IL TESTO SIMBOLO T8 Federigo degli Alberighi , V, 9 Decameron diamo i numeri 6 I LIBRI DEL TRATTATO DI FEDERICO II SULLA FALCONERIA 1559 L'ANNO IN CUI IL È MESSO DECAMERON ALL’ INDICE Voglio avanti uomo che abbia bisogno di ricchezza che ricchezza che abbia bisogno d’uomo.   Nella novella trovano conciliazione il valore aristocratico della e quello borghese del . CORTESIA RISPARMIO Il sentimento del protagonista incarna l’ideale di un , che sa vincere anche i . AMORE DEVOTO CAPRICCI DELLA FORTUNA Federigo è il modello di un   che sa diventare  . UOMO PRAGMATICO Boccaccio fa parlare i personaggi : in questo caso essi si esprimono con l’eleganza del mondo cortese a cui appartengono. IN BASE ALLA LORO CONDIZIONE  pagina 428  Siamo ancora nella Quinta giornata, dedicata agli amori felici: Fiammetta racconta questa novella il cui protagonista riuscirà a conquistare la donna amata, e a lungo inutilmente corteggiata, grazie a quelle virtù cavalleresche che Boccaccio addita all’emergente borghesia mercantile. I valori cortesi della liberalità e del sacrificio Federigo degli Alberighi ama e non è amato, e in cortesia spendendo si consuma e  rimangli un sol falcone, il quale, non avendo altro, dà a mangiare alla sua donna venutagli  a casa; la qual, ciò sappiendo, mutata d’animo, il prende per marito e fallo ricco. […] Dovete adunque sapere che Coppo di Borghese Domenichi, il quale fu nella nostra  1       città, e forse ancora è, uomo di grande e di reverenda auttorità ne’ dì nostri, e  5 per costumi e per vertù molto più che per nobiltà di sangue chiarissimo e degno  2 d’eterna fama, essendo già d’anni pieno, spesse volte delle cose passate co’ suoi  3 vicini e con altri si dilettava di ragionare: la qual cosa egli meglio e con più ordine  e con maggior memoria e ornato parlare che altro uom seppe fare. Era usato di  4     dire, tra l’altre sue belle cose, che in Firenze fu già un giovane chiamato Federigo di  10 messer Filippo Alberighi, in opera d’arme e in cortesia pregiato sopra ogni altro  5 6 donzel di Toscana. Il quale, sì come il più de’ gentili uomini avviene, d’una gentil  7 8 donna chiamata monna Giovanna s’innamorò, ne’ suoi tempi tenuta delle più  9 belle donne e delle più leggiadre che in Firenze fossero; e acciò che egli l’amor di      lei acquistar potesse, giostrava, armeggiava, faceva feste e donava, e il suo senza  15 10 11 alcun ritegno spendeva; ma ella, non meno onesta che bella, niente di queste cose  per lei fatte né di colui si curava che le faceva. Spendendo adunque Federigo oltre a ogni suo potere molto e niente acquistando,   12 sì come di leggiere adiviene, le ricchezze mancarono e esso rimase povero,  13     senza altra cosa che un suo poderetto piccolo essergli rimasa, delle rendite  20 14 del quale strettissimamente vivea e oltre a questo un suo falcone de’ miglior del  15 mondo. Per che, amando più che mai né parendogli più potere essere cittadino  come disiderava, a Campi, là dove il suo poderetto era, se n’andò a stare. Quivi,  16 17 quando poteva uccellando e senza alcuna persona richiedere, pazientemente la  18 19     sua povertà comportava. 25 20 Ora avvenne un dì che, essendo così Federigo divenuto allo stremo, che il marito  di monna Giovanna infermò, e veggendosi alla morte venire fece testamento;  e essendo ricchissimo, in quello lasciò suo erede un suo figliuolo già grandicello  e appresso questo, avendo molto amata monna Giovanna, lei, se avvenisse che il      figliuolo senza erede legittimo morisse, suo erede substituì, e morissi. 30 21 22 Federigo ama Giovanna e spende tutto il proprio patrimonio per impressionarla personaggio storico (Coppo è forma abbreviata di Giacoppo, a sua volta da Jacopo), protagonista della vita politica fiorentina del primo Trecento (morì verso il 1353). 1 Coppo di Borghese Domenichi: assai illustre ( ) per le sue abitudini di comportamento ( ) e per le sue virtù morali prima ancora che ( ) per la nobiltà del sangue. 2 e per costumi… chiarissimo: chiarissimo costumi più che anziano. 3 d’anni pieno: era solito. 4 Era usato: la famiglia è di antica nobiltà fiorentina, tuttavia Federigo non è attestato tra i suoi membri. 5 Federigo di messer Filippo Alberighi: apprezzato. 6 pregiato: giovane di nobile famiglia. 7 donzel: come per lo più avviene agli uomini nobili. 8 sì come… avviene: ritenuta tra le. 9 tenuta delle: ottenere. 10 acquistar: partecipava a giostre e a tornei d’arme. 11 giostrava, armeggiava: non ottenendo nulla dalla donna. 12 niente acquistando: facilmente accade. 13 di leggiere adiviene: senza che gli fosse rimasto altro che un suo piccolo podere. 14 senza altra cosa… essergli rimasa: in forti ristrettezze. 15 strettissimamente: vivere in città nel modo in cui desiderava. 16 essere cittadino come disiderava: oggi Campi Bisenzio, località vicino a Firenze. 17 Campi: praticando la caccia agli uccelli (con il suo falcone). 18 uccellando: senza chiedere aiuto a nessuno (dei suoi pari; ma senza rinunciare alla servitù). 