La lingua DALL EGEMONIA DEL LATINO ALL AFFERMAZIONE DEL VOLGARE Il latino è la lingua letteraria d Europa La passione degli umanisti per la classicità si riflette nell adozione della lingua latina per la scrittura. Non va dimenticato che già Petrarca preferiva il latino al volgare e che si aspettava fama e gloria eterne non dal Canzoniere, bensì dalla propria produzione latina. Tale predilezione viene ora riaffermata come una scelta collettiva, condivisa dalle élite intellettuali di tutta Europa. Il Certame coronario e il riscatto del volgare Soprattutto nei primi decenni del Quattrocento, il volgare è così relegato a mero strumento di comunicazione quotidiana, anche se non viene meno l ammirazione per la tradizione volgare del Trecento, sublimata dal mito delle cosiddette tre corone fiorentine : Dante, Petrarca e Boccaccio, considerati, per il pregio delle loro opere, meritevoli dello statuto di classici. Verso la metà del secolo, la gerarchia linguistica operata dagli umanisti va però lentamente modificandosi e il volgare torna ad acquistare dignità, candidandosi ad affiancare, se non a sostituire, il latino come lingua della letteratura, mentre quest ultimo continua a essere l idioma in cui scrivono scienziati, filosofi e uomini di Chiesa. Secondo una diffusa convenzione ma non priva di verità la riscossa letteraria del volgare si colloca attorno a una data e a un occasione precise: il 1441, quando Leon Battista Alberti organizza, con il patrocinio dei Medici, una gara poetica in volgare sul tema dell amicizia, il Certame coronario. Al di là del valore relativo delle opere partecipanti, è assai rilevante che a incoraggiare l uso del volgare in letteratura sia una corte importante come quella fiorentina, decisa a rivendicare, all interno di un progetto di egemonia sugli altri centri italiani, il primato del toscano. In quest ottica, lo stesso Lorenzo il Magnifico promuove la stesura di una prima antologia di poesia in volgare, la Raccolta Aragonese (così detta perché inviata in dono, nel 1477, a Federico d Aragona, futuro re di Napoli), comprendente i testi più importanti della ancor giovane tradizione toscana, dagli Stilnovisti in poi. 474 / UMANESIMO E RINASCIMENTO Cristofano dell Altissimo, Ritratto di Leon Battista Alberti (particolare), XVI secolo. Firenze, Galleria degli Uffizi. La questione della lingua Durante il Rinascimento, la questione della lingua da usare nella comunicazione letteraria è al centro di un grande dibattito generazionale, sentito con urgenza e profondità dai letterati proprio negli anni nei quali la penisola perde libertà e indipendenza politica. A fronteggiarsi sono soprattutto tre proposte: quella cortigiana, quella fiorentina e quella arcaicizzante o trecentista. La prima prescrive il ricorso a una lingua varia ed eclettica, frutto della selezione delle parole più belle ed eleganti usate nelle diverse parlate (e quindi nelle diverse corti) d Italia. Baldassarre Castiglione (1478-1529) e il veneto Gian Giorgio Trissino (1478-1550) sono i principali fautori di questa ipotesi. La proposta fiorentina, invece, si fonda sull utilizzo del fiorentino contemporaneo e viene caldeggiata, tra gli altri, da Niccolò Machiavelli nella sua opera Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua. A prevalere alla fine è la soluzione proposta da Pietro Bembo (1470-1547) nelle Prose della volgar lingua (1525): il letterato intende differenziare la lingua scritta da quella parlata, rifiutando ogni ipotesi municipale o regionalistica e istituzionalizzando il modello del fiorentino letterario trecentesco, in particolare quello petrarchesco per la poesia e quello boccacciano per la prosa.