ANALIZZIAMO INSIEME T4 Andreuccio da Perugia , II, 5  Decameron (riscrittura in italiano moderno di Piero Chiara) Narrata da Fiammetta, la novella di Andreuccio ci riporta a una Napoli tutta  popolare, quella dei bassifondi, in cui un giovane e sprovveduto mercante di  cavalli rischia persino la vita, prima di riuscire a cavarsi d’impaccio. Avventure e disavventure per una lezione di vita   Testo plus –  (originale) Andreuccio da Perugia Un giovane di Perugia di nome Andreuccio, sensale di cavalli; avendo sentito dire 1 che a Napoli si potevano comperare animali di buona razza, decise di andarne ad acquistare qualcuno da rivendere nella sua città. In quel tempo, erano i primi anni del 1300, regnando in Napoli Carlo II d’Angiò       detto lo Zoppo, la città era non solo una capitale, ma anche un grande emporio 5 2 3 al quale conveniva gente d’ogni parte. Vi fiorivano i traffici, ed anche certe leghe di malviventi che davano luogo a ruberie, omicidi, risse e tumulti mai del 4 , come le eruzioni del Vesuvio. tutto sedati e sempre pronti a riesplodere La descrizione della città evidenzia il del narratore, che sottolinea precisi riferimenti storici e ci presenta un dinamico ma anche labirintico e . (rr. 4-8) realismo ambiente pericoloso Note di Piero Chiara mediatore nella compravendita di cavalli. Sensale deriva dall’arabo simsar: “mediatore”. 1 sensale di cavalli: re di Napoli (dal 1285 al 1309) e di Sicilia (dal 1285 al 1302). 2 Carlo II... Zoppo: centro commerciale. 3 emporio: gruppi, bande organizzate. 4 leghe: , che non si era mai mosso da Perugia, benché Andreuccio poco pratico del      , si mise in viaggio e giunto a Napoli prese alloggio in un buon albergo, 10 mondo credendosi arrivato nel più tranquillo luogo del mondo. La mattina dopo andò al mercato, dove trattò diversi cavalli, ma senza acquistarne nessuno. Per non far pensare ai venditori che gli mancasse il denaro, mostrava spesso qua e là, anche quando non ve n’era bisogno, la sua borsa piena di     fiorini d’oro. Una bellissima giovane siciliana, che si aggirava per il mercato, ebbe 15 5 modo di dare un’occhiata a quella borsa e di vedere quanto era ben fornita. Incuriosita, si fermò a guardare i maneggi del giovane, che si avvide di lei, ma venne subito distratto da una vecchia, anch’essa in giro per il mercato, che lo avvicinò con l’aria di riconoscere in lui una persona nota. La vecchia infatti, dopo averlo     fissato negli occhi lo afferrò per le braccia dicendogli: 20 «Ma tu sei Andreuccio!». Non si era sbagliata, perché Andreuccio a sua volta la riconobbe e l’abbracciò. Era stata, molti anni avanti, una sua nutrice. Quando la vecchia se ne andò, la giovane siciliana la raggiunse e le domandò     chi mai avesse ritrovato quella mattina. 25 «Ho fatto da balia a quel giovanotto», spiegò la vecchia, «quando, bambino, viveva a Palermo con suo padre e sua madre. L’ho ritrovato poi, cresciuto, a Perugia dove andai a servizio alcuni anni or sono». La giovane volle sapere ogni particolare del passato di Andreuccio e della sua     famiglia. La donna l’accontentò volentieri, poi se ne andò per i fatti suoi. 30 Arrivata a casa, la bella siciliana mandò una sua cameriera all’albergo dove alloggiava il giovane, con l’incarico di invitarlo a casa. «La mia padrona», disse la cameriera ad Andreuccio, «ha qualche cosa d’importante da farvi sapere». Entra in scena il , presentato da subito come un giovane inesperto, incauto e disposto ingenuamente a credere alle invenzioni di una bella ragazza, esperta dell’arte della parola. (rr. 9-16) protagonista il fiorino era una moneta fiorentina ed era così chiamata dal giglio, simbolo della città, che portava impresso. Originariamente d’argento, fu coniata in oro a partire dal 1253. 