19 senza alcuna persona richiedere: sopportava. 20 comportava: nominò monna Giovanna propria erede in sostituzione del figlio, qualora questi fosse morto senza lasciare un erede legittimo. 21 suo erede substituì: morì. 22 morissi: Rimasa adunque vedova monna Giovanna, come usanza è delle nostre donne,  l’anno di state con questo suo figliuolo se n’andava in contado a una sua possessione  23 assai vicina a quella di Federigo. Per che avvenne che questo garzoncello   24 s’incominciò a dimesticare con Federigo e a dilettarsi d’uccelli e di cani; e avendo  25     veduto molte volte il falcon di Federigo volare e stranamente piacendogli, forte  35 26 disiderava d’averlo ma pure non s’attentava di domandarlo, veggendolo a lui  27 esser cotanto caro. E così stando la cosa, avvenne che il garzoncello infermò; di  che la madre dolorosa molto, come colei che più no’ n’avea e lui amava quanto  28 più si poteva, tutto il dì standogli dintorno non restava di confortarlo e spesse  29     volte il domandava se alcuna cosa era la quale egli disiderasse, pregandolo gliele   40 30 31 dicesse, ché per certo, se possibile fosse a avere, procaccerebbe come l’avesse. 32 Il giovanetto, udite molte volte queste proferte, disse: «Madre mia, se voi fate  33 che io abbia il falcone di Federigo, io mi credo prestamente guerire». La donna, udendo questo, alquanto sopra sé stette e cominciò a pensar quello  34     che far dovesse. Ella sapeva che Federigo lungamente l’aveva amata, né mai da lei  45 una sola guatatura aveva avuta, per che ella diceva: «Come manderò io o andrò  35 36 a domandargli questo falcone, che è, per quel che io oda, il migliore che mai  volasse e oltre a ciò il mantien nel mondo? E come sarò io sì sconoscente, che  37 38 a un gentile uomo al quale niuno altro diletto è più rimaso, io questo gli voglia      torre?». E in così fatto pensiero impacciata, come che ella fosse certissima  50 39 40 d’averlo se ’l domandasse, senza sapere che dover dire, non rispondeva al figliuolo  ma si stava. 41 Ultimamente tanto la vinse l’amor del figliulo, che ella seco dispose, per  42 43 44 contentarlo, che che esser ne dovesse, di non mandare ma d’andare ella medesima  45     per esso e di recargliele, e risposegli: «Figliuol mio, confortati e pensa di  55 46 guerire di forza, ché io ti prometto che la prima cosa che io farò domattina, io  47 andrò per esso e sì il ti recherò». Di che il fanciullo lieto il dì medesimo mostrò  48 alcun miglioramento. Il figlio di Giovanna si ammala e chiede il falcone di Federigo ogni anno d’estate. 23 l’anno di state: ragazzino. 24 garzoncello: familiarizzare. 25 dimesticare: fortemente. 26 stranamente: osava. 27 s’attentava: da madre che non aveva altri figli. 28 come… no’ n’avea: smetteva. 29 restava: gli. 30 il: che glielo. 31 gliele: se fosse stata una cosa possibile da ottenere, avrebbe fatto in modo di fargliela avere. 32 se possibile… l’avesse: offerte, sollecitazioni. 33 proferte: si mise a riflettere. 34 sopra sé stette: sguardo. 35 guatatura: manderò qualcuno. 36 manderò: lo mantiene in vita. 37 il mantien nel mondo: scortese, insensibile. 38 sconoscente: togliere. 39 torre: sebbene. 40 come che: rimaneva indecisa sul da farsi. 41 si stava: alla fine. 42 Ultimamente: figliolo. 43 figliulo: decise in cuor suo. 44 seco dispose: qualunque cosa dovesse derivarne. 45 che che esser ne dovesse: per il falcone e di portarlo a suo figlio. 46 per esso e di recargliele: cerca con tutte le tue forze di guarire. 47 pensa… di forza: così te lo porterò. 48 sì il ti recherò: La donna la mattina seguente, presa un’altra donna in compagnia, per modo      di diporto se n’andò alla piccola casetta di Federigo e fecelo adimandare. Egli,  60 49 50 per ciò che non era tempo, né era stato a quei dì, d’uccellare, era in un suo orto e  faceva certi suoi lavorietti acconciare; il quale, udendo che monna Giovanna il  51 domandava alla porta, maravigliandosi forte, lieto là corse. La quale vedendol venire, con una donnesca piacevolezza levataglisi incontro,  52     avendola già Federigo reverentemente salutata, disse: «Bene stea Federigo!»   65 53 e seguitò: «Io son venuta a ristorarti de’ danni li quali tu hai già avuti per me  54 amandomi più che stato non ti sarebbe bisogno: e il ristoro è cotale, che io  55 56 intendo con questa mia compagna insieme desinar teco dimesticamente   57 stamane».     Alla qual Federigo umilmente rispose: «Madonna, niun danno mi ricorda mai  70 avere ricevuto per voi ma tanto di bene che, se io mai alcuna cosa valsi, per lo  58 vostro valore e per l’amore che portato v’ho adivenne. E per certo questa vostra  59   venuta m’è troppo più cara che non sarebbe se da capo mi fosse dato da  ▶ liberale 60 spendere quanto per adietro ho già speso, come che a povero oste siate venuto»;   61     e così detto, vergognosamente dentro alla sua casa la ricevette e di quella nel suo  75 62 giardino la condusse, e quivi non avendo a cui farle tener compagnia a altrui,   63 disse: «Madonna, poi che altri non c’è, questa buona donna moglie di questo  lavoratore vi terrà compagnia tanto che io vada a far metter la tavola». 