IL TESTO SIMBOLO T6 La volpe e il leone: il mito del centauro , XVIII Il Principe (riscrittura in italiano moderno di Carmine Donzelli) diamo i numeri 1739 L'ANNO IN CUI SCRIVE FEDERICO II DI PRUSSIA ANTI-MACHIAVEL 52 LE CARTE FRANCESI DEL GIOCO DI SOCIETÀ DETTO “MACHIAVELLI” A un principe è necessario sapere usare bene sia la bestia che l’uomo.   L’autore analizza le prescindendo dalla morale comune. LEGGI DELLA POLITICA Machiavelli individua, come strumenti del potere, , sia l’astuzia tipica della volpe sia la violenza propria del leone. SIA LA LEGGE SIA LA FORZA Ogni affermazione è ispirata solo dall’ e dalla e non da etiche astratte. OSSERVAZIONE DELLA REALTÀ CONOSCENZA DELLA STORIA Machiavelli ribadisce la sua  , ingenui e malvagi. PESSIMISTICA CONCEZIONE DEGLI UOMINI  pagina 664  È questo il capitolo che ha legittimato la falsa attribuzione a Machiavelli dell’espressione  “il fine giustifica i mezzi”. Infatti, qui l’autore ribalta il punto di vista  etico tradizionale, mettendo in discussione la necessità che il principe sia fedele  e leale. Il testo che proponiamo è in italiano moderno nella riscrittura di  Carmine Donzelli. Il dissidio tra morale e politica   Testo plus –  (originale) La volpe e il leone: il mito del centauro Quanto sia lodevole per un principe mantenere la parola data e vivere con trasparenza e senza astuzia, tutti lo capiscono: nondimeno l’esperienza dei nostri tempi mostra che hanno fatto grandi cose quei principi che hanno tenuto in scarso conto la parola data e che hanno saputo raggirare con l’astuzia i cervelli       altrui; alla fine, questi principi sono stati superiori a quelli che si sono fondati 5 sulla sincerità. Dovete dunque sapere che ci sono due modi di combattere; l’uno, con le leggi; l’altro, con la forza. Il primo è proprio dell’uomo; il secondo, delle bestie. Ma siccome il primo molte volte non basta, è opportuno ricorrere al secondo:     perciò a un principe è necessario sapere usare bene sia la bestia che l’uomo. Questo 10 punto è stato insegnato ai principi in modo velato dagli scrittori antichi, i quali hanno raccontato come Achille e molti altri principi antichi furono dati da allevare al centauro Chirone, perché li mantenesse sotto la sua disciplina. Il che 1 – avere per precettore qualcuno che è mezza bestia e mezzo uomo – non vuol     dire altro se non che un principe deve sapere adoperare l’una e l’altra natura; e 15 che l’una senza l’altra non può durare. Essendo dunque necessario che un principe sappia usare la bestia, da quest’ultima deve prendere la volpe e il leone, perché il leone non sa difendersi dalle trappole, e la volpe non sa difendersi dai lupi; bisogna dunque essere volpe e     riconoscere le trappole, e leone e spaventare i lupi; quelli che usano soltanto i 20 modi del leone non se ne intendono. Perciò un signore che sia saggio non può 2 né deve mantenere la parola data quando questo gli risulti dannoso, e quando si siano esaurite le ragioni che gliela avevano fatta promettere. E se gli uomini fossero tutti buoni, questo precetto non sarebbe buono; ma siccome sono     malvagi, e non manterrebbero la parola con te, neppure tu la devi mantenere 25 con loro; e a un principe non sono mai mancate ragioni legittime da accampare per camuffare l’inadempienza. Se ne potrebbero dare innumerevoli esempi recenti, mostrando quante paci, quante promesse sono state disattese e annullate dall’infedeltà dei principi: e chi meglio ha saputo usare la volpe, meglio è     riuscito. Ma è necessario saperla ben camuffare, questa natura, ed essere grande 30 simulatore e dissimulatore: d’altro canto gli uomini sono tanto ingenui, e tanto condizionati dalle necessità del momento, che chi inganna troverà sempre chi si lasci ingannare.    metà uomo e metà cavallo, secondo il mito greco il centauro Chirone fu precettore di re ed eroi antichi, come Achille, Teseo, Ercole e Giasone. 1 centauro Chirone:    coloro che sanno essere solo leoni (cioè usano solo la forza) non si intendono di politica. 2 quelli che usano… non se ne intendono: Tra gli esempi recenti voglio ricordarne uno. Alessandro VI non fece mai 3     altro, non pensò mai ad altro, che a tessere inganni, e trovò sempre materia 35 per poterlo fare; e non ci fu mai nessuno che fosse più convincente di lui nel promettere, e che con reiterati giuramenti affermasse una cosa, per poi non rispettarla; ciononostante, gli inganni gli riuscirono sempre nel modo desiderato, perché conosceva bene questo aspetto del mondo.     