5 fiorini d’oro:     Ricordando le belle fattezze della ragazza, Andreuccio vi andò subito, seguendo 35 6 la cameriera fino al malfamato quartiere del Pertugio, nelle vicinanze 7 del porto. La siciliana, che era donna di malaffare, vedendolo arrivare gli corse incontro a braccia aperte, lo strinse al seno e lo guidò dentro la sua casa, che era molto ricca,     piena di tappeti e di tendaggi. 40 Andreuccio, che si credeva un gran bel giovane, lusingato da una simile accoglienza, era convinto d’aver fatto colpo sulla ragazza. «Caro Andreuccio!», gli andava dicendo. «Che fortuna averti ritrovato!». «Come puoi conoscere il mio nome?», le chiese Andreuccio.     «Stamattina, al mercato, il caso volle che io ti fossi vicina mentre una mia vecchia 45 cameriera, che ora è a servizio presso altri, ti parlava di quando eri fanciullo a Palermo. Sentendola fare il tuo nome, rimasi senza parole. Andreuccio è il nome di un mio fratello che non ho mai conosciuto, perché ne sono stata separata quando avevo un anno o due. Aspettai che la vecchia se ne andasse, non osando avvicinarmi     a te, ma la raggiunsi poco dopo e da lei seppi con certezza quanto avevo 50 intuito. Andreuccio, tu sei mio fratello!». Così dicendo, gli gettò le braccia al collo un’altra volta. «Come può esser questo?», domandò il giovane. «Pietro, mio padre e tuo», gli spiegò, «dimorò lungamente a Palermo, come saprai.     Là conobbe quella che fu nostra madre ed ebbe noi due come figlioli. Nostra 55 madre morì dandomi alla luce. Pietro se ne andò un anno dopo a Perugia portandoti con sé e lasciando me nelle mani della nonna materna. Tu avevi allora tre anni. Morto presto anche nostro padre, come ti è noto, noi siamo cresciuti lontani, sconosciuti l’uno all’altra. Quando ebbi vent’anni, andai sposa a un ricco signore     palermitano, gran favorito del re Carlo. Con mio marito sono venuta a Napoli, 60 8 dove sono conosciuta come madama Fiordaliso. Ora mio marito è in viaggio, ma quando tornerà sarà felice di sapere che ho ritrovato il fratello del quale gli ho parlato tante volte». Avvalendosi di quanto aveva saputo dalla vecchia, gli domandò poi dei suoi     parenti con tanta precisione di particolari, che Andreuccio fu certo d’aver trovato 65 una sorella. Fiordaliso, finiti i convenevoli, gli fece servire dei rinfreschi e, sempre vezzeggiandolo 9 e spesso abbracciandolo e baciandolo, lo convinse a restare con lei per la cena.     Serviti dalla cameriera che era andata a invitare Andreuccio, i due stettero a 70 tavola fino a notte fatta, conversando e mangiando. «A Napoli», gli disse a una cert’ora Fiordaliso, «è pericoloso circolare di notte. Perciò ti ho fatto preparare una camera, dove tu puoi dormire tranquillamente come in casa tua».     Venuta l’ora di coricarsi, Andreuccio entrò nella stanza che gli era stata destinata, 75 accompagnato da un servitorello che gli mostrò ogni cosa e soprattutto la porticina del cesso. i tratti del corpo e, soprattutto, del viso. 6 fattezze: il quartiere, realmente esistente, si chiamava così per via di una apertura che era stata praticata nelle mura di cinta della città per permettere di raggiungere più velocemente il porto. 7 Pertugio: si chiamava così l’uomo di corte più ascoltato e stimato da un sovrano e a lui più caro. 8 gran favorito: trattandolo teneramente e affettuosamente. 9 vezzeggiandolo: Andato via il ragazzo e prima di spogliarsi, Andreuccio entrò nel camerino. 