64 Giovanna si reca da Federigo per chiedergli il falcone TRECCANI ▶ Le parole valgono Nell’etica aristocratica e cavalleresca la è una qualità fondamentale: il contegno generoso e la disposizione a spendere e donare sono tipici di chi non è costretto alla fatica del lavoro e gode di una condizione libera. è quindi sinonimo di “magnanimo”. Da questo significato a quello di come fautore della libertà il passo è breve: alla fine del Settecento, con il termine si indica un movimento di pensiero che riconosce all’individuo un valore autonomo e tende a limitare l’azione dello Stato in base alla distinzione tra pubblico e privato.  liberale liberalità Liberale liberale liberalismo ➔ Non vanno confuse con liberalismo tre parole simili, liberismo , libertarismo e libertinismo : che cosa significano? come se si recasse a fare una passeggiata. 49 per modo di diporto: lo fece chiamare. 50 fecelo adimandare: faceva sistemare certi suoi piccoli lavori. 51 faceva… acconciare: grazia insieme femminile e signorile. 52 donnesca piacevolezza: stia bene Federigo! (formula augurale di saluto). 53 Bene stea Federigo!: ricompensarti. 54 ristorarti: più di quanto avresti dovuto. 55 più che stato non ti sarebbe bisogno: la ricompensa è questa (prolettico, cioè anticipa quanto dice subito dopo). 56 il ristoro è cotale: familiarmente. 57 dimesticamente: non mi ricordo di avere mai ricevuto da voi alcun danno. 58 niun danno… per voi: ma tanto bene che, se mai in passato ho avuto qualche virtù ( ), ciò avvenne ( ) soltanto per il vostro valore e per l’amore che vi ho portato. 59 ma tanto… adivenne: alcuna cosa valsi adivenne gentile, generosa. 60 liberale: mi è molto ( ) più cara di quanto mi sarebbe caro il fatto di potere spendere di nuovo ( ) quanto in passato ( ) ho già speso, sebbene ( ) siate venuta da un ospite ( ) povero. Federigo afferma cioè che questa visita inaspettata di monna Giovanna gli è più gradita di quanto gli sarebbe recuperare tutto il denaro che ha speso per lei. 61 m’è troppo più cara… siate venuto: troppo da capo per adietro come che oste da. 62 di: nessun altro a cui farle tenere compagnia. Si intende qualcuno in grado di farlo per rango; i servitori non erano considerati all’altezza del compito. 63 a cui… a altrui: contadino. 64 lavoratore: Egli, con tutto che la sua povertà fosse strema, non s’era ancor tanto avveduto,  65     quanto bisogno gli facea, che egli avesse fuor d’ordine spese le sue richezze;   80 66 ma questa mattina niuna cosa trovandosi di che potere onorar la donna, per amor  della quale egli già infiniti uomini onorati avea, il fé ravedere. E oltre modo  67 angoscioso, seco stesso maledicendo la sua fortuna, come uomo che fuor di  68 sé fosse or qua e or là trascorrendo, né denari né pegno trovandosi, essendo  69 70     l’ora tarda e il disidero grande di pure onorar d’alcuna cosa la gentil donna e non  85 volendo, non che altrui, ma il lavorator suo stesso richiedere, gli corse agli occhi  71 il suo buon falcone, il quale nella sua saletta vide sopra la stanga; per che,  72 non avendo a che altro ricorrere, presolo e trovatolo grasso, pensò lui esser degna  vivanda di cotal donna. E però, senza più pensare, tiratogli il collo, a una sua  73     fanticella il fé prestamente, pelato e acconcio, mettere in uno schedone e  90 74 75 76 arrostir diligentemente; e messa la tavola con tovaglie bianchissime, delle quali  alcuna ancora avea, con lieto viso ritornò alla donna nel suo giardino e il desinare,  che per lui far si potea, disse essere apparecchiato. Laonde la donna con la sua  77 78 compagna levatasi andarono a tavola e, senza saper che si mangiassero, insieme      con Federigo, il quale con somma fede le serviva, mangiarono il buon falcone. 95 79 Federigo decide di cucinare il falcone per onorare Giovanna estrema. 65 strema: non si era ancora reso conto, tanto quanto sarebbe stato necessario, di avere speso le sue ricchezze in modo disordinato ( ), cioè con eccessiva prodigalità. 66 non s’era… richezze: fuor d’ordine l’evento di quella mattina (cioè l’arrivo inaspettato della donna) lo fece ravvedere, gli fece comprendere i propri errori, poiché egli non possedeva nulla con cui poter fare onore alla donna per amore della quale in passato ( ) aveva onorato moltissime persone (offrendo lussuosi banchetti). 67 questa mattina… il fé ravedere: già angosciato. 68 angoscioso: girando qua e là come se fosse fuori di sé, come se fosse pazzo. 69 come uomo… trascorrendo: oggetto da dare in pegno. 70 pegno: e non volendo chiederla ad altri ma neppure al suo stesso contadino. 71 e non volendo… richiedere: sbarra di ferro su cui è appollaiato il falcone. 72 stanga: perciò. 73 però: servetta. 74 fanticella: spiumato e preparato. 75 pelato e acconcio: spiedo. 76 schedone: che era stato in grado di preparare. 77 che per lui far si potea: perciò. 78 Laonde: devozione. 