a tener sempre presente il contesto di ogni novella, ricordando che ciascun particolare è indispensabile all’insieme. Il come romanzo Decameron Decameron protagonisti i dieci narratori Pampinea Giovanni Boccaccio in una miniatura di un manoscritto. Firenze, Biblioteca Nazionale.