10 Ma appena dentro, il pavimento, che funzionava come trabocchetto, si ribaltò 11      80 e il giovane cadde in basso, finendo sul fondo di un chiassetto dove stagnava 12 che gli smorzò la caduta, ma più di un metro di sterco lo incatramò da capo a . piedi qui di Andreuccio derubato e costretto, mezzo nudo e coperto di lordume, ad allontanarsi nel cuore della notte. (rr. 78-85) Termina la prima peripezia lo stanzino adibito a cesso. 10 camerino: che era stato messo in modo da funzionare come un trabocchetto. 11 che... trabocchetto: vicolo stretto e buio. 12 chiassetto: Dibattendosi in quella sporcizia, il poveretto cominciò a gridare, ma nessuno lo ascoltava. La “sorella” intanto, entrata nella camera, si impossessava della sua     borsa coi cinquecento fiorini d’oro. 85 Vedendo che nessuno accorreva in suo soccorso, Andreuccio provò ad issarsi su di un muro che chiudeva il chiassetto verso strada. Ci riuscì, e giunto in cima, si lasciò cadere all’esterno. Insozzato com’era, andò alla porta di madama Fiordaliso e si diede a chiamare     a gran voce la “sorella”. Ma vedendo che nessuno compariva alle finestre, afferrato 90 un sasso, cominciò a percuotere i battenti e a scuoterli vigorosamente, finché si aprì silenziosamente una finestra del pianterreno alla quale apparve un gigante barbuto, che con voce cavernosa gl’ingiunse di andarsene immediatamente se non voleva essere ucciso a bastonate.     Spaventato dalla faccia e dalla voce dell’energumeno, Andreuccio lasciò cadere 95 in terra il sasso e volse la schiena a quella maledetta casa. Non avendo il coraggio di presentarsi in albergo insozzato e puzzolente come si trovava, si diresse verso il mare, nel quale contava di immergersi e di lavarsi. Svoltato un angolo, vide due uomini che venivano verso di lui con una lanterna   in mano. Temendo che fossero delle guardie, si cacciò dentro un cortiletto e si 100 accovacciò in un angolo. I due, senza averlo visto, vi entrarono anche loro e posata la lanterna in terra, si misero ad esaminare certi ferramenti che portavano in collo. Ma uno di loro alzò il capo e disse:   «Cos’è questa puzza?». 105 L’altro prese di terra la lanterna e girandola intorno vide, raggomitolato su se stesso, il povero Andreuccio. Gli domandò cosa facesse in quel luogo e come mai si trovasse così coperto di lordura. Quando Andreuccio ebbe raccontato quello che gli era accaduto, i due, parlando   tra di loro, conclusero che il disgraziato doveva essere capitato nella casa del 110 brigante Scarafone. «Buon uomo», gli disse uno dei due, «ringrazia Dio che ti è andata ancora bene, perché sei uscito vivo, anche passando per lo sterco, da quella casa. È un vero miracolo che non ti abbiano ammazzato».   «Stai zitto e non dire a nessuno quello che ti è capitato», aggiunse l’altro, «perché 115 se parli fanno sempre in tempo ad accopparti. Al tuo denaro non ci pensare più, e vieni con noi, che andiamo a far un grosso colpo. Se ci aiuterai, avrai la tua parte». Andreuccio, sperando di rifarsi del danno subito, non domandò altro e li seguì.   Ma i due vollero che si ripulisse un poco, non potendogli stare vicino per il 120 gran fetore che mandava. La è ancora : Andreuccio non esita a seguire i due ladri, nella speranza di ottenere un facile guadagno dopo il danno precedentemente subito. (rr. 119-120) maturazione del protagonista lontana Andarono, per lavarlo alla meglio, a un pozzo poco distante. Ma giunti al pozzo, trovarono che dalla carrucola pendeva solo la fune, senza il secchione, forse rubato da qualcuno quella stessa notte. Pensarono allora di calare Andreuccio   nell’acqua. Lo legarono saldamente in vita e lo