79 fede: E levate da tavola e alquanto con piacevoli ragionamenti con lui dimorate, parendo  80 alla donna tempo di dire quello per che andata era, così benignamente verso  Federigo cominciò a parlare: «Federigo, ricordandoti tu della tua preterita vita e  81 della mia onestà, la quale per avventura tu hai reputata durezza e crudeltà, io non  82   dubito punto che tu non ti debbi maravigliare della mia presunzione sentendo  100 83 quello per che principalmente qui venuta sono; ma se figliuoli avessi o avessi avuti,  per li quali potessi conoscere di quanta forza sia l’amor che lor si porta, mi parrebbe  84 esser certa che in parte m’avresti per iscusata. Ma come che tu no’ n’abbia, io  85 86 che n’ho uno, non posso però le leggi comuni dell’altre madri fuggire; le cui forze  87   seguir convenendomi, mi conviene, oltre al piacer mio e oltre a ogni convenevolezza   105 88 89 90 e dovere, chiederti un dono il quale io so che sommamente t’è caro: e è ragione,  per ciò che niuno altro diletto, niuno altro diporto, niuna consolazione  91 92 93 lasciata t’ha la tua strema fortuna; e questo dono è il falcon tuo, del quale il fanciul  94 mio è sì forte    , che, se io non gliele porto, io temo che egli non aggravi tanto  ▶ invaghito   nella infermità la quale ha, che poi ne segua cosa per la quale io il perda. E per  110 95 ciò ti priego, non per l’amore che tu mi porti, al quale tu di niente se’ tenuto, ma  96 per la tua nobiltà, la quale in usar cortesia s’è maggiore che in alcuno altro mostrata,  che ti debba piacere di donarlomi, acciò che io per questo dono possa dire d’avere  ritenuto in vita il mio figliuolo e per quello averloti sempre obligato». 97 98 Giovanna chiede a Federigo il falcone TRECCANI ▶ Le parole valgono L’aggettivo , che oggi utilizziamo con il significato di “incerto, confuso”, ha però anche, specie presso i poeti, la dolce accezione di “leggiadro, bello, grazioso”. Nel verbo sembra che ci sia l’uno e l’altro aspetto: innamorarsi può essere al tempo stesso un sentimento delicato e volubile, appassionato e instabile. Chi è insomma desidera qualcosa o qualcuno con un desiderio acceso ma anche leggero.  invaghito vago invaghirsi invaghito ➔ Vago può essere anche un suffisso, come accade nell’aggettivo ondivago : scrivi il suo significato e forma una frase di senso compiuto. intrattenutesi. 80 dimorate: passata. 81 preterita: forse. 82 per avventura: sfacciataggine. 83 presunzione: per mezzo dei quali, grazie ai quali. 84 per li quali: che mi avresti, almeno in parte, scusata. 85 che in parte m’avresti per iscusata: siccome non hai figli. 86 come… n’abbia: perciò. 87 però: dovendo io seguire. 88 seguir convenendomi: al di là della mia volontà. 89 oltre al piacer mio: convenienza, senso di opportunità. 90 convenevolezza: poiché. 91 per ciò che: nessuno. 92 niuno: svago. 93 diporto: cattiva sorte. 94 strema fortuna: lo. 95 il: in virtù del quale tu non sei obbligato a nulla. 96 al quale tu di niente se’ tenuto: tenuto. 97 ritenuto: in virtù di ciò (il fatto che monna Giovanna ha salvato il figlio dalla morte grazie alla generosità di Federigo) averlo sempre legato a te con il vincolo della gratitudine ( = avertelo). 98 per quello… obligato: averloti   Federigo, udendo ciò che la donna adomandava e sentendo che servir non ne  115 la potea per ciò che mangiar gliele avea dato, cominciò in presenza di lei a piagnere  anzi che alcuna parola risponder potesse. Il qual pianto la donna prima credette  che da dolore di dover da sé dipartire il buon falcon divenisse più che da altro,   99 100 e quasi fu per dire che nol volesse; ma pur sostenutasi, aspettò dopo il  101 102 103   pianto la risposta di Federigo, il qual così disse: «Madonna, poscia che a Dio  120 104 piacque che io in voi ponessi il mio amore, in assai cose m’ho reputata la fortuna  contraria e sonmi di lei doluto; ma tutte sono state leggieri a rispetto di quello  105 che ella mi fa al presente, di che io mai pace con lei aver non debbo, pensando  106 che voi qui alla mia povera casa venuta siete, dove, mentre che ricca fu, venir non    degnaste, e da me un picciol don vogliate, e ella abbia sì fatto, che io donar nol vi  125 possa: e perché questo esser non possa vi dirò brievemente. Come io udi’ che voi,  la vostra mercé, meco desinar volavate, avendo riguardo alla vostra eccellenzia  107 e al vostro valore, reputai degna e convenevole cosa che con più cara vivanda  108 secondo la mia possibilità io vi dovessi onorare, che con quelle che generalmente    per l’altre persone s’usano: per che, ricordandomi del falcon che mi domandate  130 109 e della sua bontà, degno cibo da voi il reputai, e questa mattina arrostito l’avete  110 avuto in sul tagliere, il quale io per ottimamente allogato avea; ma vedendo ora  111 che in altra maniera il disideravate, m’è sì gran duolo che servire non ve ne posso,  che mai pace non me ne credo dare».   