T3 Ser Ciappelletto , I, 1 Decameron (riscrittura in italiano moderno di Piero Chiara) La prima novella della raccolta ci presenta un personaggio le cui caratteristiche negative vengono enfatizzate e portate all’estremo, sino a un punto di non ritorno. Si tratta di Ciappelletto, il piggiore uomo forse che mai nascesse . Il sottile gusto della malvagità Testo plus – (originale) Ser Ciappelletto Alla fine del Medioevo, in Europa e quindi anche in Italia, a garantire la sopravvivenza 1 degli uomini e la loro vita civile era, come sempre, il commercio. Vale a dire gli scambi di merci e di lavoro, le esportazioni e le importazioni, il credito. Più 2 brevemente, la produzione e il consumo. Tra i protagonisti della economia di quell’epoca ci furono i banchieri e i mercanti, 5 specialmente toscani, che operavano in tutta Europa. Uno di essi, a quanto si racconta, di nome Musciatto Franzesi, dopo aver fatto fortuna in Francia, 3 abbandonati gli affari, si dedicò alla politica e divenne uomo di corte. Creato gentiluomo dal re Filippo il Bello, nel 1301 venne inviato in Italia presso il papa Bonifacio insieme al fratello del re, Carlo detto il Senzaterra. 10 4 5 Prima di mettersi in viaggio per Roma, Musciatto Franzesi provvide ad incaricare persone adatte alla liquidazione dei suoi affari in Francia, ma non trovò 6 nessuno al quale affidare la riscossione di molti crediti che aveva in Borgogna, 7 terra di gente litigiosa e sleale. Gli venne allora in mente un certo ser Cepparello Diotallevi, toscano di Prato, che viveva in Francia e spesso gli capitava 15 8 in casa. Cepparello, che i francesi chiamavano Ciappelletto, era notaio ma viveva ai margini della legge, servendo imbroglioni e truffatori. Pronto a rogare atti falsi, 9 spergiuro e violento, bestemmiatore e frequentatore di taverne, era sempre disposto a dar mano in ogni malefatta. Aveva avuto parte perfino in omicidi e 20 ferimenti. Schernitore di Dio e dei santi, ladro e farabutto, sconcio bevitore e giocatore di vantaggio, si può dire, senza dilungarci di più, che fosse il peggiore 10 uomo che mai nascesse. Proprio quel che occorreva a Messer Musciatto, che gli diede regolare procura e lo mandò in Borgogna, appoggiandolo presso due 11 fratelli fiorentini che in quelle terre vivevano prestando denaro ad usura. 25 Ospitato dai due fratelli, Ciappelletto aveva cominciato il suo lavoro, quando cadde gravemente ammalato. Vennero subito chiamati dei medici che fecero di tutto per curarlo, ma senza risultato, perché il suo male era grave e certamente mortale. L’età, gli strapazzi e più che altro gli stravizi, l’avevano così mal ridotto, che nessun medico avrebbe potuto ridargli la salute. 30 Note di Piero Chiara intorno alla metà del XIV secolo, quando ormai il Medioevo volgeva alla fine. 1 Alla fine del Medioevo: le attività finanziarie e, in particolare, l’anticipazione di somme di denaro da parte di un privato o di una banca a un privato o a una impresa che si impegnavano a restituirle. 2 il credito: personaggio realmente esistito, come molti personaggi di Boccaccio, Musciatto era un contadino di Firenze che, diventato mercante, si era arricchito in Francia, commerciando e prestando denaro ad usura e poi si era messo al servizio del re Filippo il Bello (1268-1314). 3 Musciatto Franzesi: Bonifacio VIII, della famiglia Caetani, fu papa dal 1294 al 1303. 4 papa Bonifacio: Carlo di Valois. 5 Carlo detto il Senzaterra: sistemazione e risoluzione dei suoi rapporti d’affari, in vista della cessazione di ogni attività. 6 liquidazione dei suoi affari: regione della Francia centrale. 7 Borgogna: forse Cepparello Diolaiuti che, di fatto, risulta essere stato in Francia esattore delle imposte per conto di Filippo il Bello. Il nome Cepparello, comunque, è diminutivo di Ciapo, forma popolare di Jacopo. 8 ser Cepparello Diotallevi: stendere. 9 rogare: baro. 10 giocatore di vantaggio: una autorizzazione legale a rappresentarlo e ad agire per suo conto. 