PALESTRA DI SCRITTURA – Verso l’Esame di Stato Ariosto uno di noi Il critico Matteo Marchesini (n. 1979) argomenta l’esistenza di alcuni importanti punti di contatto tra l’epoca di Ariosto e la nostra, nonché tra l’universo ideologico dell’ Orlando furioso  e la cultura di oggi. Analisi e produzione di un testo ARGOMENTATIVO A mezzo millennio dalla prima edizione dell’ Orlando furioso (1516), ci si potrebbe  divertire a cogliere qualche affinità tra il nostro presente e il contesto storico  riflesso fantasticamente nel poema. Mentre il giovane Ludovico imbastisce la sua  “gionta” 1 all’ Innamorato del Boiardo, gli stati italiani perdono l’indipendenza e si         5 riducono a fragili pedine sulla scacchiera delle potenze europee. Finisce la primavera  carnascialesca del Quattrocento, tempo di letterature acerbe e interregionali  in cui i tratti plebei e raffinati si mescolavano in una rorida poesia d’occasione.  Nel 1494, la calata dei francesi rompe dopo quarant’anni gli equilibri della pace  di Lodi, piccola guerra fredda che ha garantito una tregua insolitamente lunga alla       10 penisola. La Storia ricomincia a muoversi con i suoi eserciti, dotati degli archibugi  che l’eroe del Furioso prova invano a seppellire in mare per difendere l’ideale della  cavalleria: un ideale ormai remoto, come nel XXI secolo, davanti ai droni, appaiono  remote le pesanti divise novecentesche. Di lì a poco le guerre tra stati diventano  guerre religiose, combattute anche coi nuovi mezzi della stampa, un’arma di       15 propaganda ideologica formidabile quanto oggi il web. La rivoluzione gutenberghiana agisce sull’intera cultura: diffonde una mole  d’informazioni presto incontrollabile, fissa la versione corretta dei testi, standardizza  i volgari regionali, e così invita a codificare una lingua letteraria nazionale. Nella  seconda e nella terza edizione del poema, Ariosto cercherà appunto di cancellarne      la residua patina padana seguendo i precetti di Bembo, che indicava come modelli  20 Petrarca e Boccaccio. Però il pontefice del volgare fiorentino tace sul , forse  Furioso perché questa colta rielaborazione dei cantari non rientra tra i generi che ha previsto.  E del resto nelle “corbellerie” di messer Ludovico ogni citazione stilistica o  tematica dai grandi toscani, Dante compreso, perde i connotati originari e diventa      subito ariostesca: a una trama funambolicamente eterogenea fa da contrappeso  25 l’uniformità di stile e di passo testimoniata dalle ottave sinuose, panneggiate e  insieme rapidissime. Tutto il si regge sul difficile equilibrio raggiunto tra spinte  Furioso e caratteri opposti: da una parte l’ironia, dall’altra il fondo malinconico; da una  parte gli eroi invulnerabili da fumetto che infilano sull’asta mucchi di nemici come      tortellini, dall’altra gli eroi troppo umani che soccombono; da una parte le nobili  30 scenografie cavalleresche, dall’altra i paragoni domestici che riconducono i duelli  più solenni alla misura di una pesca sul Po o di un interno d’osteria ferrarese. Lo  stesso Ariosto è duplice: sedentario e mercuriale, ragionevole e languido, sboccato  e classicista. Queste doppiezze riflettono un mondo ovidianamente metamorfico,      volubile e senza pace. È il mondo in cui le alleanze politico-militari cambiano di  35 continuo e in cui al poeta-funzionario, se porta dagli Este al papa un’ambasciata  sgradita, tocca vedere troppo da vicino il Tevere; il mondo della fortuna machiavelliana  e della contagiosa follia già registrata da Alberti e poi messa in scena, oltre che  dal , da Erasmo, Shakespeare e Cervantes. Furioso aggiunta, continuazione. 