E questo detto, le penne e’ piedi e ’l becco le fé in testimonianza di ciò gittare  135 avanti. La qual cosa la donna vedendo e udendo, prima il biasimò d’aver per dar  mangiare a una femina ucciso un tal falcone, e poi la grandezza dell’animo suo,  la quale la povertà non avea potuto né potea rintuzzare, molto seco medesima  112 commendò. Poi, rimasa fuori della speranza d’avere il falcone e per quello  113 114   della salute del figliuolo entrata in forse, tutta malinconosa si dipartì e  140 115 116 tornossi al figliuolo. Il quale, o per malinconia che il falcone aver non potea o per la  ’nfermità che pure a ciò il dovesse aver condotto, non trapassar molti giorni che  117 egli con grandissimo dolor della madre di questa vita passò. Federigo si dispera per il fatto di non poterla accontentare allontanare. 99 dipartire: derivasse più che da altre ragioni. 100 divenisse più che da altro: sul punto di. 101 per: non lo voleva più. 102 nol volesse: trattenutasi (dal ritirare la richiesta). 103 sostenutasi: dopo. 104 poscia: mi sono lamentato di essa. 105 sonmi di lei doluto: tutti i dispetti della sorte sono stati di poco conto rispetto a ciò che essa mi fa ora. 106 tutte… al presente: bontà vostra (è un inciso). 107 la vostra mercé: rango nobiliare. 108 valore: che vi dovessi onorare con una vivanda più pregiata, in base alle mie possibilità, di quelle che normalmente si offrono alle altre persone. 109 che con più cara vivanda… s’usano: qui in senso alimentare e non più venatorio. 110 bontà: e così io pensavo di averlo utilizzato nel migliore dei modi. 111 il quale io per ottimamente allogato avea: diminuire. 112 rintuzzare: lodò tra sé. 113 seco medesima commendò: priva. 114 fuori: perciò temendo per la salute di suo figlio. 115 per quello… in forse: se ne andò. 116 si dipartì: che l’avrebbe comunque portato a ciò. 117 che pure a ciò il dovesse aver condotto: La quale, poi che piena di lagrime e d’amaritudine fu stata alquanto, essendo    rimasa ricchissima e ancora giovane, più volte fu da’ fratelli costretta a rimaritarsi.  145 118 La quale, come che voluto non avesse, pur veggendosi infestare, ricordatasi  119 120 del valore di Federigo e della sua magnificenzia ultima, cioè d’avere ucciso un così  fatto falcone per onorarla, disse a’ fratelli: «Io volentieri, quando vi piacesse, mi  starei; ma se a voi pur piace che io marito prenda, per certo io non ne prenderò  121   mai alcuno altro, se io non ho Federigo degli Alberighi». 150 Alla quale i fratelli, faccendosi beffe di lei, dissero: «Sciocca, che è ciò che tu di’?   122 come vuoi tu lui che non ha cosa del mondo?». 123 A’ quali ella rispose: «Fratelli miei, io so bene che così è come voi dite, ma io  voglio avanti uomo che abbia bisogno di ricchezza che ricchezza che abbia  124   bisogno d’uomo». 155 Li fratelli, udendo l’animo di lei e conoscendo Federigo da molto, quantunque  povero fosse, sì come ella volle, lei con tutte le sue ricchezze gli donarono. Il quale  così fatta donna e cui egli cotanto amata avea per moglie vedendosi, e oltre a  125 ciò ricchissimo, in letizia con lei, miglior massaio fatto, terminò gli anni suoi. 126 Giovanna decide di sposare Federigo sollecitata. 118 costretta: anche se di per sé non avrebbe voluto risposarsi. 119 come che voluto non avesse: vedendosi continuamente ( ) incalzare. 120 pur veggendosi infestare: pur eviterei di risposarmi. 121 mi starei: dici. 122 di’: ricchezze, beni materiali. 123 cosa del mondo: piuttosto. 124 avanti: che. 125 cui: divenuto (per il futuro) un più saggio amministratore del proprio patrimonio. 126 miglior massaio fatto: di Bianca Pitzorno Riscrittura in italiano moderno Viveva un tempo a Firenze un giovane chiamato Federigo, figlio di messer Filippo Alberighi, il quale era valoroso e cortese, e per queste sue qualità veniva assai stimato e ritenuto superiore a tutti gli altri giovanotti della Toscana. Come avviene spesso agli uomini di nobili sentimenti, Federigo si innamorò d’una gentildonna, chiamata monna Giovanna, che godeva fama d’essere una delle più belle e leggiadre giovani di Firenze. Per conquistare l’amore della bella dama, Federigo cominciò a mettersi in mostra, duellando, partecipando a giostre e tornei, offrendo grandi feste e sontuosi regali e spendendo senza alcun riguardo il suo denaro. La donna però, ch’era onesta quanto bella ed era sposata, non si curava affatto di lui, né di tutte queste imprese compiute per attirare la sua attenzione. Da un lato Federigo spendeva oltre le proprie possibilità, dall’altro non aveva entrate che compensassero tali spese. E come avviene facilmente in questi casi, arrivò il momento che le sue ricchezze si prosciugarono ed egli cadde in miseria. Di tutto il suo gran patrimonio gli era rimasto soltanto un poderetto, le cui rendite gli bastavano a stento per sopravvivere, e un falcone, che era però tra i migliori che ci fossero al mondo. Quando si rese conto che non poteva continuare a condurre in città la vita lussuosa di un tempo, benché fosse ancora innamorato della donna, Federigo decise di ritirarsi a vivere in campagna, presso Campi, dov’era il suo piccolo podere. Per