11 procura: «Cosa dobbiamo fare?», si chiedevano i due fratelli stando in una stanza vicina a quella del malato. «Se lo mandiamo a morire all’ospedale, la gente dirà che siamo delle carogne senza cuore. Se lo teniamo in casa e costui, da quel miscredente che è sempre stato, morirà senza confessarsi e comunicarsi, nessuna chiesa accetterà il suo corpo. Se poi si confessasse, sarebbe ancor peggio, perché sentendo le 35 ignominie delle quali si è coperto, il confessore, inorridito, penserà di aver davanti il diavolo in persona. La voce si spargerà e noi che già siamo malvisti a cagione del nostro mestiere, saremo cacciati dal paese e magari messi a morte a furore di popolo». Ciappelletto, al quale la malattia, come spesso avviene, aveva reso finissimo 40 l’udito, chiamò a sé i due fratelli. «Ho sentito tutto», disse. «Quel che temete potrebbe in verità avvenire, ma io troverò modo che non avvenga. Vivendo ho fatto tante ingiurie a Domineddio, 12 che anche se ne farò un’altra in punto di morte non cambierà nulla. Per cui vi prego di farmi venire qualche santo frate, il migliore che si trovi da queste 45 parti, perché voglio confessarmi in modo da sistemare al meglio i fatti vostri e i miei». 13 Pur non aspettandosi nulla di buono da Ciappelletto, i due chiamarono da un convento vicino un santo frate, che postosi al capezzale del morente, dopo averlo confortato alquanto gli chiese da quanto tempo non si confessasse. 50 Ciappelletto, che non si era mai confessato in vita sua, rispose: «Di solito mi confesso due o tre volte la settimana, ma ora, con la malattia, saranno otto giorni che non ho questo beneficio». «Bravo». disse il frate, «è una buona norma la tua. Anche perché così avrai ben poco da dirmi». 55 «Ma che dite mai!», esclamò Ciappelletto. «Ogni volta io mi confesso di tutti i peccati che ho commesso da quando sono nato». Il frate lodò una così bella abitudine e cominciò a chiedergli se avesse mai peccato contro la purezza. «Se non fosse vanagloria», fu la risposta, «vi direi che io sono innocente come 60 un bambino appena nato. «Che tu sia benedetto!», esclamò il frate. Gli domandò allora se avesse sulla coscienza dei peccati di gola. «Purtroppo!», disse Ciappelletto. «Perché tre volte per settimana, dopo aver digiunato a pane e acqua, bevo l’acqua con lo stesso gusto che prova un ubriacone 65 nel bere il vino. E anche il pane! Lo mangio troppo volentieri!». «Figliolo mio», disse il frate. «Questi non sono peccati. Dopo il digiuno è giusto che si mangi e anche che ci si tolga la sete». «Eh, no, padre mio! Le cose che si fanno in servizio di Dio non debbono dar piacere di nessuna sorte». 70 Signore Iddio. Deriva dall’unione del vocativo latino , “o signore”, con Dio ed è una forma amplificata che si usa specialmente nelle invocazioni. 12 Domineddio: domine per nulla preoccupato dal fatto di dover morire, Cepparello si accinge, con il gusto della burla che lo contraddistingue, a concludere la sua vita in modo degno del proprio personaggio, con la più grande truffa che mai abbia potuto compiere: farsi passare per un santo. 13 Vivendo... e i miei: «È bene», disse allora il frate, «che tu la pensi in questo modo. Sono proprio contento di trovare un cuore tanto puro. Non mi capitava da un gran pezzo. Ma dimmi, hai mai peccato d’avarizia?». «Padre», rispose Ciappelletto sottovoce, «non vorrei che voi, vedendomi in casa di questi usurai, pensaste che io sia della loro specie. Sono venuto qui solo 75 per ammonirli e per distoglierli da quel loro brutto mestiere di prestar denaro tirando il collo alla povera gente. E ci sarei riuscito, se Iddio non mi avesse visitato con questo brutto male. In quanto a me, è vero, sono stato mercante e ho guadagnato, 14 ma, tolto il necessario per vivere, il resto l’ho sempre dato ai poveri». Non avendo nulla da rimproverargli, il frate passò a domandargli se fosse mai 80 andato in collera. 