T6 La pazzia di Orlando , canto XXIII, ott. 111-124; 129-136 Orlando furioso Eccoci al centro del poema, con quello che è l’episodio più celebre e da cui l’opera stessa prende il titolo. Dopo un aspro duello sostenuto con il saraceno Mandricardo, Orlando erra due giorni, finché arriva sulle rive di un fiumicello, tutto costeggiato da prati, fiori, alberi. Senza saperlo, il paladino, innamorato di Angelica e sempre alla sua ricerca, è giunto proprio nei luoghi in cui la donna aveva curato e guarito il fante saraceno Medoro, del quale poi si era innamorata ed era divenuta moglie (canto XIX): lei che aveva rifiutato i più grandi re del Levante, che era sfuggita ai più valenti paladini, si era unita a un semplice soldato. Invitato dalla luminosità primaverile dei luoghi, Orlando smonta da cavallo e si gode la frescura e la vegetazione. Ma, purtroppo per lui, lo attende una vista terribile: mentre contempla i prati e il fiumicello, scorge, intagliati nella corteccia di diverse piante, i nomi di Angelica e Medoro, e, per di più, vede quei nomi strettamente accostati l’uno all’altro e tra loro intrecciati. Egli ne resta turbato, ma pensa – illudendosi – che Medoro possa essere un vezzeggiativo attribuito da Angelica proprio a lui. Poi però, allontanatosi di poco dal boschetto, scorge, all’ingresso di una grotta, un’incisione in cui Medoro canta il suo felice amore per Angelica. L’epigrafe è scritta in arabo, e per sventura il conte capisce tanto bene quella lingua quanto la propria. I suoi stessi occhi leggono dunque la rivelazione di quella che lui considera una gravissima infedeltà da parte della sua amatissima Angelica. È questo il motivo per cui la mente di Orlando viene sconvolta dalla pazzia. Ottave di endecasillabi con schema di rime ABABABCC. Metro Follia e disperazione d’amore 111 Tre volte e quattro e sei lesse lo scritto quello infelice, e pur cercando invano che non vi fosse quel che v’era scritto; e sempre lo vedea più chiaro e piano: ed ogni volta in mezzo il petto afflitto 5 stringersi il cor sentia con fredda mano. Rimase al fin con gli occhi e con la mente fissi nel sasso, al sasso indifferente. La prova inconfutabile è l’epigrafe tracciata da Medoro all’ingresso della grotta dove Angelica gli si è concessa. 1 lo scritto: sempre ( ) provando, ma invano, a dare alle parole un altro significato. 2-3 pur cercando… v’era scritto: pur comprensibile. 4 piano: non diverso dal sasso (cioè anche Orlando è divenuto, come il sasso, freddo e insensibile). È, questa dello stordimento, la prima fase della pazzia. 8 al sasso indifferente: 112 Fu allora per uscir del sentimento sì tutto in preda del dolor si lassa. 10 Credete a chi n’ha fatto esperimento, che questo è ’l duol che tutti gli altri passa. Caduto gli era sopra il petto il mento, la fronte priva di baldanza e bassa; né poté aver (che ’l duol l’occupò tanto) 15 alle querele voce, o umore al pianto. 113 L’impetuosa doglia entro rimase, che volea tutta uscir con troppa fretta. Così veggiàn restar l’acqua nel vase, che largo il ventre e la bocca abbia stretta; 20 che nel voltar che si fa in su la base, l’umor che vorria uscir, tanto s’affretta, e ne l’angusta via tanto s’intrica, ch’a goccia a goccia fuore esce a fatica. Il dolore di Orlando senno. 9 sentimento: tanto si abbandonò al dolore. 10 sì tutto… si lassa: dolore. 12 duol: lo pervase. 15 l’occupò: voce per lamentarsi ( ) o lacrime ( ) per piangere. 16 alle querele… al pianto: alle querele umore dolore. 17 doglia: vaso. 19 vase: liquido. 22 umor: si blocca. 