fecero scendere piano piano finché, 125 toccato il fondo, il giovane cominciò a lavarsi. Mentre i due aspettavano seduti sul parapetto del pozzo, spuntò da una strada un drappello di guardie. I ladri credettero bene di squagliarsi rapidamente. Le guardie, che venivano al pozzo per bere, deposero per terra le armi e incominciarono   a tirare la fune, in capo alla quale si aspettavano di veder spuntare il 130 secchio pieno d’acqua fresca. Arrivò invece, tutto grondante, Andreuccio, che riuscì . ad afferrarsi al parapetto appena in tempo per non ricadere in fondo al pozzo Le guardie infatti, terrorizzate da quell’apparizione, avevano mollato la fune e se l’erano data a gambe. L’arrivo di una pattuglia di guardie mette in fuga i due compagni di Andreuccio: la fortuna è ora dalla sua parte, ma è grazie all’“ ”, ovvero all’astuzia umana, che egli saprà uscire dai guai. (rr. 127-134) ingegno   Andreuccio, scavalcato il parapetto, trovò per terra le armi abbandonate dalle 135 guardie e non seppe cosa pensare. Smarrito e confuso, prese la prima strada che si trovò davanti e andò vagando a caso, finché si incontrò coi due di prima che venivano a cavarlo dal pozzo. Parlando con loro, tutto gli fu chiaro, tranne l’impresa alla quale si era offerto   di partecipare. Ne chiese conto e gli venne spiegato che, essendo stato seppellito il 140 giorno avanti in duomo l’arcivescovo e gran dignitario del Regno monsignore Filippo Minutolo, i due compari avevano pensato di entrare nottetempo nel duomo, 13 aprire il sarcofago e spogliare la salma dei ricchi ornamenti che vestiva, in particolare d’un prezioso anello con un rubino del valore di cinquecento fiorini d’oro. è un personaggio storico. 13 Filippo Minutolo: Miniatura raffigurante la novella di Andreuccio da Perugia, in un codice del , XV secolo. Parigi, Bibliothèque de l’Arsenal. Decameron   Il giovane era così disperato che ormai gli andava bene tutto. Andò quindi di 145 buona voglia alla spogliazione dell’arcivescovo. Arrivati al duomo, i tre vi entrarono senza fatica rompendo un finestrone. Il sepolcro era di marmo e molto grande, ma coi loro ferri riuscirono a sollevarne il coperchio quanto bastava a far passare un uomo. Puntellato il coperchio, il primo   ladro disse: 150 «Chi entrerà dentro?». «Io no», rispose l’altro. «Io neppure», disse il primo. «Ma ci entrerà il nostro amico». «Perché dovrei entrarvi proprio io?», chiese preoccupato Andreuccio.   «Come! Non ci vuoi entrare?», esclamarono insieme i due compari. «Ti abbiamo 155 forse portato con noi solo per compagnia? O per darti una parte del bottino? Se non entri, brutto puzzone, ti ammazzeremo con questi paletti!». Vedendo che non vi era scampo, Andreuccio entrò. Appena dentro, tolse l’anello al morto e se lo mise al dito. Poi mandò fuori la mitra, la croce d’oro e il 14   pastorale. 160 15 «Non c’è più niente», disse. «Cerca. Ci dev’essere l’anello», insistevano gli altri. «Non lo trovo», gridava Andreuccio. Convinti che l’anello non ci fosse davvero, i due birboni tolsero il puntello che   sosteneva il coperchio, il quale ricadde sull’arca rinchiudendo Andreuccio insieme 165 al morto. Il disgraziato tentò con tutte le sue forze di sollevare la pesante copertura di marmo, ma finì con l’abbattersi, disanimato, sul corpo dell’arcivescovo, mentre i due se la svignavano di gran corsa.   Quando Andreuccio ritornò in sé e si vide al buio, mezzo soffocato dal lezzo 170 del cadavere, capì che sarebbe morto in quella tomba. Tentò ancora, piangendo e disperandosi, di sollevare il coperchio, ma ormai senza speranza. Solo al mattino, se fosse stato ancora vivo, quando si sarebbe aperto il tempio avrebbe potuto far sentire le sue grida. Ma se anche l’avessero tirato fuori, sarebbe stato solo per impiccarlo   come ladro. 