trecci STORIA in La “morte nera” Un’epidemia che ha ucciso milioni di persone La cosiddetta “morte nera” – inevitabile, repentina, di massa, che per contagio sterminava nei secoli passati persone di qualsiasi ceto sociale – era provocata dalla temutissima peste. Questa malattia ha rappresentato per tutto il Medioevo la più grave patologia per diffusione e alta mortalità. In realtà il termine “peste” era usato per indicare le più varie affezioni che avevano in comune la trasmissione per contagio e la loro grave pericolosità. Pestilenze potevano essere quindi la vera e propria peste, causata dal batterio e trasmessa da pulci e topi, ma anche il vaiolo, il morbillo, la scarlattina e le malattie che comunque si manifestavano con eruzioni cutanee. Yersinia pestis Luigi Sabatelli, 1801.  La peste di Firenze dal Boccaccio descritta, Rimedi e interpretazioni Pesti o pestilenze, peste bubbonica (la peste propriamente detta), petecchiale (tifo esantematico), peste di Cipriano con bocca e gola infiammate, peste colica o peste nervosa: sono una serie di malattie rispetto alle quali la medicina dell’epoca poco sapeva e poco poteva fare. Venivano curate con i cosiddetti “semplici”, le piante medicinali coltivate nell’orto del convento o dell’ospedale. I più ricchi potevano permettersi farmaci costosi come la triaca, antico rimedio famoso ma inefficace, che all’epoca era composto da sessanta a cento dei più vari ingredienti a seconda dello speziale che lo preparava (e che lo vendeva ad altissimo prezzo). I responsabili della peste, pulce e ratto malato, non trovavano posto nel sapere medico dell’epoca, anche perché la loro presenza era ovunque: i topi erano in magazzini, cloache, granai, canali di scolo, rifiuti abbandonati dappertutto; le pulci erano abitanti abituali di vestiti, panni, letti, tappeti e tendaggi, sacchi di cereali, balle di tessuti. La causa della peste si imputava invece al cielo, alle stelle, al clima, alle acque stagnanti, all’umidità dell’aria, ai demòni. Un morbo che arriva da lontano La prima grande epidemia documentata con certezza è la cosiddetta “peste nera”, quella descritta da Boccaccio, che dilagò in Occidente dal 1346 al 1353 causando trenta milioni di morti, riducendo così di un terzo la popolazione europea. Le epidemie contagiose erano importate nell’area mediterranea dall’Estremo Oriente attraverso i porti. Lo spostamento di eserciti e i traffici commerciali costituivano un importante veicolo di propagazione delle epidemie; il carente stato di nutrizione e le pessime condizioni igieniche in cui viveva la popolazione contribuivano poi alla loro diffusione. In tale panorama l’Italia, al centro sia di guerre sia di commerci, rappresentava un luogo a elevato rischio di propagazione delle malattie: il sommarsi di pestilenze, carestie e conflitti è stato il principale responsabile delle decimazioni della popolazione avvenute nel nostro paese. Le grandi epidemie Della «mortifera pestilenza» Boccaccio fornisce una descrizione molto efficace, a conferma del fatto che nel 1348 il poeta fu lo spaventato testimone di una vera peste: «Nascevano nel cominciamento d’essa a’ maschi ed alle femmine parimente o nell’anguinaia [inguine] o sotto le ditella [ascelle] certe enfiature [rigonfiamenti] dette gavoccioli le quali erano certissimo indizio di morte». Linfonodi ingrossati e dolenti (i bubboni), brividi e febbre alta, mal di testa, nausea e vomito erano i segni inconfondibili del morbo. L’ultima grande epidemia europea si ebbe nel 1665 a Londra. Nessuno conosce i motivi della comparsa e soprattutto della scomparsa di tale malattia, anche se certamente giocò un ruolo importante nel debellarla il generale miglioramento delle condizioni igieniche a partire dal Settecento.