23 s’intrica: 114 Poi ritorna in sé alquanto, e pensa come 25 possa esser che non sia la cosa vera: che voglia alcun così infamare il nome de la sua donna e crede e brama e spera, o gravar lui d’insoportabil some tanto di gelosia, che se ne pera; 30 et abbia quel, sia chi si voglia stato, molto la man di lei bene imitato. Ultimo tentativo di autoillusione Orlando cerca un modo per fuggire la durezza della realtà, per illudersi che quanto ha inteso non corrisponda al vero. 25-26 pensa… vera: pesi. 29 some: che egli possa morirne. 30 che se ne pera: chiunque sia stato. 31 sia… stato: la grafia di Angelica. 32 la man di lei: 115 In così poca, in così debol speme sveglia gli spirti e gli rifranca un poco; indi al suo Brigliadoro il dosso preme, 35 dando già il sole alla sorella loco. Non molto , che da le vie supreme va dei tetti uscir vede il vapor del fuoco, sente cani abbaiar, muggiare armento: viene alla villa, e piglia alloggiamento. 40 116 smonta, e lascia Brigliadoro Languido ▶ a un discreto garzon che n’abbia cura; altri il disarma, altri gli sproni d’oro gli leva, altri a forbir va l’armatura. Era questa la casa ove Medoro 45 giacque ferito, e v’ebbe alta avventura. Corcarsi Orlando e non cenar domanda, di dolor sazio e non d’altra vivanda. 117 Quanto più cerca ritrovar quiete, tanto ritrova più travaglio e pena; 50 che de l’odiato scritto ogni parete, ogni uscio, ogni finestra vede piena. Chieder ne vuol: poi tien le labra chete; che teme non si far troppo serena, troppo chiara la cosa che di nebbia 55 cerca offuscar, perché men nuocer debbia. Alla casa del pastore PARLARE E SCRIVERE BENE p. 603 ▶ TRECCANI ▶ Le parole valgono Il verbo comunica una stanchezza che sconfina nell’inerzia e nella profonda prostrazione. Chi è è come se fosse malato o preda della malinconia, tanto è debole e senza forze. Ogni cosa che appare ai nostri occhi è smorta, priva di vivacità: come può esserlo un sentimento o uno sguardo troppo svenevoli per essere sinceri. languido languire languido languida ➔ Scrivi una frase con ciascuno di questi sinonimi di languido : sdolcinato ; fioco ; fiacco ; sentimentale ; melenso . speranza. 33 speme: si rianima e si rassicura. 34 sveglia gli spirti e gli rifranca: quindi si mette in groppa al suo Brigliadoro. 35 indi… preme: mentre il sole sta cedendo il posto alla luna ( ). 36 dando… loco: alla sorella non percorre molta strada, che vede uscire il fumo ( ) dai camini ( ). 37-38 Non molto va… fuoco: vapor del fuoco da le vie supreme dei tetti il bestiame. 39 armento: casa. 40 villa: scende di sella stanco. 41 Languido smonta: ragazzo affidabile. 42 discreto garzon: gli tolgono l’armatura. 43 il disarma: lucidare. 44 forbir: la straordinaria ( ) ventura di essere amato dalla bella Angelica. 46 alta avventura: alta Orlando chiede di riposare ( ) e non di cenare. 47 Corcarsi… domanda: Corcarsi tormento e dolore. 50 travaglio e pena: rimane zitto. 53 tien le labra chete: poiché teme che si faccia ( ) troppo limpida ( ) e troppo palese la cosa che cerca di ricoprire di nebbia, affinché gli dia minor dolore. 54-56 che teme… debbia: non si far serena 118 Poco gli giova usar fraude a se stesso; che senza domandarne, è chi ne parla. Il pastor che lo vede così oppresso da sua tristizia, e che voria levarla, 60 l’istoria nota a sé, che dicea spesso di quei duo amanti a chi volea ascoltarla, ch’a molti dilettevole fu a udire, gl’incominciò senza rispetto a dire: 119 come esso a’ prieghi d’Angelica bella 65 portato avea Medoro alla sua villa, ch’era ferito gravemente; e ch’ella curò la piaga, e in pochi dì guarilla: ma che nel cor d’una maggior di quella lei ferì Amor; e di poca scintilla 70 l’accese tanto e sì cocente fuoco, che n’ardea tutta, e non trovava loco: 120 e sanza aver rispetto ch’ella fusse figlia del maggior re ch’abbia il Levante, da troppo amor constretta si condusse 75 a farsi moglie d’un povero fante. All’ultimo l’istoria si ridusse, che ’l pastor fe’ portar la gemma inante, ch’alla sua dipartenza, per mercede del buono albergo, Angelica gli diede. 