T4 La figuraccia di Sacripante , canto I, ott. 33-71 Orlando furioso In fuga da Rinaldo e Ferraù, Angelica può finalmente riposarsi nel folto di un cespuglio, fin quando avverte la presenza di un uomo. È Sacripante, re di Circassia, temibile guerriero saraceno, anch’egli innamorato di lei.  Ottave di endecasillabi con schema di rime ABABABCC. Metro La sconfitta di un conquistatore maldestro 33 Fugge tra selve spaventose e scure, per lochi inabitati, ermi e selvaggi. Il mover de le frondi e di verzure, che di cerri sentia, d’olmi e di faggi,       fatto le avea con subite paure 5 trovar di qua di là strani viaggi; ch’ad ogni ombra veduta o in monte o in valle, temea Rinaldo aver sempre alle spalle. 34 Qual pargoletta o damma o capriuola,     che tra le fronde del natio boschetto 10 alla madre veduta abbia la gola stringer dal pardo, o aprirle ’l fianco o ’l petto, di selva in selva dal crudel s’invola, e di paura triema e di sospetto:     ad ogni sterpo che passando tocca, 15 esser si crede all’empia fera in bocca. 35 Quel dì e la notte e mezzo l’altro giorno s’andò aggirando, e non sapeva dove. Trovossi al fin in un boschetto adorno,     che lievemente la fresca aura muove. 20 Duo chiari rivi, mormorando intorno, sempre l’erbe vi fan tenere e nuove; e rendea ad ascoltar dolce concento, rotto tra picciol sassi, il correr lento. 36     Quivi parendo a lei d’esser sicura 25 e lontana a Rinaldo mille miglia, da la via stanca e da l’estiva arsura, di riposare alquanto si consiglia: tra’ fiori smonta, e lascia alla pastura     andare il palafren senza la    ; 30 ▶ briglia e quel va errando intorno alle chiare onde, che di fresca erba avean piene le sponde. 37 Ecco non lungi un bel cespuglio vede di prun fioriti e di vermiglie rose,     che de le liquide onde al specchio siede, 35 chiuso dal sol fra l’alte querce ombrose; così voto nel mezzo, che concede fresca stanza fra l’ombre più nascose: e la foglia coi rami in modo è mista,     che ’l sol non v’entra, non che minor vista. 40 38 Dentro letto vi fan tenere erbette, ch’invitano a posar chi s’appresenta. La bella donna in mezzo a quel si mette; ivi si corca, et ivi s’addormenta. Angelica in fuga giunge in un boschetto TRECCANI ▶ Le parole valgono Parola di origine germanica, indica ciascuna delle due redini, cioè le strisce di cuoio attaccate al morso del cavallo. È un vocabolo tecnico, dunque, come ben sa chi ama l’equitazione ed è abituato a «tenere o prendere le », «dare la », ovvero “allentarla”, «lasciare la sul collo», cioè “dare libertà al cavallo”. Ma anche chi non va a cavallo sa bene cos’è una , che nell’immaginario collettivo è un simbolo di disciplina («un giovane che va tenuto a »).  briglia briglia briglie briglia briglia briglia briglia ➔ La locuzione «a briglia sciolta» si usa per rappresentare il cavallo che corre di gran carriera. Indica il suo corretto significato figurato nell’espressione «parlare a briglia sciolta»: “troppo velocemente per essere capiti”; “in modo sgrammaticato”; “con termini troppo scurrili”; “a ruota libera, sfrenatamente”. che suscitano spavento. 1 spaventose: solitari. 2 ermi: il muoversi delle fronde che essa sentiva e quello delle foglie ( ) delle querce ( ), degli olmi e dei faggi, provocando in lei improvvisi spaventi ( ), l’avevano fatta andare di qua e di là per vie insolite, poco battute ( ). 3-6 Il mover… viaggi: verzure cerri con subite paure strani viaggi ché, poiché. 7 ch’: come una piccola daina ( ) o una piccola capriola. 9 Qual… capriuola: damma gattopardo, animale addestrato per la caccia. 12 pardo: fugge. 13 s’invola: trema. 14 triema: in bocca alla feroce belva. 16 all’empia fera in bocca: si trovò. ricco di bellezze naturali. 19 Trovossi: adorno: aria. 20 aura: ruscelli, corsi d’acqua. 21 rivi: e il loro lento scorrere, interrotto dai piccoli sassi adagiati sul fondo, produceva, per chi vi prestasse orecchio, una dolce armonia ( ). 23-24 e rendea… lento: concento decide. 28 si consiglia: a pascolare. 29 alla pastura: cavallo. 30 palafren: non lontano. 33 non lungi: rosse. 34 vermiglie: che si specchia nelle limpide acque ( ) del ruscello, riparato dal sole perché posto fra le querce ombrose. 35-36 che… ombrose: liquide onde il cespuglio è vuoto nel mezzo e così concede fresco soggiorno ( ) fra le sue ombre più nascoste. 37-38 così voto… più nascose: stanza intrecciata. 39 mista: che non vi entra lo sguardo del sole e tanto meno quello di una vista meno penetrante ( ). 40 che ’l sol… vista: minor     Ma non per lungo spazio così stette, 45 che un calpestio le par che venir senta: cheta si leva, e appresso alla riviera vede ch’armato un cavallier giunt’era. 39 Se gli è amico o nemico non comprende:     tema e speranza il dubbio cuor le scuote; 50 e di quella aventura il fine attende, né pur d’un sol sospir l’aria percuote. Il cavalliero in riva al fiume scende sopra l’un braccio a riposar le gote;     e in un suo gran pensier tanto penètra, 55 che par cangiato in insensibil pietra. 40 Pensoso più d’un’ora a capo basso stette, Signore, il cavallier dolente; poi cominciò con suono afflitto e lasso     a lamentarsi sì soavemente, 60 ch’avrebbe di pietà spezzato un sasso, una tigre crudel fatta clemente. Sospirando piangea, tal ch’un ruscello parean le guance, e ’l petto un Mongibello. L’arrivo di Sacripante molto tempo. 