procurarsi il cibo, quando il tempo lo permetteva, andava a caccia col falcone. Per il resto sopportava pazientemente la sua estrema povertà senza chiedere niente a nessuno. Ora avvenne che, mentre Federigo conduceva una vita così grama, il marito di monna Giovanna si ammalò gravemente e, vedendosi prossimo alla morte, fece testamento. Era ricchissimo e lasciò tutto il patrimonio al suo unico figlio, ch’era già grandicello. Ma poiché aveva molto amato la moglie, fece aggiungere nel testamento che se il figlio fosse morto senza eredi legittimi, tutte le sue ricchezze dovevano andare, come unica erede, a monna Giovanna. Poco tempo dopo l’ammalato morì e monna Giovanna restò vedova. L’estate successiva, come è abitudine delle donne toscane, la dama se ne andò a villeggiare col figlio in una sua campagna che era assai vicina al poderetto di Federigo. Fu così che il fanciullo fece amicizia col gentiluomo impoverito e prese l’abitudine di passare molto tempo con lui, appassionandosi di cani e d’uccelli. Il falcone, che aveva visto molte volte levarsi in volo, gli piaceva in modo straordinario. Ardeva dal desiderio di averlo, ma non osava chiederlo perché vedeva quanto fosse caro a Federigo. Le cose stavano a questo punto, quando il ragazzo si ammalò. La madre, che lo amava profondamente e che aveva solo lui, lo circondava di cure, non lo lasciava un attimo e lo supplicava continuamente di dirle se desiderasse qualcosa. Gli prometteva che, qualunque cosa fosse, se appena fosse stato possibile, avrebbe fatto in modo di accontentarlo. Il fanciullo, sentendo ripetere molte volte questa promessa, alla fine le disse: «Madre mia, se voi fate in modo che io abbia il falcone di Federigo, credo che in poco tempo guarirò». Monna Giovanna non si aspettava questa richiesta. Rimase perplessa e cominciò a riflettere. Sapeva che Federigo l’aveva lungamente amata, senza ricevere in cambio da lei neppure uno sguardo, e si diceva: “Come potrei chiedergli, o mandargli a chiedere questo falcone che, a quanto ho sentito, è tra i migliori che ci siano al mondo? E che, oltre a ciò, è il suo principale mezzo di sostentamento? Come potrei essere così egoista e ingrata da voler togliere a un gentiluomo, che ha perduto tutto, l’unica cosa cara che gli sia rimasta?” Turbata da questi pensieri, sebbene fosse certissima di ottenere il falcone se lo avesse domandato, non sapeva cosa fare e prendeva tempo, senza dare risposta alle richieste del figlio. Ma a lungo andare l’amore per il fanciullo prevalse sugli scrupoli e, per accontentarlo, monna Giovanna decise che, qualunque conseguenza ne fosse derivata, non avrebbe mandato a chiedere il falcone, ma sarebbe andata lei stessa a prenderlo e glielo avrebbe portato. «Figlio mio, consolati e pensa a guarire. Ti prometto che la prima cosa che farò domattina sarà di andare a prenderti il falcone». Il fanciullo se ne rallegrò e in quello stesso giorno la sua salute mostrò qualche miglioramento. La mattina dopo la madre prese per compagnia un’altra donna e, fingendo di andare a passeggio, arrivò alla casa di Federigo e lo fece chiamare. Poiché non era tempo di andare a caccia col falcone, né lo era stato nei giorni precedenti, Federigo stava nell’orto, intento a certi suoi lavoretti. Quando gli dissero che monna Giovanna chiedeva di lui, si meravigliò, e, pieno di gioia, corse alla porta di casa per accoglierla con tutti gli onori. Ella, vedendolo arrivare, gli andò incontro con affabilità tutta femminile e lo salutò: «Buon giorno, Federigo! Sono venuta per ripagarti dei danni che hai avuto a causa mia, amandomi più di quanto io non meritassi. E questo è il compenso per i tuoi dispiaceri: che oggi io, con questa mia compagna, mi fermerò a pranzare familiarmente con te nella tua casa». Al che Federigo umilmente le rispose: «Madonna, non ricordo d’aver mai ricevuto alcun danno per causa vostra, ma soltanto del bene. Perché, se mi sono elevato spiritualmente e ho raggiunto qualche valore, l’ho fatto per essere all’altezza del valor vostro. La vostra generosità nel venirmi oggi a trovare mi fa tanto piacere quanto me ne farebbe se potessi ancora spendere, per ricevervi, tanto denaro quanto ne ho speso nel passato. Sappiate che siete venuta a trovare un ospite molto povero». La fece entrare e la ricevette, pieno di vergogna per la miseria della casa. Poi la fece accomodare in giardino e, non avendo nessuno da cui farle tenere compagnia, le disse: «Madonna, poiché non ho altra servitù, questa povera donna, moglie del contadino, vi farà compagnia intanto che io vado a far mettere la tavola». Sebbene la sua povertà fosse estrema, Federigo non si era reso conto fino a quel momento di quanto fosse disperata la situazione in cui era finito per aver sperperato senza criterio tutte le sue ricchezze. Lo capiva soltanto adesso, rendendosi conto che in casa non c’era alcun cibo con cui fare onore alla donna per conquistare la quale aveva riempito di onori tanti uomini. Pieno di angoscia, maledicendo la sorte, andava come