CONSONANZE CONTEMPORANEE Paolo Volponi NARRARE LA FOLLIA: GLI INGRANAGGI DELL’ALIENAZIONE La follia come conseguenza di un’ossessione non sempre conduce la vittima a liberarsi dalle proprie fissazioni né, d’altra parte, è solo l’amore a causare la perdita della ragione. Il tema dell’alienazione ricorre spesso nella cultura, letteraria e non solo, degli ultimi decenni: per affrontarla, la leggerezza indulgente di Ariosto può non bastare. Come rappresentare il venire meno dell’identità e dell’individualità, schiacciate o smarrite tra gli ingranaggi della modernità e della civiltà industriale? Uno dei più riusciti tentativi di raccontare la nevrosi è il romanzo , pubblicato nel 1962 (nel cuore del cosiddetto “boom economico”) da Paolo Volponi (1924-1994). narra in prima persona le vicende di Albino Saluggia, ex prigioniero tedesco durante la Seconda guerra mondiale, assunto in una grande fabbrica del Nord Italia. Paranoico e affetto da manie di persecuzione, l’operaio, che soffre davvero di tubercolosi, si è convinto di essere vittima di una congiura ordita ai suoi danni per tenerlo lontano dal lavoro: «La fabbrica con tutta la sua organizzazione si era messa in moto contro di me». Naturalmente la congiura esiste soltanto nella sua mente di folle, ma proprio l’espediente di ricorrere a un narratore come lui consente a Volponi di scandagliare in modo nuovo e penetrante il meccanismo realmente stravolto dell’apparente razionalità capitalistica. Tra cure e ricoveri, ribellioni abortite e il tarlo del sospetto che si è insinuato nella sua psiche, Saluggia viene ricoverato in un sanatorio, un altro luogo di spersonalizzazione, in cui l’individuo cessa di esistere come persona per indossare i panni del malato riconosciuto ormai come tale: appartiene a questa fase della vicenda il brano che riportiamo. Memoriale Memoriale Il protagonista lavorerà di nuovo in fabbrica, due anni dopo, ma sarà tolto dalla produzione e messo a fare il piantone: finirà per essere licenziato e per tornare nella casa di campagna. Qui l’attendono la madre ubriaca e un futuro senza speranza: «A quel punto ho capito che nessuno può arrivare in mio aiuto». Il sanatorio era in Lombardia, sotto le Alpi. Mi ci condussero con una macchina pochi giorni dopo la visita. La ditta mi diede anche un pacco di pigiami, maglie e biancheria; molto grande, come per farmi capire che avrei dovuto rimanere lì per molto tempo. Sono rimasto in sanatorio più di due anni. Non mi è accaduto mai niente. Sono stato quasi sempre solo. Pensavo molto a casa mia, al lago, alla campagna e non riuscivo nemmeno a guardare il giardino d’intorno e il parco e il paesaggio. Pensavo alla campagna con dolore e nostalgia e non guardavo quella che avevo intorno come se i suoi campi e i suoi alberi fossero diversi. Anche le stagioni non mi incuriosivano e passavano soltanto le giornate singole, in quel sanatorio. Ogni giorno un mortorio, in quel laboratorio di morte! In quell’aspersorio di morte! Ecco, andavo dietro alle parole: il loro suono contava più di ogni altra cosa, più del loro senso, ed io finivo per ordinarle o per trovarle o per inventarle secondo il suono, senza più l’ordine del significato e del pensiero. Ma così trovavo un altro ordine pieno di emozioni e che parlava meglio il mio linguaggio. Non andavo nemmeno più dal prete perché anche la mia anima si apriva ormai sopra di me. Seguivo i miei discorsi immobile, con la mente, anche se gustavo le parole tra le labbra e i denti, pronunciandole nelle ripetizioni e in tutte le rime, come dolci catene. Inventavo e cantavo le litanie dei miei dolori e della mia vittoria. Certi giorni mi veniva in mente, al posto delle parole, un motivo musicale o un ritornello e allora lo seguivo per tante ore, ondeggiante come un aquilone e il suo filo si svolgeva nella mia mente e trascinava in volo i miei pensieri che si stagliavano senza farmi male, partendo dalla mia testa, continuando nell’aria la circolazione del sangue leggiero della mia testa, senza strappare nulla dal mio cuore, dal centro di me. (Paolo Volponi, , Einaudi, Torino 1962) Memoriale Per SCRIVERNE – Educazione civica Nella follia del protagonista del romanzo di Volponi c’è indubbiamente un che di patologico. Al tempo stesso, non possiamo però sottovalutare l’incidenza della realtà apparentemente razionale ma alienante della fabbrica su tale condizione. «L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro» recita l’articolo 1 della nostra Costituzione, che intende in tal modo sottolineare come il lavoro sia il fondamento dello Stato italiano. Ma quali sono i previsti dalla Costituzione? Accanto alle norme di principio, quali sono i diritti attribuiti ai lavoratori? Fai una ricerca in proposito, approfondendo uno di questi aspetti: 1) eguaglianza dei lavoratori; 2) diritto al lavoro; 3) diritto a una giusta retribuzione; 4) diritto al riposo; 5) diritto alla previdenza e assistenza sociale; 6) libertà sindacale; 7) diritto di sciopero. diritti sul lavoro