45 lungo spazio: silenziosa. presso la riva del fiume. 47 cheta: appresso alla riviera: è Sacripante, re di Circassia, saraceno, anch’egli innamorato di Angelica, che accompagnerà per un tratto di cammino. 48 un cavallier: Angelica oscilla tra paura ( ) e speranza. dubbioso. 50 tema… le scuote: tema dubbio: per riposarsi appoggiando il volto su un braccio. 54 sopra… le gote: il cavaliere è tanto assorto in un suo pensiero (che scopriremo dopo essere un pensiero d’amore) che sembra trasformato ( ) in una statua inanimata ( ). è metonimia (la materia per l’oggetto). 55-56 e in… pietra: cangiato insensibil pietra Pietra l’apostrofe è rivolta a Ippolito d’Este, a cui è dedicato il poema. 58 Signore: voce afflitta e triste. 59 suono afflitto e lasso: l’Etna (dall’arabo , “monte”, a cui i normanni, che lo intendevano erroneamente come nome proprio, preposero la parola latina , che significava anch’essa “monte”). 64 Mongibello: gebel mons 41     «Pensier (dicea) che ’l cor m’agghiacci et ardi, 65 e causi il duol che sempre il rode e lima, che debbo far, poi ch’io son giunto tardi, e ch’altri a corre il frutto è andato prima? a pena avuto io n’ho parole e sguardi,     et altri n’ha tutta la spoglia opima. 70 Se non ne tocca a me frutto né fiore, perché affliger per lei mi vuo’ più il core? 42 La verginella è simile alla rosa, ch’in bel giardin su la nativa spina     mentre sola e sicura si riposa, 75 né gregge né pastor se le avvicina; l’aura soave e l’alba rugiadosa, l’acqua, la terra al suo favor s’inchina: gioveni vaghi e donne inamorate     amano averne e seni e tempie ornate. 80 43 Ma non sì tosto dal materno stelo rimossa viene e dal suo ceppo verde, che quanto avea dagli uomini e dal cielo favor, grazia e bellezza, tutto perde.     La vergine che ’l fior, di che più zelo 85 che de’ begli occhi e de la vita aver de’, lascia altrui corre, il pregio ch’avea inanti perde nel cor di tutti gli altri amanti. 44 Sia vile agli altri, e da quel solo amata     a cui di sé fece sì larga copia. 90 Ah, Fortuna crudel, Fortuna ingrata! trionfan gli altri, e ne moro io d’inopia. Dunque esser può che non mi sia più grata? dunque io posso lasciar mia vita ? propia     Ah più tosto oggi manchino i dì miei, 95 ch’io viva più, s’amar non debbo lei!». 45 Se mi domanda alcun chi costui sia, che versa sopra il rio lacrime tante, io dirò ch’egli è il re di Circassia,  quel d’amor travagliato    ; 100 ▶ Sacripante io dirò ancor, che di sua pena ria sia prima e sola causa essere amante, è pur un degli amanti di costei: e ben riconosciuto fu da lei. 46  Appresso ove il sol cade, per suo amore 105 venuto era dal capo d’Oriente; che seppe in India con suo gran dolore, come ella Orlando sequitò in Ponente: poi seppe in Francia che l’imperatore  sequestrata l’avea da l’altra gente, 110 per darla all’un de’ duo che contra il Moro più quel giorno aiutasse i Gigli d’oro. 47 Stato era in campo, e inteso avea di quella rotta crudel che dianzi ebbe re Carlo:  cercò vestigio d’Angelica bella, 115 né potuto avea ancora ritrovarlo. Questa è dunque la trista e ria novella che d’amorosa doglia fa penarlo, affligger, lamentare, e dir parole  che di pietà potrian fermare il sole. 120 48 Mentre costui così s’affligge e duole, e fa degli occhi suoi tepida fonte, e dice queste e molte altre parole, che non mi par bisogno esser racconte;  l’aventurosa sua fortuna vuole 125 ch’alle orecchie d’Angelica sian conte: e così quel ne viene a un’ora, a un punto, ch’in mille anni o mai più non è raggiunto. 49 Con molta attenzion la bella donna  al pianto, alle parole, al modo attende 130 di colui ch’in amarla non assonna; né questo è il primo dì ch’ella l’intende: ma dura e fredda più d’una colonna, ad averne pietà non però scende,  come colei c’ha tutto il mondo a sdegno, 135 e non le par ch’alcun sia di lei degno. Sacripante si lamenta della fortuna, che forse ha concesso Angelica ad altri PARLARE E SCRIVERE BENE  p. 590 ▶ TRECCANI ▶ Le parole valgono Da nome proprio a sostantivo comune: per antonomasia , il valoroso re di Circassia che compare nei poemi di Boiardo e Ariosto, indica un uomo di alta statura e corporatura molto robusta, dall’aria fiera e minacciosa, che incute timore e soggezione o anche, in accezione scherzosa e a seconda delle circostanze, uno sbruffoncello oppure una persona pronta e furbetta («Quel di mio figlio riesce sempre a farla franca»).  sacripante Sacripante sacripante ➔ Vale la pena però di non tralasciare altri due paladini entrati nel nostro vocabolario: uno è Rodomonte, il guerriero saraceno che affronta con ostentato disprezzo ogni avversità, l’altro è l’ancor più celebre Gradasso, re di Sericana, capace di imprese temerarie e impulsive. Tra i seguenti attributi, indica quali si attagliano meglio alla personalità di un rodomonte e quali invece a quella di un gradasso : millantatore ; guascone ; prepotente ; smargiasso ; spaccone . ghiacci, rendi freddo come il ghiaccio. 65 agghiacci: e provochi un dolore che lo morde e lo consuma continuamente. 66 e causi… lima: forma sincopata per l’infinito “cogliere”. 68 corre: ricco bottino (metafora militare). 70 spoglia opima: comincia qui la metafora erotica del fiore e del frutto per indicare la verginità di Angelica. 71 frutto: vuoi. La domanda è rivolta sempre al pensiero amoroso del primo verso dell’ottava. 