15 «E chi potrebbe non adirarsi», sbottò Ciappelletto, «vedendo la gente che non osserva i comandamenti di Dio, i giovani che pensano solo a divertirsi, che non vanno in chiesa e seguono le pazzie del mondo invece della legge del Signore?». «Questa», disse il frate, «non è collera. È santa indignazione. Ma non è che ti 85 sia capitato mai di commettere per esempio qualche omicidio o di far violenza a qualcuno, magari solo per difenderti...». «Ma vi pare, padre, che Dio m’avrebbe sostenuto e protetto per tanti anni se mi fosse passato per il capo anche solo il pensiero di far cose simili?». «Dimmi allora: hai fatto testimonianze false, hai mai detto male di qualcuno, 90 hai mai sottratto cose altrui?». «Sì!», esclamò Ciappelletto. «Almeno una di queste cose l’ho fatta. Avevo un vicino, che quando era ubriaco batteva la moglie. Ebbene, ho avvertito i parenti di quella poveretta». «Dovevi farlo! L’avrei fatto anch’io», disse il frate. 95 «Mi hai detto che sei stato mercante», gli disse poi. «Hai mai ingannato qualche cliente?». «Gnaffe!», esclamò Ciappelletto. «Avete colto giusto, stavolta! Un cliente, pagandomi 16 del panno che gli avevo venduto, mi aveva dato per sbaglio alcuni soldi 17 in più del dovuto senza che me ne avvedessi. Quando me ne accorsi, cercai quel 100 cliente per restituirgli il suo, ma non lo trovai. Era partito per chissà dove. Diedi allora quei pochi soldi ai poveri». «Hai fatto benissimo», disse il frate. «Non potevi comportarti meglio. Sei un buon figliolo e non mi resta che darti la più ampia delle assoluzioni». «Piano, piano», lo fermò Ciappelletto. «Ho dell’altro da dirvi: una volta ho 105 fatto lavorare un servo a scopar la casa di domenica». «È tutto qui?». «Come! Vi pare poco? Non rispettare la domenica, il giorno in cui nostro Signore resuscitò e salì al Cielo? E poi, sentite quest’altra: un giorno che ero in chiesa, stavo così assorto nella preghiera che, venendomi uno sputo, lo lasciai cadere 110 sul pavimento». Il frate cominciò a ridere. «Noi», disse, «che siamo religiosi, se ci viene da sputare, sputiamo. Che diamine!». se Dio non mi avesse fatto ammalare. 14 se Iddio... male: se aveva commesso qualche peccato d’ira. 15 se... collera: certo che sì! Deriva dalla alterazione di (“in fede mia”) ed è una interiezione popolare usata per sottolineare vivacemente un’affermazione. 16 Gnaffe!: mia fé tessuto da confezione. 17 panno: «Sputate?», disse Ciappelletto sgranando gli occhi. «Sputate in chiesa? Nella casa di Dio?». 115 Ciappelletto non se ne voleva persuadere, ma poi tacque e come preso da una nuova angoscia, cominciò a piangere. Il frate, che lo andava consolando, vedendolo affannato gli chiese se sentisse male in qualche parte. Ma Ciappelletto, alzando gli occhi al cielo, gli fece capire che non si trattava del corpo, ma dell’anima. Non trovava la forza per sgravarsi di 120 un gran peso che aveva sulla coscienza. 18 «Figliolo», gli disse il frate che finalmente aveva capito, «anche se tu avessi sulla coscienza tutti i peccati del mondo, il pentimento che dimostri ti otterrebbe di sicuro la misericordia di Dio». Senza dargli retta e piangendo sempre più forte, Ciappelletto disse: 125 «Inorridite! Inorridite! Quando ero piccolino, una volta ho ingiuriato mia madre!». «Non è poi questo gran peccato», lo rassicurò il frate. «Gli uomini bestemmiano continuamente Dio, che è cosa ben più grave. Eppure se si pentono, Dio li perdona. Non vuoi che passi sopra a una mala parola che avrai detto a tua madre? 130 19 La tua contrizione è tale, che ti perdonerebbe anche se tu fossi uno di quelli che 20 l’hanno messo in croce!». «La mamma! La mamma!», andava balbettando Ciappelletto, «la mia mamma! Così dolce, così cara! Ho offeso la mia mamma! Se voi non pregherete Dio per me, non sarò mai perdonato!». 