impazzito da una stanza all’altra, senza trovare né denaro né alcun oggetto da dare in pegno. Era tardi, voleva ricevere degnamente la donna offrendole un buon pranzo, ma non sapeva risolversi a chiedere niente a nessuno, neppure al contadino... In quella lo sguardo gli cadde sopra il suo buon falcone che stava sul trespolo nella saletta. Era la sua unica risorsa. Lo prese, lo trovò grasso e pensò che sarebbe stato una vivanda degna della donna tanto amata... Per cui, senza stare a pensarci su, gli tirò il collo e lo dette a una sguattera che subito lo spennò, lo pulì e lo mise diligentemente ad arrostire su uno spiedo. Federigo aveva ancora qualche bella tovaglia bianchissima. Fece apparecchiare la tavola e col viso lieto tornò in giardino e disse a monna Giovanna che il modesto pranzo che le poteva offrire era pronto. La donna e la sua accompagnatrice si misero a tavola e, senza sapere cosa avevano nel piatto, insieme a Federigo che le serviva pieno di sollecitudine mangiarono di gusto il buon falcone. Finito il pranzo, conversarono piacevolmente per un poco, finché alla donna parve arrivato il momento di dire il motivo per cui era venuta. «Federigo», disse parlandogli con grande dolcezza, «se consideri tutto quello che facesti per me nel passato, se ripensi alla mia onestà che ti poté forse sembrare segno d’un animo duro e crudele, ti meraviglierai della mia presunzione quando saprai perché ti sono venuta a trovare. Tu non hai mai avuto figli e non sai quanto è forte l’amore che ci lega alle nostre creature. Altrimenti mi scuseresti almeno in parte. Tu non hai figli, io però ne ho uno, e non mi posso sottrarre alla legge comune a tutte le madri. È l’amore materno che mi costringe a fare una cosa che non mi piace, che non e né giusta né conveniente: a chiederti in dono una cosa cui so che tieni moltissimo. E a buona ragione, perché è l’unica consolazione, l’unico svago, l’unico piacere, l’unica risorsa che ti ha lasciato la tua estrema sfortuna. Il dono che ti chiedo è il tuo falcone. Mio figlio se ne è invaghito così forte che, se non glielo porto, temo che la malattia che l’ha colpito si aggravi e che io rischi di perderlo. Non te lo chiedo per l’amore che mi porti, in nome del quale tu non mi devi niente. Ma per la tua grandezza d’animo, che si è mostrata maggiore di ogni altra proprio nella generosità e nella munificenza, ti prego di volermelo donare. Il tuo dono salverà la vita a mio figlio e io te ne sarò riconoscente per sempre». Quando Federigo si rese conto che la donna gli chiedeva proprio quello che lui le aveva offerto da mangiare e che quindi non poteva più darle, scoppiò in un pianto così dirotto che non riusciva a parlare. Monna Giovanna sulle prime pensò che piangesse per il dolore di separarsi dal falcone e fu per dirgli che non lo voleva più. Ma si trattenne e decise di aspettare che si calmasse e potesse rispondere. Quando fu in grado di parlare, Federigo le disse: «Madonna, da quando piacque a Dio che io mi innamorassi di voi, la sorte mi è stata sempre nemica e di molte cose ho avuto motivo di lamentarmi. Ma tutte le mie passate disgrazie sono niente rispetto a quello che mi capita oggi, per cui non avrò mai più pace e sempre maledirò la mia sorte. Quando la mia casa era ricca, voi non vi degnaste di venirci. Ci venite ora che è povera e mi chiedete un piccolo dono. E la sorte fa in modo che io non ve lo possa dare». E raccontò alla donna come, non avendo altro da offrirle per il pranzo, avesse ucciso e fatto cucinare per lei proprio il falcone. E per dare maggior credito alle sue parole, le fece gettare davanti le penne, le zampe e il becco dell’uccello. Viste e udite tali cose, monna Giovanna lo rimproverò perché aveva ucciso un falcone di tale valore per dare da mangiare a una donna. Ma insieme lo elogiò per la sua grandezza d’animo, che la miseria non era riuscita a fiaccare. Però il falcone non lo poteva più avere. Piena di malinconia e preoccupata per la salute del figlio, la donna se ne tornò a casa. Il fanciullo, vuoi per la tristezza di non aver avuto il falcone, vuoi per la malattia che lo doveva comunque portare a quel punto, dopo pochi giorni, con grandissimo dolore della madre, morì. Monna Giovanna lo pianse a lungo e amaramente. Ma i suoi fratelli, poiché era ancora giovane e adesso ricchissima, dopo qualche tempo cominciarono a fare pressioni per convincerla a risposarsi. Lei non voleva, ma quelli insistevano tanto che alla fine si decise. E ricordando la grandezza d’animo di Federigo e il suo ultimo gesto di magnificenza, disse ai fratelli: «Quanto a me, se a voi piacesse, preferirei restare così come sono. Ma se voi volete che mi risposi, allora vi dico che nessun altro uomo diventerà mio marito se non Federigo degli Alberighi». Romeyn de Hooghe, illustrazione per il  , scena tratta dalla novella di Federigo degli Alberighi, 1697. Decameron  pagina 436  DENTRO IL TESTO I contenuti tematici La novella rappresenta l’esempio forse più significativo della celebrazione, da