72 vuo’: le si. 76 se le: a renderle omaggio. 78 al suo favor: “belli” o anche “desiderosi d’amore”. 79 vaghi: non appena. 81 non sì tosto: va collegato a del verso successivo. 83 quanto: favor, grazia e bellezza che lascia cogliere ad altri ( ) il fiore del quale deve ( ) avere una cura ( ) maggiore di quanta ne abbia dei propri occhi e della stessa vita. 86-87 che… corre: altrui de’ zelo apprezzamento. prima. 87 pregio: inanti: spregevole. 89 vile: dono così generoso. 90 sì larga copia: gli altri ne godono e io muoio ( ) per la privazione ( ) di lei. 92 trionfan… d’inopia: moro inopia gradita. 93 grata: piuttosto possa io morire oggi. 95 più tosto… miei: il verso traduce una formula molto comune nei romanzi della Tavola Rotonda per presentare un nuovo personaggio. 97 Se mi domanda… sia: ruscello. 98 rio: regione della Russia tra il Mar Caspio e il Mar Nero. 99 Circassia: il celebre ( ) Sacripante sofferente per amore. 100 quel… Sacripante: quel aggiungerò che la prima, anzi l’unica causa della sua crudele sofferenza ( ) è il fatto che egli sia un innamorato, e proprio ( ) uno degli innamorati di questa donna (cioè Angelica). 101-103 io dirò ancor… amanti di costei: pena ria pur vicino ai luoghi dove tramonta il sole, cioè in Occidente. 105 Appresso ove il sol cade: dalle estreme regioni dell’Oriente. 106 dal capo d’Oriente: ché, poiché. 107 che: come Angelica seguì Orlando in Occidente. 108 come… in Ponente: a uno dei due (Orlando e Rinaldo). 111 all’un de’ duo: stemma del re di Francia, per indicare l’esercito di Carlo Magno. 112 Gigli d’oro: sconfitta sanguinosa. prima. 114 rotta crudel: dianzi: traccia. 115 vestigio: cattiva e crudele notizia. 117 trista e ria novella: che lo fa soffrire. 118 che… penarlo: potrebbero. 120 potrian: riferite. 124 racconte: giungano (letteralmente “siano note”). 126 sian conte: e in tal modo gli accade in un’ora, anzi in un solo istante ( ), ciò che da altri o in altre circostanze non si sarebbe ottenuto neppure in mille anni o addirittura mai. 127-128 e così quel ne viene… o mai più non è raggiunto: punto atteggiamento. presta orecchio. 130 modo: attende: non si addormenta, dunque non rinuncia. 131 non assonna: perciò. 134 però: disprezza il mondo intero (con tutti coloro che lo popolano). 135 ha… a sdegno: Orazio Gentileschi,  , 1624-1625 ca. Nantes, Musée des Beaux Arts. Diana cacciatrice 50 Pur tra quei boschi il ritrovarsi sola le fa pensar di tor costui per guida; che chi ne l’acqua sta fin alla gola,  ben è ostinato se mercé non grida. 140 Se questa occasione or se l’invola, non troverà mai più scorta sì fida; ch’a lunga prova conosciuto inante s’avea quel re fedel sopra ogni amante. 51  Ma non però disegna de l’affanno 145 che lo distrugge alleggierir chi l’ama, e ristorar d’ogni passato danno con quel piacer ch’ogni amator più brama: ma alcuna finzione, alcuno inganno  di tenerlo in speranza ordisce e trama; 150 tanto ch’a quel bisogno se ne serva, poi torni all’uso suo dura e proterva. 52 E fuor di quel cespuglio oscuro e cieco fa di sé bella et improvisa mostra,  come di selva o fuor d’ombroso speco 155 Diana in scena o Citerea si mostra; e dice all’apparir: «Pace sia teco; teco difenda Dio la fama nostra, e non comporti, contra ogni ragione,  ch’abbi di me sì falsa opinione». 160 53 Non mai con tanto gaudio o stupor tanto levò gli occhi al figliuolo alcuna madre, ch’avea per morto sospirato e pianto, poi che senza esso udì tornar le squadre;  con quanto gaudio il Saracin, con quanto 165 stupor l’alta presenza e le leggiadre maniere e il vero angelico sembiante, improviso apparir si vide inante. 54 Pieno di dolce e d’amoroso affetto,  alla sua donna, alla sua diva corse, 170 che con le braccia al collo il tenne stretto, quel ch’al Catai non avria fatto forse. Al patrio regno, al suo natio ricetto, seco avendo costui, l’animo torse:  subito in lei s’avviva la speranza 175 di tosto riveder sua ricca stanza. 55 Ella gli rende conto pienamente dal giorno che mandato fu da lei a domandar soccorso in Oriente  al re de’ Sericani e Nabatei; 180 e come Orlando la guardò sovente da morte, da disnor, da casi rei; e che ’l fior virginal così avea salvo, come se lo portò del materno alvo. 56  Forse era ver, ma non però credibile 185 a chi del senso suo fosse signore; ma parve facilmente a lui possibile, ch’era perduto in via più grave errore. Quel che l’uom vede, Amor gli fa invisibile,  e l’invisibil fa vedere Amore. 190 Questo creduto fu; che ’l miser suole dar facile credenza a quel che vuole. Il piano di Angelica prendere (latinismo, da ). 138 tor: tollere se non chiede aiuto. 140 se mercé non grida: le sfugge. 141 se l’invola: guida tanto affidabile. 142 scorta sì fida: poiché in precedenza ( ) per lunga esperienza aveva conosciuto quel re (Sacripante) come fedele a sé più di ogni altro suo spasimante ( ). si aveva (il è riferito a : “fedele a sé”). Si allude qui alle straordinarie prove di valore e coraggio che Sacripante – in base a quanto racconta Boiardo – aveva dato nella difesa della cittadella di Albraccà nel Catai, quando questa era posta sotto assedio da parte del re dei tartari, Agricane, anch’egli desideroso di conquistare Angelica, che si era rifugiata all’interno delle mura della roccaforte. 