135 «Su, su», disse il frate. «Non dirmi altro, che un bravo uomo come te non l’ho mai trovato. Ecco che io ti assolvo in nome di Dio da ogni peccato e ti benedico per omnia secula seculorum. Ma ora vorrei chiederti qualche cosa d’altro genere: 21 tu certamente guarirai, ma se, Dio non voglia, la tua anima così ben disposta e preparata dovesse salire al Cielo, ti dispiacerebbe venir sepolto nella chiesa del 140 nostro convento?». «In nessun altro luogo, padre, vorrei avere sepoltura, perché so che voi pregherete sulla mia tomba e poi perché sono stato sempre devoto del vostro Ordine. Portatemi subito il santissimo corpo di Cristo, che io mi possa comunicare. Poi amministratemi l’estrema unzione, che abbia a morire da cristiano anche se sono 145 vissuto da peccatore». I due fratelli, che avevano origliato dietro la porta, erano esterrefatti. «Che uomo è questo», si dicevano, «se né la vecchiaia, né l’infermità e neppure l’imminenza della morte, può fargli paura?». Ma avendo capito che Ciappelletto aveva veramente accomodato le cose in modo da non recar loro alcuna noia, se ne 150 stimarono più che contenti. Intanto il frate, andatosene al convento, tornò col Santissimo, comunicò 22 Ciappelletto e gli diede l’estrema unzione. Fece appena in tempo, perché il malato prima di notte spirò. Ciappelletto continua la sua commedia da consumato attore. 18 Ma Ciappelletto... coscienza: cattiva. Dal latino . 19 mala: malus rimorso, pentimento. 20 contrizione: per tutti i secoli dei secoli. È la formula con cui terminano molte preghiere cristiane in latino. 21 per omnia... seculorum: l’ostia consacrata, nel sacramento dell’Eucaristia. 22 Santissimo: Il frate corse subito al convento a far suonare le campane e spiegò ai suoi confratelli 155 quale santo uomo era venuto a morire vicino a loro. I confratelli furono d’accordo nel rendere grandi onoranze al defunto e, indossati i piviali, andarono 23 in processione a prenderne il corpo, che deposero davanti all’altare. Tutto il popolo accorse e il padre che aveva ricevuto la confessione di Ciappelletto, salito sul pergamo, parlò della vita esemplare del morto, dei suoi digiuni, 160 24 della sua santa ingenuità ed innocenza. Raccontò l’episodio della madre che il poveretto credeva di aver offeso e tuonò: «E voi, maledetti da Dio, bestemmiate per cose da nulla non solo Dio e la Madre sua, ma tutta la corte del paradiso!». Si sparse tanto la fama della santa vita e della santa morte di Ciappelletto, che 165 cominciò ad accorrer gente al convento anche da lontano. Chi gli baciava le mani, chi i piedi, chi gli strappava i panni di dosso per farne reliquie. Il giorno appresso Ciappelletto fu seppellito solennemente in un’arca di 25 marmo, alla quale convennero in gran folla i devoti da tutta la Borgogna ad accendergli dei lumi, ad adorarlo e a impetrarne l’intercessione, spesso con buoni 170 risultati, tanto che gli vennero attribuiti vari miracoli e fu tenuto per santo. Tale infatti è la misericordia di Dio, che non solo può redimere all’ultimo momento un delinquente di tal fatta, ma arriva al punto di esaudire chi lo prega anche nel nome di un Ciappelletto, perché chi si rivolge a Lui in buona fede è sempre ascoltato, anche se per umano errore si fa raccomandare da un diavolo invece 175 che da un santo. le vesti liturgiche a forma di mantello, aperte sul davanti e fissate sul petto da un fermaglio, indossate dai sacerdoti durante le funzioni religiose. Dal latino , “mantello da pioggia”. 23 piviali: pluviale pulpito. 24 pergamo: tomba monumentale. 