80 Il racconto del pastore ingannare sé stesso. 57 usar fraude a se stesso: poiché, anche senza che egli ne domandi, c’è chi gliene parlerà. 58 che… ne parla: vorrebbe alleviargliela. 60 voria levarla: piacevole. 63 dilettevole: senza riguardo, apertamente. Nell’espressione c’è un tono lievemente canzonatorio; il povero pastore non poteva certo sapere a chi stava raccontando la sua piacevole storia e dunque non lo faceva per poco riguardo. È il poeta che sorride di quella situazione, tragica e comica insieme. 64 senza rispetto: preghiere. 65 prieghi: la guarì. 68 guarilla: ma che Amore la ferì nel cuore con una ferita più grave di quella, fisica, che aveva Medoro. 69-70 ma che nel cor… Amor: nascendo da una piccola scintilla. 70 di poca scintilla: pace. 72 loco: acconsentì. 75 si condusse: la storia giunse infine a tal punto. 77 All’ultimo l’istoria si ridusse: fece portare davanti a Orlando il gioiello. 78 fe’ portar la gemma inante: come ricompensa della buona ospitalità ricevuta. Si pensi al tragico e al grottesco della scena: da una parte c’è il pastore convinto di aver compiuto una buona azione, dall’altra Orlando disperato. 79-80 per mercede del buono albergo: 121 Questa conclusion fu la secure che ’l capo a un colpo gli levò dal collo, poi che d’innumerabil battiture si vide il Amor satollo. ▶ manigoldo Celar si studia Orlando il duolo; e pure 85 quel gli fa forza, e male asconder pòllo: per lacrime e suspir da bocca e d’occhi convien, voglia o non voglia, al fin che scocchi. 122 Poi ch’allargare il freno al dolor puote (che resta solo e senza altrui rispetto), 90 giù dagli occhi rigando per le gote sparge un fiume di lacrime sul petto: sospira e geme, e va con spesse ruote di qua di là tutto cercando il letto; e più duro ch’un sasso, e più pungente 95 che se fosse d’urtica, se lo sente. 123 In tanto aspro travaglio gli soccorre che nel medesmo letto in che giaceva, l’ingrata donna venutasi a porre col suo drudo più volte esser doveva. 100 Non altrimenti or quella piuma abborre, né con minor prestezza se ne leva, che de l’erba il villan che s’era messo per chiuder gli occhi, e vegga il serpe appresso. 124 Quel letto, quella casa, quel pastore 105 immantinente in tant’odio gli casca, che senza aspettar luna, o che l’albore che va dinanzi al nuovo giorno nasca, piglia l’arme e il destriero, et esce fuore per mezzo il bosco alla più oscura frasca; 110 e quando poi gli è aviso d’esser solo, con gridi et urli apre le porte al duolo. […] Orlando cede alla disperazione TRECCANI ▶ Le parole valgono Qualunque sia l’etimologia di , non se ne esce: sotto le vesti di questa parola cavalleresca affiora sempre la sagoma del giustiziere. Sia che venga dal tedesco , il nome presunto di un oscuro boia medievale, sia che la vera origine riposi su , cioè il “mundualdo”, il temibile capofamiglia longobardo, è il titolo che spetta al carnefice o all’aguzzino. Non c’è da avere paura, però: come altre espressioni simili, oggi nessuno prende sul serio quest’etichetta. Anzi, è meglio scherzarci sopra ed esclamare, dopo l’ennesima marachella, «Guarda che cosa ha combinato quel di tuo figlio!». manigoldo manigoldo Managold mudivald manigoldo manigoldo ➔ Proviene invece dalla lingua olandese un altro epiteto usato oggi scherzosamente per indicare una persona spregiudicata e sbarazzina, filibustiere . Quali categorie di persone venivano un tempo indicate con questa qualifica? scure. 