175 Il copricapo di forma allungata che i vescovi portano  14 la mitra: durante le cerimonie solenni. il bastone con la parte terminale superiore ricurva,simbolo dell’autorità vescovile. 15 il pastorale: Stando in questi orribili pensieri, sentì dei rumori. Era gente che andava per la chiesa e stava avvicinandosi al sepolcro. Dalle loro parole e dal rumore dei ferri che maneggiavano, capì che venivano a fare quel che lui e gli altri due avevano già fatto. infatti . Ma quando I nuovi ladri sollevarono il coperchio e lo puntellarono   si trattò di decidere chi dovesse entrare, nessuno ne voleva sapere. Dopo una lunga 180 disputa, si fece avanti uno che disse: «Di che avete paura? Di venir mangiati dall’arcivescovo? I morti sono morti. Vi entrerò io!». Così detto, salito sull’arca, si calò dentro appoggiando il petto sul bordo e   mandando avanti le gambe. Andreuccio lo prese per i piedi e cominciò a tirarlo. 185 L’altro, dato un urlo acutissimo, sgusciò fuori e si diede alla fuga, seguito dai compagni, che parevano incalzati da centomila diavoli. Il ruolo della è ancora una volta determinante: è grazie all’arrivo di un’altra banda di criminali che il protagonista riesce a liberarsi. (rr. 176-181) fortuna Il giovane poté allora uscire dalla tomba, calarsi dal finestrone per il quale era entrato nel duomo, e raggiungere la strada.  Le prime luci del giorno diradavano le tenebre e si cominciava a veder gente che 190 usciva dalle case. In dito aveva l’anello dell’arcivescovo, che si tolse e mise in tasca , dove, fatte le valigie, pagò il conto coi pochi soldi prima di arrivare al suo albergo che aveva nelle tasche e, lasciata Napoli in tutta fretta, si diresse verso Perugia. Ogni tanto, cavalcando, si toglieva di tasca l’anello e lo guardava alla luce del sole.   «In fondo», si diceva, «ho quel che avevo prima di partire. Ma quanta puzza!». 195 Del rischio che aveva corso d’essere ammazzato dal brigante Scarafone, di morire nella tomba dell’arcivescovo o di venire impiccato, era troppo giovane per tenerne conto. Andava allegramente sul suo cavallo per la campagna, spronando ogni tanto l’animale, tanto aveva fretta d’arrivare a Perugia per raccontare agli amici   la sua storia. 200 Nella conclusione della novella il del protagonista è ormai ultimato: il giovane, forte delle esperienze vissute, si appropria del prezioso anello e scappa via. È così diventato un perfetto eroe boccacciano del “saper vivere”, capace di uscire indenne dalle avventure e dalle difficoltà che la vita riserva. (rr. 190-194) percorso di formazione  pagina 406  PASSO PASSO Spazio e tempo Solitamente racconti avventurosi pieni di colpi di scena quali quelli che si susseguono in questa novella ricadono all’interno di un contesto spazio-temporale quanto mai vasto e non sempre determinato con precisione. In questo caso, Boccaccio sceglie una strada diversa visto che le peripezie di Andreuccio si consumano all’interno di . coordinate ben delineate 1.  