143-144 ch’a lunga prova… amante: inante sopra ogni amante s’avea: si fedel ma non per questo (cioè per le prove di fedeltà che le aveva dato il re di Circassia) si propone ( ) di alleggerire chi la ama (Sacripante) dell’affanno che lo distrugge (la passione amorosa). Angelica potrebbe farlo soltanto concedendosi, cosa che però non intende mettere in atto. 145-146 Ma non… l’ama: disegna e risarcirlo della sofferenza ( ) causatagli in passato non ricambiando il suo amore, donandogli quel piacere che ogni amante desidera maggiormente, cioè il godimento della persona amata. 147-148 e ristorar… più brama: danno in modo da tenerlo, per tenerlo (con un valore tra consecutivo e finale). 150 di tenerlo: tanto da servirsene per ciò di cui ha bisogno (in questo caso guida e protezione), per poi tornare fredda e ostile ( ) come d’abitudine ( ). 151-152 tanto… proterva: dura e proterva all’uso suo grotta. 155 speco: dea della caccia. Venere, dea dell’amore, così chiamata dall’isola greca di Citera (oggi Cerigo), presso la quale si diceva che fosse nata dalla schiuma del mare e dove sorgeva un celebre santuario a lei dedicato. 156 Diana: Citerea: la pace sia con te. Era un saluto orientale, tipico degli ebrei e dei turchi, prima ancora che cristiano. 157 Pace sia teco: possa Dio difendere presso di te ( ) il mio buon nome ( ), e non permetta che, contrariamente a quanto è giusto ritenere ( ), tu abbia di me un’opinione tanto falsa (cioè che Angelica si sia già concessa a qualcuno). 158-160 teco difenda… opinione: teco fama contra ogni ragione le truppe dell’esercito. 164 le squadre: nobile figura. 166 alta presenza: eleganti movenze. 166-167 leggiadre maniere: l’aspetto veramente ( , aggettivo con valore di avverbio) angelico. L’espressione rimanda allo Stilnovo. 167 vero angelico sembiante: vero all’improvviso, improvvisamente ( è predicativo del soggetto – grammaticalmente riferito a ma, per estensione, anche a – con valore avverbiale). davanti. 168 improviso: improviso sembiante presenza e maniere inante: dea (prima, all’ottava 52, Angelica era stata indirettamente paragonata a Diana e a Venere). 170 diva: lo. 171 il: cosa che probabilmente non avrebbe fatto al proprio paese, il Catai (l’odierna Cina). 172 quel… forse: rivolse l’animo al regno paterno ( ), al suo pae­se natale ( ), con l’idea di tornarvi avendo costui con sé, come guida. 173-174 Al patrio regno, al suo natio ricetto… l’animo torse: patrio natio ricetto dimora. 176 stanza: Angelica riferisce a Sacripante nei particolari ( ) tutto ciò che le è accaduto dal giorno in cui egli fu mandato da lei a chiedere aiuto in Oriente, per Albraccà assediata, a Gradasso, re dei Sericani e dei Nabatei. « erano i […] popoli della seta; indicavano genericamente lontane regioni dell’Asia orientale e particolarmente un paese vicino al Catai, a sud della Tartaria. è termine della geografia classica e si trova negli scrittori greci e latini; indicava un popolo dell’Arabia Petrea e Felice» (Caretti). 177-180 Ella gli rende conto pienamente… al re de’ Sericani e Nabatei: pienamente Sericani Nabatei salvò. 181 guardò: disonore. disgrazie. 182 disnor: casi rei: grembo. 184 alvo: perciò. 185 però: a chi fosse padrone del proprio senno ( ), a chi avesse una mente lucida. 186 a chi… signore: senso in un errore ben più grave, cioè – come si dice poco oltre – quello dell’amante che crede ciecamente a tutto ciò che Amore gli fa credere. 188 in via più grave errore: poiché l’infelice è solito credere facilmente a ciò che desidera credere. 191-192 che ’l miser… vuole: 57 «Se mal si seppe il cavallier d’Anglante pigliar per sua sciochezza il tempo buono,  il danno se ne avrà; che da qui inante 195 nol chiamerà Fortuna a sì gran dono (tra sé tacito parla Sacripante): ma io per imitarlo già non sono, che lasci tanto ben che m’è concesso,  e ch’a doler poi m’abbia di me stesso. 200 58 Corrò la fresca e matutina rosa, che, tardando, stagion perder potria. So ben ch’a donna non si può far cosa che più soave e più piacevol sia,  ancor che se ne mostri disdegnosa, 205 e talor mesta e flebil se ne stia: non starò per repulsa o finto sdegno, ch’io non adombri e incarni il mio disegno». Il disegno di Sacripante se a causa della sua stoltezza ( ) il cavaliere di Anglante (Orlando, signore del castello d’Anglante) non ha saputo cogliere per sé ( ) l’occasione favorevole ( ). 193-194 Se mal… buono: per sua sciochezza mal si seppe pigliar il tempo buono poiché da questo momento in poi ( ) la Fortuna non gli offrirà più un dono così grande. 195-196 che da qui… dono: da qui inante non ho alcuna intenzione di imitarlo. 198 per imitarlo già non sono: al punto da lasciare (con valore consecutivo). 199 che lasci: coglierò. 201 Corrò: qualora io (o qualcun altro) tardassi a coglierla. potrebbe perdere la sua freschezza. 202 tardando: stagion… potria: sebbene si mostri schiva. 205 ancor che… disdegnosa: e a volte ne rimanga triste e piangente. 206 e talor… ne stia: non rinuncerò, per la ritrosia ( ) o per il finto sdegno di Angelica, a perseguire e a portare a termine il mio progetto. I due verbi alludono alle operazioni con cui si trasforma in pittura vera e propria un semplice disegno sulla tela: ombreggiare e colorare. 