25 arca: pagina 397 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Il notaio Ciappelletto, , viene incaricato da un ricco mercante fiorentino di recarsi in Borgogna a riscuotere, per suo conto, alcuni crediti. Egli accetta l’incarico, ma un giorno si ammala. È ospitato da due usurai fiorentini, i quali si trovano in imbarazzo circa la soluzione da adottare: se lo manderanno via, potranno essere tacciati di crudeltà per avere cacciato un uomo in fin di vita; se morirà in casa loro, senza essersi confessato o, essendosi confessato, senza aver ricevuto l’assoluzione (tanti e tali sono i peccati di Ciappelletto che nessun sacerdote vorrà credere al suo pentimento), saranno accusati di empietà per avere ospitato un uomo così malvagio. Ciappelletto decide di aiutarli e li invita a chiamare un confessore: ci penserà lui a ingannarlo, facendosi passare per un uomo virtuoso. Così avviene: Ciappelletto, con una , si fa credere addirittura un santo. uomo perverso e privo di scrupoli falsa confessione Un notaio poco raccomandabile Perché Ciappelletto è disposto a tanto? Soltanto per aiutare i suoi ospiti? Questa potrebbe essere una prima spiegazione: la solidarietà di classe ; sia Ciappelletto, che è notaio, sia i suoi ospiti, di professione usurai, appartengono a quella borghesia degli affari unita al suo interno da una certa complicità. Ma davvero, in virtù di questo senso di appartenenza, si può essere pronti a dannare per l’eternità la propria anima? Forse in Ciappelletto prevale altro: il , una beffa che ha in sé stessa la propria ragion d’essere. Del resto il tema della beffa è ricorrente nel , che dedica a esso due intere giornate, la Settima e l’Ottava. gusto della beffa Decameron Tuttavia ci potrebbe essere anche una terza spiegazione: Ciappelletto decide di ingannare il frate per il piacere che gli deriverà da un’ prima di morire, coerentemente con il modo in cui egli è vissuto durante tutta la sua esistenza. Infatti dal ritratto di Ciappelletto emerge la volontà, anzi proprio la soddisfazione che il personaggio prova nel compiere il male (rr. 17-23). ultima azione peccaminosa Si tratta evidentemente di una sorta di rovesciamento del motivo francescano della “perfetta letizia” che deriva dal compiere il bene. Qui, invece, tutta . In vita come in punto di morte. la gioia sta nel fare il male Solidarietà di classe, gusto della beffa o piacere del male? pagina 398 Il narratore della novella, Panfilo, la conclude con una riflessione sulle ragioni del successo di san Ciappelletto. Il morto è ritenuto ormai da tutti un santo, tanto che viene sepolto con grandi onori nella chiesa del convento dei frati; anzi, pare addirittura che molti fedeli ottengano da lui le grazie desiderate. È un , a proposito del quale Panfilo formula due ipotesi: o Ciappelletto alla fine si è veramente pentito, ed è stato quindi accolto da Dio in Paradiso, oppure – e Panfilo sembra propendere per questa idea – è finito all’Inferno. In quest’ultimo caso il fatto che vengano esaudite le preghiere di chi si rivolge a Dio per il tramite di un dannato creduto santo starebbe a testimoniare la , il quale è più attento alla bontà di cuore di chi lo prega che non all’effettiva santità di coloro che il popolo dei fedeli elegge a propri mediatori. epilogo paradossale grandezza di Dio Da un punto di vista teologico questo paradosso risulta però tutto sommato corretto: così si spiega per esempio la tolleranza della Chiesa del tempo verso i frequenti abusi tipici di certa devozione popolare. Soltanto con il Concilio di Trento (1545-1563) si stabiliranno regole più rigide per le canonizzazioni. La conclusione del narratore La critica ha molto discusso su quale debba essere considerata la posizione di Boccaccio rispetto al contenuto di questa novella. Per alcuni lettori (a partire da Francesco De Sanctis) essa testimonia nell’autore la presenza di uno , come se egli avesse voluto irridere la semplicità e l’eccessiva buona fede dei confessori, oltre che la credulità popolare (ma – va notato – non traspare nel testo alcun senso di derisione nei confronti della figura del frate confessore). spirito irreligioso e anticlericale Per altri (per esempio Benedetto Croce) Boccaccio appare invece semplicemente ammirato dall’intelligenza umana, anche in una manifestazione a dir poco estrema come quella offerta da Ciappelletto: all’autore non starebbe qui a cuore il problema dell’esistenza o della non