parte di Boccaccio, dell’ . L’autore si diverte a rovesciare il tema del “cuore mangiato” (tipico della letteratura d’amore), presente persino nella di Dante (  T3, p. 192). Infatti in questa novella, elegante eppure appassionata, non è il cuore dell’amato a essere mangiato dalla dama, ma il corpo del falcone, che il protagonista Federigo, caduto in povertà, non esita a sacrificare pur di imbandire un pranzo degno della sua amata. Questa estrema generosità sarà infine premiata, non senza un grave sacrificio, dall’amore della dama stessa. Si tratta di un racconto che rende bene la fede di Boccaccio nei sentimenti più puri come fondamento di una società disinteressata e sincera. etica cortese Vita nuova ▶ L’eroico sacrificio di Federigo Federigo è presentato come il tipico nobiluomo feudale . Nei confronti della donna ha un atteggiamento di reverenza e sottomissione. Di tale atteggiamento è emblematico anche un piccolo dettaglio, cioè il fatto che sia lui a servirla a tavola ( con somma fede le serviva, r. 94), quasi un simbolo della sua “servitù d’amore”. Neppure il falcone è una presenza scelta a caso dall’autore: si tratta infatti di un vero e proprio elemento costitutivo dell’identità del cavaliere medievale , in quanto rinvia a una delle attività più consuete praticate dai signori feudali, cioè la caccia. Esso dunque sottolinea la nobiltà di Federigo , che di tutto si vorrebbe privare, ma non di questa sorta di simbolo della propria condizione sociale. Un perfetto cavaliere La novella è di ambientazione aristocratica e aristocratici sono i valori messi in campo da Federigo: prima la noncuranza nei confronti del denaro e lo splendore nello spendere per impressionare con lo sfarzo monna Giovanna, poi la generosità insita nel sacrificare per la donna amata quanto di più caro gli è rimasto (il falcone). Eppure Boccaccio non sembra aderire pienamente a questi valori, perché, se estremizzati, possono condurre alla rovina (come è accaduto a Federigo, rimasto senza un soldo). Coerentemente con il complessivo progetto culturale e ideologico a cui è ispirato tutto il , ciò che egli propone è una : nel caso di questa novella, tipicamente borghese è, per esempio, la cura del risparmio, che induce a non sperperare inutilmente le proprie sostanze. Per l’autore la borghesia deve apprendere le virtù della nobiltà, ma anche quest’ultima ha qualcosa da imparare dalla nuova classe emergente. Perciò possiamo dire che la conclusione della novella – , r. 158 – rappresenta per Boccaccio la perfetta sintesi tra questi due sistemi di valori. Decameron sintesi tra valori aristocratici e valori borghesi miglior massaio fatto Valori cortesi e valori borghesi  pagina 437  VERSO LE COMPETENZE COMPRENDERE E ANALIZZARE 1 Riassunto e sequenze Riassumi la novella, individuando le principali sequenze narrative. 2 Vero o falso Indica se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F). a Prima di uccidere il falcone, Federigo esita e pensa a lungo, giacché gli spiace privarsi di questo animale che gli è tanto caro.          V         F b Federigo non ha il coraggio di uccidere il falcone e quindi chiede di farlo a una sguattera.          V         F c Quando monna Giovanna chiede a Federigo il suo falcone, l’uomo piange non tanto per la richiesta in sé, quanto perché, non avendola potuta prevedere, ha già ucciso e servito in tavola il falcone.          V         F 3 Un corteggiamento respinto Perché inizialmente monna Giovanna è insensibile al corteggiamento di Federigo? 4 Il pudore di Federigo Perché Federigo riceve monna Giovanna vergognosamente (r. 74)? 5 La morale di Giovanna Ma io voglio avanti uomo che abbia bisogno di ricchezza che ricchezza che abbia bisogno d’uomo (rr. 152-154): come vanno interpretate queste parole di monna Giovanna? INTERPRETARE 6 Fratelli a confronto I fratelli di Giovanna lei con tutte le sue ricchezze gli donarono (r. 156). Come nella novella di Lisabetta da Messina anche qui è la componente maschile della famiglia a decidere della sorte della donna. Esistono però anche alcune sostanziali differenze tra l’atteggiamento dei fratelli di Lisabetta e quello dei fratelli di Giovanna. Quali? 7 La ricchezza del protagonista Perché alla fine della novella Federigo si ritrova ricchissimo (r. 158) ? 8 Ideali cortesi Evidenzia nel testo le espressioni pertinenti alla cultura e mentalità cortesi. scrivere per...   9 ESPORRE le proprie opinioni Una volta che Giovanna rimane vedova, i fratelli insistono affinché si risposi. Da ciò si deduce quanto fosse difficile la condizione della donna nel Medioevo, poiché essa era pressoché priva di diritti. Ritieni che anche oggi l’opinione della famiglia sia vincolante nella formazione di una coppia oppure no? Rispondi, in un testo di circa 30 righe, basandoti sulla tua esperienza personale e su quanto conosci grazie ai mezzi di informazione. Miniatura dal manoscritto   di Federico II, 1260 ca. Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana. De arte venandi cum avibus