207-208 non starò… disegno: repulsa adombri e incarni 59 Così dice egli; e mentre s’apparecchia  al dolce assalto, un gran rumor che suona 210 dal vicin bosco gl’intruona l’orecchia, sì che mal grado l’impresa abbandona: e si pon l’elmo (ch’avea usanza vecchia di portar sempre armata la persona),  viene al destriero e gli ripon la briglia, 215 rimonta in sella e la sua lancia piglia. 60 Ecco pel bosco un cavallier venire, il cui sembiante è d’uom gagliardo e fiero: candido come nieve è il suo vestire,  un bianco pennoncello ha per cimiero. 220 Re Sacripante, che non può patire che quel con l’importuno suo sentiero gli abbia interrotto il gran piacer ch’avea, con vista il guarda disdegnosa e rea. 61  Come è più presso, lo sfida a battaglia; 225 che crede ben fargli votar l’arcione. Quel che di lui non stimo già che vaglia un grano meno, e ne fa paragone, l’orgogliose minacce a mezzo taglia,  sprona a un tempo, e la lancia in resta pone. 230 Sacripante ritorna con tempesta, e corronsi a ferir testa per testa. 62 Non si vanno i leoni o i tori in salto a dar di petto, ad accozzar sì crudi,  sì come i duo guerrieri al fiero assalto, 235 che parimente si passar li scudi. Fe’ lo scontro tremar dal basso all’alto l’erbose valli insino ai poggi ignudi; e ben giovò che fur buoni e perfetti  gli osberghi sì, che lor salvaro i petti.  240 63 Già non fero i cavalli un correr torto, anzi cozzaro a guisa di montoni: quel del guerrier pagan morì di corto, ch’era vivendo in numero de’ buoni:  quell’altro cadde ancor, ma fu 245 tosto ch’ al fianco si sentì gli sproni. Quel del re saracin restò disteso adosso al suo signor con tutto il peso. 64 L’incognito campion che restò ritto,  e vide l’altro col cavallo in terra, 250 stimando avere assai di quel conflitto, non si curò di rinovar la guerra; ma dove per la selva è il camin dritto, correndo a tutta briglia si disserra;  e prima che di briga esca il pagano, 255 un miglio o poco meno è già lontano.  65 Qual istordito e stupido aratore, poi ch’è passato il fulmine, si leva di là dove l’altissimo fragore  appresso ai morti buoi steso l’aveva; 260 che mira senza fronde e senza onore il pin che di lontan veder soleva: tal si levò il pagano a piè rimaso, Angelica presente al duro caso. 66  Sospira e geme, non perché l’annoi 265 che piede o braccio s’abbi rotto o mosso, ma per vergogna sola, onde a’ dì suoi né pria né dopo il viso ebbe sì rosso: e più, ch’oltre il cader, sua donna poi  fu che gli tolse il gran peso d’adosso. 270 Muto restava, mi cred’io, se quella non gli rendea la voce e la favella. 67 «Deh! (diss’ella) signor, non vi rincresca! che del cader non è la colpa vostra,  ma del cavallo, a cui riposo ed esca 275 meglio si convenia che nuova giostra. Né perciò quel guerrier sua gloria accresca che d’esser stato il perditor dimostra: così, per quel ch’io me ne sappia, stimo,  quando a lasciare il campo è stato primo». 280 68 Mentre costei conforta il Saracino, ecco col corno e con la tasca al fianco, galoppando venir sopra un ronzino un messagger che parea afflitto e stanco;  che come a Sacripante fu vicino, 285 gli domandò se con un scudo bianco e con un bianco pennoncello in testa vide un guerrier passar per la foresta. 69 Rispose Sacripante: «Come vedi,  m’ha qui abbattuto, e se ne parte or ora; 290 e perch’io sappia chi m’ha messo a piedi, fa che per nome io lo conosca ancora». Ed egli a lui: «Di quel che tu mi chiedi io ti satisfarò senza dimora:  tu dei saper che ti levò di sella 295 l’alto valor d’una gentil donzella.  70 Ella è gagliarda ed è più bella molto; né il suo famoso nome anco t’ascondo: fu Bradamante quella che t’ha tolto  quanto onor mai tu guadagnasti al mondo». 300 Poi ch’ebbe così detto, a freno sciolto il Saracin lasciò poco giocondo, che non sa che si dica o che si faccia, tutto avvampato di vergogna in faccia. 71  Poi che gran pezzo al caso intervenuto 305 ebbe pensato invano, e finalmente si trovò da una femina abbattuto, che pensandovi più, più dolor sente; montò l’altro destrier, tacito e muto:  e senza far parola, chetamente 310 tolse Angelica in groppa, e differilla a più lieto uso, a stanza più tranquilla. Nuovo colpo di scena: l’arrivo di un altro cavaliere si prepara. 209 s’apparecchia: gli rintrona l’udito. 211 gl’intruona l’orecchia: ha un candido pennacchio come ornamento dell’elmo ( ). 220 un bianco… cimiero: cimiero sopportare. 221 patire: percorso. 222 sentiero: lo fissa con sguardo ( ) sdegnoso e minaccioso. 224 con vista… rea: vista vicino. 225 presso: poiché è convinto ( ) di farlo cadere da cavallo. L’ è la sporgenza della sella che permette di reggersi sul cavallo. 226 che crede... l’arcione: che crede ben arcione quell’altro, che non ritengo valga solo un granello di meno, e lo dimostra effettivamente ( ). 227-228 Quel che di lui… fa paragone: ne fa paragone sprona il cavallo e contemporaneamente mette la lancia in resta (cioè in posizione di attacco). La resta era un ferro applicato alla corazza per appoggiarvi il calcio della lancia. 230 sprona… pone: furore. 231 tempesta: corrono a colpirsi frontalmente ( ). 232 corronsi... testa: testa per testa in calore. 233 in salto: a scontrarsi con tanta violenza. 234 ad accozzar sì crudi: si trapassarono, si ruppero. 236 si passar: colline senza vegetazione. 238 poggi ignudi: le corazze. 240 gli osberghi: davvero i cavalli non fecero una corsa tortuosa (cioè non deviarono e si scontrarono frontalmente). 