esistenza di Dio o quello dell’adeguatezza dei suoi ministri, quanto la (Ciappelletto, appunto) capace di imbrogliare i propri simili in maniera così estrosa; sarebbe, insomma, un’esaltazione dell’intelligenza. celebrazione di un individuo d’eccezione Altri studiosi ancora (come Vittore Branca) sostengono, al contrario, che lo scrittore, lungi dall’esaltare Ciappelletto, provi quasi una sorta di (quella del profitto e dell’interesse economico) portata alle estreme conseguenze: in nome della «ragion di mercatura» si può giungere a compiere le peggiori nefandezze; così l’autore, con questa novella, sembra prendere le distanze dagli aspetti più brutti e ambigui e in definitiva disumani di quell’etica commerciale. sgomento di fronte alla logica mercantile La controversa posizione dell’autore pagina 399 Le scelte stilistiche Il ritmo narrativo della novella è serrato, ma la parte più efficace è quella relativa alla confessione di Ciappelletto. La confessione è resa efficacemente attraverso una scena (cioè, qui, un dialogo tra i due personaggi nel quale il tempo del discorso coincide con il tempo della storia). Il sacerdote esamina Ciappelletto su quasi tutti i sette vizi capitali della tradizione classica e cristiana (lussuria, gola, avarizia, ira, invidia) ed egli, agli occhi del frate, riesce tutte le volte a ribaltare ogni vizio nella corrispondente virtù, secondo la tecnica del , sviluppata attraverso la figura dell’antifrasi . rovesciamento parodico * L’ è massimo agli occhi del lettore, che conosce l’autentico carattere del personaggio grazie al ritratto che ne ha dato in precedenza Boccaccio, come anche si divertono – e insieme si meravigliano di fronte a tanta spudoratezza (ma poi decidono di acconsentirvi a proprio vantaggio) – i due fratelli usurai, che conoscono nei dettagli le abitudini di vita del loro ospite. effetto comico L’abilità teatrale della confessione Il personaggio si rivela abilissimo nell’usare le parole (capacità molto apprezzata da Boccaccio in tutto il Decameron ) e gli artifici retorici, comprese alcune tecniche teatrali: con notevoli capacità istrioniche, Ciappelletto sospira per lasciare intendere imbarazzo e contrizione per i presunti peccati commessi; utilizza espressioni di una devozione, pure un po’ stereotipata, che non possiede, come i lettori già sanno (rr. 144-146 ); piange (rr. 116-117) e finge di non riuscire a confessare quelle colpe che egli sembrerebbe ritenere più gravi, ma che di fatto non sono neanche peccati veniali. Gli artifici retorici di Ciappelletto Maso di Banco, , 1337-1341. L’estrema unzione VERSO LE COMPETENZE COMPRENDERE E ANALIZZARE Ricostruisci lo sviluppo della novella seguendo la traccia seguente: a) Presentazione del protagonista; b) la missione e la malattia; c) le preoccupazioni degli ospiti di Ciappelletto; d) la promessa di Ciappelletto; e) la falsa confessione; f) la morte e la santificazione. 1 LA TRAMA Quali luoghi comuni vengono attribuiti ai “borgognoni”? 2 STEREOTIPI Perché i due uomini che ospitano Ciappelletto sono preoccupati per la sua malattia? 3 GLI USURAI FIORENTINI Che cosa rende tanto comica la confessione di Ciappelletto? 4 LA CONFESSIONE Quale ritratto del sacerdote emerge nella novella? Quali caratteristiche ha il suo modo di parlare? È simile o diverso rispetto al linguaggio di Ciappelletto? 5 IL SACERDOTE E LE SUE PAROLE INTERPRETARE Spiega il giudizio che l’autore esprime sul fanatismo religioso e sull’ingenua credulità del popolo dei credenti. 6 Il punto di vista dell’autore scrivere per... Sempre più frequentemente libri e film raccontano di personaggi cinici e spregiudicati, pronti a tutto pur di conseguire i propri obiettivi. Spesso si tratta di personaggi affascinanti, presentati in modo accattivante. Nella nostra società il cinismo è quindi un valore positivo? Rifletti su questo tema in un testo argomentativo di circa 30 righe. 7 ESPRIMERE la propria opinione