81 secure: con un solo colpo. 82 a un colpo: dopo che il carnefice ( ) Amore si vide sazio ( ) di averlo tormentato con innumerevoli sofferenze ( ). 83-84 poi che… satollo: manigoldo satollo battiture Orlando cerca di nascondere il proprio dolore. 85 Celar… il duolo: lo può nascondere con difficoltà. 86 male asconder pòllo: è necessario. erompa. 88 convien: scocchi: quando può liberamente sfogare il proprio dolore. 89 Poi… puote: non trattenuto dalla vergogna per la presenza di altri. 90 senza altrui rispetto: facendolo scorrere lungo le guance. 91 rigando per le gote: si rigira spesso nel letto (alla ricerca di una posizione che gli consenta di addormentarsi). 93-94 con spesse ruote… il letto: gli viene in mente. 97 gli soccorre: doveva probabilmente essersi coricata ( ) più volte con il suo amante ( ) la donna ingrata (cioè Angelica). 99-100 l’ingrata… esser doveva: venutasi a porre drudo detesta quel materasso di piume. 101 quella piuma abborre: dall’erba. contadino. 103 de l’erba: villan: veda un serpente vicino a sé. 104 vegga il serpe appresso: all’improvviso gli diventano tanto odiosi. 106 immantinente… gli casca: il sorgere della luna. 107 luna: precede il. 108 va dinanzi al: inoltrandosi nel più fitto del bosco. 110 per mezzo… frasca: si accorge. 111 gli è aviso: sfoga il dolore. 112 apre… duolo: 129 Pel bosco errò tutta la notte il conte; e allo spuntar della diurna fiamma lo tornò il suo destin sopra la fonte 115 dove Medoro insculse l’epigramma. Veder l’ingiuria sua scritta nel monte l’accese sì, ch’in lui non restò dramma che non fosse odio, rabbia, ira e furore; né più indugiò, che trasse il brando fuore. 120 130 Tagliò lo scritto e ’l sasso, e sin al cielo a volo alzar fe’ le minute schegge. Infelice quell’antro, ed ogni stelo in cui Medoro e Angelica si legge! Così restar quel dì, ch’ombra né gielo 125 a pastor mai non daran più, né a gregge: e quella fonte, già sì chiara e pura, da cotanta ira fu poco sicura; 131 che rami e ceppi e tronchi e sassi e zolle non cessò di gittar ne le bell’onde, 130 fin che da sommo ad imo sì turbolle, che non furo mai più chiare né monde. E stanco al fin, e al fin di sudor molle, poi che la lena vinta non risponde allo sdegno, al grave odio, all’ardente ira, 135 cade sul prato, e verso il ciel sospira. 132 Afflitto e stanco al fin cade ne l’erba, e ficca gli occhi al cielo, e non fa motto. Senza cibo e dormir così si serba, che ’l sole esce tre volte e torna sotto. 140 Di crescer non cessò la pena acerba, che fuor del senno al fin l’ebbe condotto. Il quarto dì, da gran furor commosso, e maglie e piastre si stracciò di dosso. 133 Qui riman l’elmo, e là riman lo scudo, 145 lontan gli arnesi, e più lontan l’usbergo: l’arme sue tutte, in somma vi concludo, avean pel bosco differente albergo. E poi si squarciò i panni, e mostrò ignudo l’ispido ventre e tutto ’l petto e ’l tergo; 150 e cominciò la gran follia, sì orrenda, che de la più non sarà mai ch’intenda. 134 In tanta rabbia, in tanto furor venne, che rimase offuscato in ogni senso. Di tor la spada in man non gli sovenne; 155 che fatte avria mirabil cose, penso. Ma né quella, né scure, né bipenne era bisogno al suo vigore immenso. Quivi fe’ ben de le sue prove eccelse, ch’un alto pino al primo crollo svelse: 160 135 e svelse dopo il primo altri parecchi, come fosser finocchi, ebuli o aneti; e fe’ il simil di querce e d’olmi vecchi, di faggi e d’orni e d’illici e d’abeti. Quel ch’un ucellator che s’apparecchi 165 il campo mondo, fa, per por le reti, dei giunchi e de le stoppie e de l’urtiche, facea de cerri e d’altre piante antiche. 