241 Già… torto: subito. 243 di corto: nel novero dei buoni cavalli. 244 in numero de’ buoni: si raddrizzò non appena. 245-246 fu tosto ch’: lo sconosciuto. 249 L’incognito: avere ottenuto abbastanza soddisfazione da. 251 avere assai di: riaccendere lo scontro. 252 rinovar la guerra: si lancia. 254 si disserra: riesca a districarsi. 255 di briga esca: uno stordito e stupefatto contadino. 257 istordito… aratore: senza i rami e le fronde che lo adornavano. 261 senza fronde e senza onore: infelice accadimento. 264 duro caso: lo addolori. 265 l’annoi: slogato. 266 mosso: tanto che in vita sua. 267 onde… suoi: e ancora più, oltre al fatto di essere caduto, perché era stata la sua amata a togliergli di dosso il gran peso del cavallo. 269-270 e più… d’adosso: sarebbe rimasto. 271 restava: parola. 272 favella: al quale occorrevano ( ) più ( ) riposo e cibo che un nuovo combattimento ( ). 275-276 a cui… giostra: si convenia meglio giostra per questo. 277 perciò: dato che è stato il primo ad abbandonare il campo di combattimento. 280 quando… primo: borsa per portare i messaggi. 282 tasca: cavallo di modesto valore. 283 ronzino: anche. 292 ancora: indugio. 294 dimora: forte. 297 gagliarda: sorella di Rinaldo. 299 Bradamante: tutto l’onore che hai guadagnato durante la tua vita. 300 quanto… mondo: allegro. 302 giocondo: non sa cosa dire o fare. 303 non sa… faccia: accaduto. 305 intervenuto: alla fine si rese conto. 306-307 finalmente si trovò: quanto più ci pensa. 308 pensandovi più: quello di Angelica. 309 l’altro destrier: in silenzio. 310 chetamente: fece salire. 311 tolse: rimandò (la conquista di Angelica) a un momento più lieto, in un luogo più tranquillo. 311-312 differilla… tranquilla: DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Angelica fugge, pur senza sapere dove andare, attraversando uno fatto di boschi, pianure e luoghi selvaggi; luoghi dall’aspetto favoloso, selve folte di alberi giganteschi e cupe di ombre misteriose. La solitudine, i silenzi, i rumori improvvisi avvolgono la donna, che galoppa tremante a ogni muover di fronda, con l’ombra di Rinaldo che, alla fanciulla, sembra sbucare da ogni tronco. Finché giunge in un luogo accogliente e appartato dove può addormentarsi. Il sonno di Angelica rappresenta il compimento della prima parte della scena. scenario fiabesco Dalla fuga al riposo  pagina 587 Ecco però giungere un altro cavaliere. Si tratta di Sacripante, già presente nell’ Orlando innamorato , ma lì con un carattere più eroico; nel poema di Boiardo infatti era un amante fedele ma sfortunato della bella Angelica, la cui verginità aveva difeso nell’assedio di Albraccà. Qui viene rappresentato come un cavaliere triste e lamentoso, a causa dell’amore non corrisposto da parte della giovane. Angelica vede in lui una guida fidata che potrà ricondurla al paese paterno e perciò gli racconta ciò che le è successo dal giorno in cui egli si era allontanato da lei. Saputo che Orlando non ha offeso, ma anzi ha custodito l’onore della ragazza, Sacripante decide di riconquistarla al proprio amore, cogliendo quel “fiore” che il cavaliere d’Anglante era stato così sciocco da lasciarsi sfuggire. È a questo punto che il narratore riserva a Sacripante un’avventura degradante che non solo vanifica i suoi propositi amorosi ma ne distrugge la fama di possente cavaliere. Dopo averne sottolineato la sofferenza di innamorato infelice con massiccio uso di in chiave patetica ( , v. 65; , v. 66), Ariosto lo espone con divertita spietatezza a una : dinanzi agli occhi della donna amata ( , v. 264) Sacripante è inizialmente disarcionato al primo assalto da un altro cavaliere, rimanendo schiacciato sotto il proprio cavallo; successivamente viene informato da un messaggero che ad abbatterlo è stata una donna, la guerriera Bradamante, anche lei – al pari di tutti gli altri personaggi del poema – alla ricerca del proprio oggetto del desiderio, il futuro sposo Ruggiero. Senza parole, mortificato per aver subìto un indecoroso colpo alla propria virilità, al povero cavaliere saraceno non resta che salire sul cavallo con Angelica, rimandando a tempi migliori la realizzazione del proprio desiderio di sedurla. stereotipi petrarcheschi agghiacci et ardi rode e lima doppia umiliazione presente al duro caso Sacripante innamorato e umiliato L’attrice Barbara De Rossi interpreta Bradamante nella versione cinematografica del   (diretto da Giacomo Battiato nel 1983). Furioso. Storie d’armi e d’amore Nel brano vediamo in azione Angelica, della quale il poeta sottolinea alcuni . La sua fuga è quasi la conseguenza di un radicato atteggiamento interiore, chiaramente espresso negli ultimi due versi dell’ottava 49, dove la donna viene definita / (vv. 135-136). In altre parole, la caratteristica principale di Angelica sembra essere il suo , in quanto convinta che nessuno possa essere degno di lei, adeguato al suo livello. elementi psicologici e caratteriali come colei c’ha tutto il mondo a sdegno, e non le par ch’alcun sia di lei degno disprezzo per tutti coloro che la corteggiano Un altro suo tratto che emerge è la . Qui la donna asseconda Sacripante solo a parole, mentre in realtà ha intenzione di servirsene per difendersi dagli altri pretendenti che la inseguono. Angelica si comporta sempre nello stesso modo: con un occhio lusinga i suoi spasimanti, con l’altro rimane vigile e in guardia. La sostanza dell’Angelica ariostesca è dunque fatta di astuzia e di calcolo. Dopo aver colto il suo timore nella scena della fuga e la sua serenità in quella del riposo, ora il lettore si trova a vedere il personaggio mentre gioca la carta della civetteria: è una donna dotata di una certa dose di cinismo, che la spinge a fare di necessità virtù. Così, nell’ottava 51, essa (v. 150) e (v. 149), servendosi di Sacripante per il proprio (v. 151). Con un’entrata in scena decisamente teatrale, Angelica esce dal cespuglio in cui aveva trovato riposo come se fosse una dea della mitologia classica (Diana o Venere, v. 156) che si presenti al pubblico di una di quelle rappresentazioni molto in voga nelle corti del tempo. È come se Ariosto volesse sottolineare in tal modo la grande abilità attoriale del suo personaggio. scaltra freddezza ordisce e trama finzione inganno bisogno Il ritratto di Angelica  pagina 588 Le scelte stilistiche Nelle prime ottave del brano, nonostante le difficoltà della fuga e l’orrore delle selve spaventose e oscure, la descrizione appare serena e luminosa. Il poeta è infatti capace di sollevarsi al di sopra delle specifiche vicende dei personaggi e dei loro stessi occasionali stati d’animo. , da una sorta di Olimpo in cui si muove, tranquilla, la fantasia dell’autore. Ogni vicenda sembra come contemplata dall’alto All’ottava 35, il paesaggio inabitato e selvaggio viene sostituito da un ambiente luminoso e sereno: è il classico , cioè uno scenario naturale dolce e confortante, fatto tradizionalmente di una vegetazione verde e fiorita, un venticello gradevole, acqua che scorre fresca. In realtà non c’è frattura né improvviso stacco tra le due situazioni: c’è invece la notevole capacità di Ariosto di dissolvere una visione in un’altra, un ritmo narrativo in un altro. locus amoenus Armonia e continuità della narrazione La sostanziale continuità tra un episodio e l’altro del poema non è contraddetta dai che interrompono e variano il libero fluire della narrazione; al contrario, potremmo dire che per il loro tramite l’autore persegue l’obiettivo di ottenere un racconto ininterrotto e al tempo stesso diversificato, in modo da . In questo brano un primo esempio di colpo di scena è, all’ottava 38, l’arrivo di Sacripante; un secondo è, all’ottava 59, il rumore che annuncia l’arrivo di un altro cavaliere, che scopriremo essere Bradamante, l’imprevedibile soccorritrice di Angelica, apparsa all’improvviso per vanificare le aspirazioni erotiche dello sprovveduto Sacripante. frequenti colpi di scena evitare qualsiasi senso di monotonia o di prevedibilità I colpi di scena Anche in questo brano è ravvisabile la , che Ariosto esercita soprattutto su Sacripante: egli si lamenta così (v. 60) da spezzare un sasso e da ammansire una tigre feroce; con due iperboli le sue guance segnate dalle lacrime vengono paragonate a un ruscello e i singhiozzi che lo scuotono a un vulcano in eruzione. L’esagerazione delle pene d’amore è bilanciata dallo , che tende, in tutto il poema, a riportare le passioni umane a una dimensione di maggiore realismo. In altre parole, attraverso l’esasperazione delle smanie amorose dei suoi personaggi Ariosto afferma indirettamente la necessità di vivere i sentimenti all’insegna di un più sano equilibrio. Inoltre assistiamo al : qui l’intento del guerriero non è di proteggere l’onore di una fanciulla illibata dagli assalti di uomini disonesti, ma – al contrario – di “cogliere il fiore” della sua giovinezza, approfittando di una situazione di debolezza. tipica tonalità ironica soavemente scetticismo del poeta rovesciamento dei valori tipicamente cavallereschi Infine, lo sviluppo successivo dell’azione porta al suo definitivo ridimensionamento di uomo e combattente ad opera di due donne, l’astuta Angelica e la misteriosa amazzone dal (v. 220). bianco pennoncello Del resto la stessa Angelica non sfugge all’ironia ariostesca. Per esempio l’autore non manca di avanzare qualche dubbio sulla sua verginità, che lei afferma con convinzione di fronte a Sacripante ( , vv. 185-186), e lo stilnovistico (v. 167) è solo la superficie di una donna pratica e opportunista, come si vede dalle ipocrite parole melliflue riservate al guerriero saraceno dopo lo scacco subìto al solo scopo di tenerselo buono come guardia del corpo personale contro le insidie della foresta. Forse era ver, ma non però credibile / a chi del senso suo fosse signore angelico sembiante Va detto però che l’ironia di Ariosto non si esercita su Angelica altrettanto direttamente che sui personaggi maschili. Sembra infatti che l’eroina sia oggetto, da parte dell’autore, di una certa simpatia. Il comportamento di Angelica non viene davvero condannato; semmai la giovane viene ammirata per la , per quanto inattesi, al proprio vantaggio. Lo si vede chiaramente, dal fatto che, tra l’astuta Angelica e l’intraprendente Sacripante, oggetto degli strali ironici dell’autore è, di fatto, soprattutto il povero e credulone re di Circassia, che dà (v. 192). capacità che ha di piegare gli eventi facile credenza a quel che vuole L’ironia L’ironia ariostesca si esprime anche attraverso la ripresa di celebri , in particolare della lirica amorosa di Petrarca. Per esempio l’antitesi (v. 65) rimanda a «et ardo, et son un ghiaccio» ( , 134, 2) o anche a «di state un ghiaccio, un foco quando inverna» ( , 150, 6). modalità retoriche della poesia precedente m’agghiacci et ardi Canzoniere Canzoniere La alle ottave 42-43 presenta un esplicito richiamo a una fonte classica, il carme 62 del poeta latino Catullo (ca 84-54 a.C.): «Come fiore nascosto che nasce in giardini cintati, / lontano dai greggi, divelto non mai dall’aratro, / ma lo accarezzano i venti, lo rafforza il sole, lo accresce la pioggia, / molti ragazzi, molte ragazze lo vogliono; ma poi, appena spiccato dall’unghia tagliente, sfiorisce, / e più nessun ragazzo, più nessuna ragazza lo vuole; / così è la vergine: finché rimane illibata, gode l’affetto della famiglia; / ma non appena, violato il suo corpo, perde il fiore della purezza, / non è più cara ai ragazzi, non gode l’affetto delle ragazze» (traduzione di Francesco Della Corte). Va sottolineato però come, rispetto al modello catulliano, nei versi di Ariosto sia molto più chiara la consapevolezza di quanto la bellezza sia un valore fortemente insidiato dalla violenza della passione amorosa e dai capricci della fortuna. similitudine della rosa Comunque, attraverso il fitto gioco di rimandi intertestuali come quelli evidenziati, il poeta da un lato esprime un omaggio alla tradizione letteraria e a un poeta rinomato come l’autore del , dall’altro, specie grazie al richiamo a un testo assai noto di Catullo, mostra quanto di stereotipato e di facilmente prevedibile c’è nell’innamoramento appassionato di Sacripante. Canzoniere L’intertestualità Gustave Doré,  , 1879. Angelica conforta Sacripante  pagina 590  VERSO LE COMPETENZE COMPRENDERE E ANALIZZARE 1 Il riassunto Usa i titoletti laterali che scandiscono le sequenze del testo e scrivi un breve riassunto per ciascuna di esse. 2 IL LAMENTO DI SACRIPANTE Contro chi o che cosa se la prende Sacripante e perché? 3 Una similitudine A che cosa viene paragonata, nell’ottava 53, la gioia di Sacripante all’apparire di Angelica? 4 Il piano di Angelica Perché Angelica ritiene che Sacripante possa esserle utile? Qual è l’intenzione di Sacripante? Che cosa gli impedisce di portarla a compimento? 5 L’obiettivo di Sacripante Per quale ragione, mentre si trova sotto il peso del suo cavallo, Sacripante (v. 265)? 6 Lo stato d’animo del guerriero Sospira e geme Con quali capziosi argomenti Angelica consola Sacripante dopo l’umiliazione patita? 7 L’arte della parola di Angelica Il paesaggio viene descritto in maniera realistica o fantastica? Argomenta la tua risposta facendo riferimento ai dati testuali. 8 Il paesaggio Quale registro linguistico prevale nelle ottave antologizzate? Alto, medio o basso? Motiva la tua risposta con una serie di esempi pertinenti. 9 Il registro espressivo Interpretare Qual è inizialmente lo stato d’animo di Angelica? Come muta nel corso del brano? In quale relazione si pone con il paesaggio circostante? 10 Alti e bassi emotivi 11 Una tecnica ariostesca Quali aspetti della narrazione evidenziano l’uso della tecnica dell’ entrelacement ? scrivere per... Prova a metterti nei panni, davvero scomodi, di Sacripante dopo lo scorno subìto: l’imbarazzo è uno degli stati emotivi più difficili da gestire. Racconta un episodio in cui ti sei sentito a disagio in una certa situazione vissuta con amici o parenti. 12 raccontare «L’ironia è l’occhio sicuro che sa cogliere lo storto, l’assurdo, il vano dell’esistenza». Commenta questa frase del filosofo danese Søren Kierkegaard (1813-1855) in un testo argomentativo di circa 20 righe, anche alla luce della tua esperienza personale. 13 A rgomentare Parlare e scrivere bene È PROPRIO un problema? Io posso lasciar mia vita propia ? (v. 94): il povero Sacripante ha molti problemi, come hai potuto leggere. è certamente sfortunato in amore, ma non dobbiamo infierire su di lui dandogli pure dell’analfabeta. Ariosto, è vero, gli fa dire propia e non propria : oggi sarebbe un errore, ma anticamente era una forma accettabile, perfino nella lingua scritta.  Non è invece accettabile che oggi diciamo o scriviamo propio : anche se – soprattutto in certe regioni italiane – la seconda “r” dopo la “p” può sembrare ridondante e magari difficile da pronunciare, non possiamo sbagliare. Anzi, per rafforzare il concetto: non possiamo proprio sbagliare. D’altro canto, la forma / ricorre moltissime volte nel nostro linguaggio, sia pure con funzioni diverse. A seconda del contesto, può essere: proprio propria un avverbio, per intensificare un aggettivo: «Questa torta è buona!»; proprio un aggettivo o pronome possessivo: «Ognuno faccia il dovere». proprio Come aggettivo e come pronome possessivo (di terza persona, singolare e plurale), però va usato solo se il soggetto è impersonale o il possessore coincide con il soggetto della frase. In questi casi, il suo uso è da preferire a “suo/loro”. proprio Leggi l’esempio seguente: come puoi interpretare questa frase a seconda dell’aggettivo possessivo scelto? PROVA TU Mario vide Giovanni con i figli. suoi/propri In una delle frasi seguenti, con funzione di pronome è usato in modo scorretto. Quale? PROVA TU   proprio Michela e Stefano hanno dato l’indirizzo, tocca a Giovanna dare il . proprio Noi rispettiamo la vostra opinione, voi però non state rispettando la . propria