Indica qual è l’arco temporale e lo spazio in cui avvengono le vicende del protagonista, mettendo inoltre in evidenza se le sue vicissitudini ricadono in un contesto reale oppure immaginario e fantastico. Dall'ingenuità alla scaltrezza Sin dalle prime battute della novella Boccaccio raffigura la goffaggine e la dabbenaggine stupefatta di un giovane provinciale capitato all’improvviso in un ambiente di cinica delinquenza, uno scenario molto più grande di lui. L’ingenuità di Andreuccio è sottolineata più volte da diverse espressioni della voce narrante: (r. 9); [...] (rr. 13-15); [...] (rr. 41-42); (r. 119). La novella sembrerebbe così inserirsi a prima vista nella serie di quelle in cui campeggiano gli ingenui e gli sciocchi beffati. Tuttavia la sua ingenuità non è un tratto definitivo: come avviene nei racconti di formazione, , e profondamente, sfruttando le disavventure patite come lezioni o esperienze attraverso le quali maturare. che non si era mai mosso da Perugia mostrava spesso qua e là la sua borsa piena di fiorini d’oro Andreuccio, che si credeva un gran bel giovane era convinto di aver fatto colpo sulla ragazza sperando di rifarsi del danno subito il protagonista cambia Vincenzo Abbati, Interno della Cappella Minutolo di Napoli (particolare), 1844. Treviso, Musei Civici.  pagina 407  2.  Che cosa impara Andreuccio a contatto con un ambiente dominato dalla truffa e dall’inganno? In che modo avviene la sua particolare “educazione alla vita” e quale è, infine, l’esito di questo apprendistato? Un racconto di formazione Per completare il proprio processo di iniziazione alla vita matura, Andreuccio deve passare attraverso una serie di prove : tali possono essere interpretate le diverse cadute o discese (nel chiassetto, nel pozzo, nella tomba), che diventano altrettanti momenti in cui il personaggio è chiamato a mettere in campo le proprie risorse per superare le difficoltà che gli si presentano. 3.  Per alcuni studiosi, tali cadute e risalite possono essere interpretate in chiave simbolica come il percorso dei rituali di iniziazione tipici delle società arcaiche, nei quali dopo la “morte” del giovane si assisteva alla “nascita” dell’adulto. In che modo, a tuo giudizio, può essere letta questa alternanza tra basso e alto e, inoltre, tra il buio notturno in cui Andreuccio affronta le sue cadute e l’alba che sorge dopo di esse? Il ruolo della fortuna Le vicende in cui Andreuccio viene a trovarsi sono determinate anche dal caso o dalla fortuna , che inizialmente si pone quale antagonista del giovane: per caso Andreuccio precipita nel chiassetto (se si fosse addormentato in casa della siciliana, forse sarebbe stato addirittura ucciso); per caso incontra i due ladri che lo portano con sé; per caso, una volta in preda alla disperazione trovandosi chiuso nel sarcofago, sopraggiunge un’altra banda di criminali, grazie ai quali riuscirà a liberarsi. Nell’economia narrativa della novella, la fortuna sembra che si diverta a creare incontri e situazioni, in un continuo avvicendarsi di cadute e risalite. Ma è poi il personaggio che riuscirà a piegare il disegno della fortuna a proprio vantaggio, attraverso l’astuzia che nel frattempo ha sviluppato. 4.  Quali sono le azioni messe in atto dal protagonista che testimoniano il suo ingegno e gli permettono di diventare, lui inizialmente così sprovveduto, abile e smaliziato? Educazione CIVICA – Spunti di realtà OBIETTIVO CITTÀ E COMUNITÀ SOSTENIBILI 11 La Napoli descritta nella novella di Andreuccio da Perugia è caratterizzata, come tutte le città dell’epoca, da condizioni igieniche molto precarie, con strade piene di rifiuti e reti fognarie inesistenti. Oggi la situazione nelle città italiane non è più così drammatica, ma la continua a essere una tematica molto attuale, tra problemi di smaltimento e tentativi di avviare processi di raccolta differenziata. gestione dei rifiuti • Come giudicheresti la situazione della tua città in tal senso? Credi che si potrebbe fare qualcosa di diverso per migliorarne le condizioni? Discutine in classe e argomenta il tuo punto di vista.