136 I pastor che sentito hanno il fracasso, lasciando il gregge sparso alla foresta, 170 chi di qua, chi di là, tutti a gran passo vi vengono a veder che cosa è questa. Ma son giunto a quel segno il qual s’io passo vi potria la mia istoria esser molesta; et io la vo’ più tosto diferire, 175 che v’abbia per lunghezza a fastidire. L’esplosione della follia è il sole. 114 diurna fiamma: il suo destino lo ricondusse. 115 lo tornò il suo destin: aveva scolpito. 116 insculse: la propria vergogna. roccia. 117 l’ingiuria sua: monte: lo mandò in tale furore. una minima parte (la dramma è l’ottava parte di un’oncia, cioè una quantità piccolissima). 118 l’accese sì: dramma: e senza più esitare, trasse dal fodero la spada ( ). 120 né più… fuore: brando tronco. 123 stelo: gli alberi che crescevano lì quel giorno rimasero così malconci, che non potranno offrire mai più ombra e frescura ( ) a pastori e greggi. 125-126 Così restar quel dì… né a gregge: gielo prima. 127 già: non restò indenne da quell’ira furibonda (ma divenne anch’essa torbida e sconvolta). 128 da cotanta ira fu poco sicura: le scompigliò, dalla superficie fino alle loro profondità. 131 da sommo ad imo sì turbolle: pulite. 132 monde: intriso. 133 molle: la sua forza, ormai vinta dalla grande fatica. 134 la lena vinta: rimane ammutolito. 138 non fa motto: rimane. 139 si serba: passano tre giorni e tre notti. 140 ’l sole… sotto: cocente dolore. 141 pena acerba: fino a quando l’ebbe condotto fuori di senno. 142 che… condotto: agitato da un furore terribile. 143 da gran furor commosso: sono quelle dell’armatura. 144 maglie e piastre: i vari accessori dell’armatura. la corazza. 146 gli arnesi: l’usbergo: si trovavano sparse in tutti i luoghi del bosco. 148 avean… albergo: irto di peli. la schiena. 150 ispido: ’l tergo: che non vi potrà mai essere chi oda parlare ( ) di una follia maggiore ( ). 152 che… intenda: intenda de la più prendere. non pensò. 155 tor: non gli sovvenne: avrebbe compiuto azioni ancor più impressionanti. 156 fatte avria mirabil cose: scure a doppio taglio. 157 bipenne: fece davvero molte delle sue più grandi imprese. 159 fe’… eccelse: strappo. sradicò. 160 crollo: svelse: gli ebuli sono una specie di sambuchi; l’aneto è una pianta simile al finocchio. 162 ebuli o aneti: lecci. 164 illici: Orlando faceva con i cerri (tipo di querce) e con altri alberi antichi ciò che un cacciatore ( ) che si prepari ( ) il terreno sgombro ( ) per collocare ( ) le sue reti fa con le piccole pianticelle ( e ) che lo ricoprono. Cioè il paladino impazzito svelle alberi secolari con la stessa facilità con cui un altro strappa l’erba. 165-168 Quel… antiche: ucellator s’apparecchi mondo por giunchi , stoppie urtiche che succede. 172 che cosa è questa: punto. 173 segno: potrebbe. 174 potria: preferisco interromperla (rimandandola al canto successivo) piuttosto che essa generi in voi fastidio per il fatto di essere troppo lunga. 175-176 la vo’… fastidire: Arnold Böcklin, , 1885. Lipsia, Museum der Bildenden Kunste. Orlando furioso pagina 602 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Di fronte all’incisione in cui Medoro spiega chiaramente la sua fortuna (l’amore dell’eroina da tutti inseguita), l’animo di Orlando è scosso da un crescente turbamento, che sfocia nella pazzia e in manifestazioni di incontrollato furore. Ma , per gradi, dal primo attonito stupore dell’infelice allo scoppio improvviso del suo dolore, fino – appunto – al violento infuriare della demenza: penetrato nel bosco, Orlando urla di dolore e sradica gli alberi, per distruggere tutti i segni che possano ricordare