1 “gionta”:     Con una da videogioco o da serie tv, e con le interminabili catene di  40 suspense novelle che dilatano la pancia del suo poema senza inizio né fine, Ariosto ci ripete che  la vita è un ininterrotto inseguimento d’ombre e di chimere. Insieme ossessivi e distratti,  gli uomini corrono dietro prima a una donna e poi a un elmo, a un cavallo o  a un anello, con la stessa stordita testardaggine. E dato che la realtà è imprevedibile e      indomabile, nessuno raggiunge l’oggetto dei suoi desideri: “Angelica che fugge”, che  45 di questo eterno desiderare è l’emblema più esplicito, viene conquistata solo da chi  mai s’è sognato di cercarla, da un povero fante privo di qualunque curriculum epico. Il cosmo ariostesco somiglia tutto al castello di Atlante, la fortezza fatta d’illusione  in cui il mago trattiene il suo pupillo Ruggiero per impedirgli di andare      incontro a un precoce destino di morte. Il castello è un rifugio ma anche una  50 sineddoche del mondo; è un luogo protetto, ma anche un inganno. Stare lì dentro,  procrastinare la sorte, significa vivere nell’irrealtà, cioè non vivere; mentre uscire,  cioè vivere, significa morire. In ogni caso, dentro e fuori, agli uomini manca la  terra sotto i piedi. Perciò la fantasia di Ariosto non è mai solo umoristica e ludica,      ma è sempre avvolta in un’ombra ambigua, misteriosa, sfuggente, sempre abitata  55 dalla coscienza che i progetti umani mancano il loro approdo. In questo senso, più di Croce che gli ha appiccicato addosso l’etichetta critica  2 dell’“armonia”, e più di Calvino che l’ha affrontato come una partita di scacchi,  3 sembra averlo capito bene Fortini, che non lo amava e che parlava con disagio di  4     un “taoismo alla ferrarese”: dire che niente ha scopo, che tutto è scherzo, non è  60 affatto uno scherzo ma una constatazione nichilista. È la ragione per cui la nostra  epoca virtuale, così distante dai suoi tarocchi, lo sente a volte oscuramente fraterno.  Tornando al gioco dei paragoni, proporrei di guardarci intorno e di chiederci se per  caso oggi non si aggiri tra noi un Ariosto, o almeno qualcuno che ricopre le sue      funzioni nell’immaginario del Duemila. Ho il sospetto che sia Quentin Tarantino. 65 5 (Matteo Marchesini, , “Il Foglio”, 11 ottobre 2016) Ariosto, mezzo millennio dopo, è oscuramente fraterno alla nostra era Benedetto Croce (1866-1952), filosofo e critico. 2 Croce: lo scrittore Italo Calvino (1923-1985). 3 Calvino: il poeta e critico Franco Fortini (1917-1994). 4 Fortini: regista statunitense (n. 1963). 5 Quentin Tarantino:  pagina 622  COMPRENSIONE E ANALISI 1 Quando Ariosto pubblica la prima edizione dell’ Orlando furioso , la guerra ha già profondamente cambiato il proprio volto. Perché l’“ideale” del protagonista del poema è ormai anacronistico? 2 Quale svolta segna l’universo culturale del tempo di Ariosto? Come si ripercuote sulle scelte artistiche dell’autore? 3 Perché il carattere contraddittorio della personalità di Ariosto rispecchia quello della sua epoca? 4 Che cosa simboleggia la fuga continua di Angelica nell’ Orlando furioso ? 5 Tra l’interpretazione di Croce e quella di Fortini, per quale propende Marchesini? Con quali motivazioni? 6 Trova ed elenca i paragoni addotti da Marchesini tra l’epoca in cui uscì l’ Orlando furioso e quella attuale. Quali tratti in comune emergono tra questi due momenti storici, seppure così lontani tra loro? PRODUZIONE Leggiamo nell’articolo di Marchesini: Ariosto ci ripete che la vita è un ininterrotto inseguimento d’ombre e di chimere (rr. 41-42). In questa immagine c’è, in fondo, la sintesi della riflessione pessimistica di Ariosto sulla vita e sulle ambizioni umane, che emerge – pur sotto una superficie di sorridente spensieratezza – dal suo capolavoro. Condividi anche tu una simile visione dell’esistenza umana? Esponi la tua tesi in 2 facciate di foglio protocollo, facendo riferimento alla tua esperienza personale e alla realtà storico-sociale a te contemporanea.