l’amore dei due giovani. Alla fine cade a terra e giace immobile per tre giorni, senza mangiare né bere. Il quarto giorno si rialza, abbandona le armi e vaga nudo seminando il panico nella regione. il poeta rappresenta tale follia nel suo formarsi Amore, gelosia e pazzia Anche Boiardo aveva sgretolato l’immagine monolitica dell’eroe, facendolo servo dell’amore, come un comune essere umano. Eppure Ariosto va oltre: , ma impazzisce. È come se la grandezza del valore guerriero necessitasse di un contrappeso proporzionale, e anzi ulteriormente amplificato: a differenza degli altri cavalieri, che inseguono Angelica per capriccio, per infatuazione, egli ; per questo fugge nel bosco, dove può urlare, piangere e gridare prima di far esplodere senza più alcun freno la propria furia distruttrice. In tal modo, la follia di Orlando diventa una . il più famoso paladino cristiano non solo si innamora subisce le conseguenze drammatiche dell’amore come persecuzione metafora* dell’amore quale passione irrazionale e sentimento che porta alla perdita dell’identità Orlando e le conseguenze della passione Paradossalmente la pazzia di Orlando segna l’ . Finora egli è vissuto nel mito di Angelica, un mito ossessivo costruito sulla base di una mistificazione della realtà che alla fine si rivela illusoria: Angelica non è quella vergine pura, irraggiungibile e distaccata dall’universo degli affetti che il paladino immaginava; ormai è la donna di un altro, che lei ha scelto consapevolmente. inizio della sua liberazione La vacua sublimazione della figura femminile ha condotto Orlando in un vicolo cieco. Ora – come sostiene il critico Elio Gioanola (del quale sintetizziamo alcune più ampie considerazioni) – la follia può rappresentare per lui l’occasione per un , nella propria coscienza e nelle proprie pulsioni profonde: da qui, superata la fase acuta della crisi, il personaggio potrà intraprendere un , lasciandosi alle spalle la pericolosa confusione fra il piano della realtà concreta e quello dell’idealizzazione astratta; e capire, per esempio, di non potere rimproverare ad Angelica il tradimento di una fedeltà che non gli era mai stata promessa. Così ha fine l’“amorosa inchiesta” che era cominciata all’inizio del poema. viaggio dentro sé stesso percorso di autentica conoscenza di sé e del mondo La follia come liberazione Le scelte stilistiche Anche in questo episodio spuntano il sorriso e l’arguzia maliziosa dell’autore: Orlando, il paladino dei paladini, impazzisce per una donna (per giunta pagana). Viene evitato il tono tragico: piuttosto si intrecciano . Come in tutto il poema, anche qui Ariosto rifugge dal patetico e dal sublime. Al contrario, specialmente verso la fine del brano, prevalgono : si vedano le esagerate imprese dell’eroe in preda al furore, come il gesto di svellere con estrema facilità alberi secolari. Il poeta vuole in tal modo , non solo suo, ma anche del lettore: l’utilizzo di figure retoriche quali l’enumerazione* e l’iperbole* (come nella descrizione delle gesta del paladino, rivolte non – come vorrebbe il canone epico – verso temibili nemici, ma contro arbusti inermi) ha appunto la funzione straniante di far sorridere delle follie umane. tonalità drammatiche e comiche elementi quasi caricaturali e grotteschi attenuare il coinvolgimento La lievità del tono pagina 603 D’altra parte nell’atteggiamento di Ariosto non notiamo freddezza o distacco: egli, profondo conoscitore dell’animo umano, partecipa in qualche modo alla disperazione di Orlando, nella consapevolezza che la sua follia è un’espressione specifica della più ampia e generale follia degli uomini quando si perdono nelle loro passioni. Del resto l’autore chiama sé stesso in prima persona a testimone ( / , vv. 11-12), poiché non doveva essergli mancata, in questo campo, qualche dolorosa esperienza. Ariosto può dunque assumere un atteggiamento di al dramma umano del suo eroe e, insieme, portare a termine un’opera di demistificazione dei vecchi ideali cavallereschi, spogliando la passione amorosa di tutta la nobiltà che la caratterizzava nella visione tradizionale. Credete a chi n’ha fatto esperimento, che questo è ’l duol che tutti gli altri passa affettuosa partecipazione La partecipazione del poeta VERSO LE COMPETENZE Comprendere E ANALIZZARE Come viene descritto 1 IL RITRATTO DEL PROTAGONISTA l’aspetto fisico di Orlando al primo manifestarsi della pazzia? In che modo il 2 UN ANTAGONISTA INVOLONTARIO pastore che lo ospita contribuisce ad acuire il suo dolore? In quali azioni si esprime 3 L’ESPLOSIONE DEL DELIRIO il culmine della follia di Orlando? Al v. 28, quale figura 4 LO STATO D’ANIMO DI ORLANDO di significato può essere rilevata nell’espressione ? Che cosa evidenzia e crede e brama e spera nella mente di Orlando? Al v. 112 ( 5 UNA FIGURA RETORICA ESPRESSIVA con ), quale figura gridi et urli apre le porte al duolo di suono riconosci? Qual è la sua funzione espressiva? INTERPRETARE Perché all’ottava 6 UNA DEFINIZIONE DI ANGELICA 123 Angelica è definita (v. 99)? ingrata Quale può essere il valore 7 UN’AZIONE SIGNIFICATIVA simbolico dell’azione di Orlando descritta ai vv. 143-144 ( Il quarto dì, da gran furor commosso, )? / e maglie e piastre si stracciò di dosso Che cosa simboleggia 8 IL PERCHÉ DI UN COMPORTAMENTO la nudità di Orlando all’ottava 133? SCRIVERE PER... Ingannare sé stesso dinanzi a 9 DIRE LA PROPRIA una verità inoppugnabile: come definiresti il comportamento di Orlando? Lo comprendi, sei indulgente verso di lui oppure ravvedi una censurabile debolezza e un’incapacità di guardare in faccia alla realtà? Esprimi il tuo giudizio in un testo di circa 30 righe. Parlare e scrivere bene VA, VA’ o VÀ? Tra i dilemmi dell’ortografia Ariosto ci dà (a proposito: con l’accento, in quanto voce del verbo !) un’utile lezione di grammatica. dare Come possiamo vedere al v. 37, va è la forma corretta per indicare la terza persona singolare del presente indicativo del verbo . andare Oggi Filippo al lavoro in treno. va Chi allo stadio domani? va Niente apostrofo, dunque. Tuttavia va’ (con l’apostrofo) non è una forma scorretta: in quanto troncamento di vai, è la seconda persona dell’imperativo del verbo . andare PROVA TU Ti vengono in mente due esempi in cui usare la forma va’? Scrivili qui sotto. .......................................................................................................................................................................... .......................................................................................................................................................................... La grafia , con l’accento, va (senza accento!) evitata và sia per l’indicativo sia per l’imperativo, esattamente come vanno evitate grafie scorrette di altri verbi ( , e ). Eppure ci sono delle eccezioni: dò fà stà il - accentato si usa come desinenza nei composti và di andare. Per esempio: Quest’estate Francesca (→ voce del verbo rivà ) in vacanza sui monti. riandare PROVA TU Riepilogando, inserisci negli spazi la forma corretta del verbo . andare .......... subito in camera tua a fare i compiti! .......... a vedere chi .......... là. Vasco Rossi canta: e .......... bene, .......... bene, .......... bene così. Anche quest’anno mio figlio .......... in colonia.