Non è dunque necessario che un principe possieda effettivamente tutte le 40 qualità sopra descritte, ma è assolutamente necessario che faccia mostra di averle; 4 anzi, mi azzarderò a dire che se si possiedono e si applicano sempre, sono dannose, e se si fa mostra di averle sono utili; come è utile apparire pietoso, fedele, umano, onesto, religioso – ed esserlo, ma avendo l’animo disposto in     modo che, dovendo non esserlo, tu possa e sappia agire al contrario. Bisogna 45 infatti tenere presente che un principe, e soprattutto un principe nuovo, non può attenersi solo a quelle cose per le quali gli uomini sono definiti buoni, perché spesso è costretto, per mantenere lo stato, ad operare contro la fede, contro la carità, contro l’umanità, contro la religione. E quindi bisogna che egli abbia un 5     animo disposto a voltarsi dalla parte che i venti della fortuna e il variare delle 50 cose gli comandano; e come prima ho detto, che non si discosti dal bene, se può, ma che sappia varcare la soglia del male, se deve. Un principe, insomma, deve stare ben attento che non gli esca mai di bocca cosa che non sia piena delle cinque qualità sopra indicate; deve sembrare, a udirlo     e a vederlo, tutto pietà, tutto fede, tutto onestà, tutto umanità, tutto religione; 55 e quest’ultima qualità è la più necessaria da far credere di avere. Gli uomini, in genere, giudicano più con gli occhi che con le mani, perché tutti sono capaci di vedere, pochi di percepire; tutti vedono quello che tu sembri, pochi percepiscono 6 quello che tu sei, e quei pochi non osano opporsi all’opinione dei molti,     specie se questi ultimi hanno dalla loro la maestà dello stato; e nelle azioni di 60 tutti gli uomini, e soprattutto dei principi, per i quali non c’è un giudice a cui appellarsi, si guarda al fine. 7 Faccia dunque in modo, un principe, di conquistare e mantenere lo stato: i mezzi saranno sempre giudicati onorevoli, e da ciascuno saranno lodati; perché     il volgo lo si conquista con le apparenze e con il buon esito dell’impresa: e nel 65 mondo non c’è altro che volgo, e i pochi nulla possono, quando i molti abbiano qualcuno a cui appoggiarsi. Qualche principe dei tempi d’oggi, che non è opportuno 8 nominare, non fa altro che predicare pace e fede, e dell’una e dell’altra è nemico giurato; sia l’una che l’altra, se le avesse osservate, gli avrebbero tolto     più volte la reputazione e lo stato. 70    Rodrigo Borgia, padre naturale di Cesare e pontefice dal 1492 al 1503. 3 Alessandro VI:    il riferimento è alle qualità moralmente positive elencate nel capitolo XV (  T5, p. 658). 4 sopra descritte: ▶    l’anafora della preposizione   sottolinea la consapevolezza di affermare qualcosa di scandaloso, contro la morale tradizionale. 5 contro la fede… religione: contro    giudicano più in base a ciò che vedono (alle apparenze) che a ciò che toccano con mano (alla sostanza); tutti infatti sono capaci di vedere, pochi sono capaci di capire. 6 giudicano più con… pochi di percepire:    risultato conseguito. 7 fine:    si tratta del re di Spagna, Ferdinando II d’Aragona, detto il Cattolico (1452-1516), ancora vivo al tempo della composizione dell’opera e perciò prudentemente non nominato. 8 Qualche principe dei tempi d’oggi:  pagina 666  DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Secondo Machiavelli, l’etica deve essere subordinata alle leggi della politica . Il principe infatti, per mantenere saldo il potere, non deve ricorrere a qualità morali: importante è dare l’impressione di averle, sempre che tale simulazione sia utile alla sua causa. Il modello ideale, prefigurato dalla trattatistica medievale e umanistica, è ormai superato: i sentimenti, i valori nobili, la bontà e la lealtà possono rappresentare perfino degli ostacoli per conservare lo Stato. Sembrare ed essere   Videolezione Sono le circostanze a consigliare la condotta giusta. La scelta non è dettata né dal bene né dal male, ma dall’utile e dal dannoso ai fini del successo , cioè il mantenimento del potere. Il realismo impone a Machiavelli di evitare le ambiguità e di affermare la necessità anche di strumenti “non buoni”, ma indispensabili per reggere lo Stato. Il principe pronto a combattere ha a disposizione due armi, le leggi e la forza (rr. 7-8): le prime adatte all’uomo, la seconda alle bestie. Per questo, egli deve sapere usare bene sia la bestia che l’uomo (r. 10). L’esempio del centauro Chirone, mitico essere metà uomo e metà cavallo, educatore di principi ed eroi come Achille, mostra come queste due nature possano e anzi debbano coesistere. Come sempre, Machiavelli ragiona seguendo il suo , qui proposto nella rappresentazione del , vale a dire della forza, e della , cioè dell’astuzia (rr. 17-21). Infine, l’esempio concreto attinto dalla Storia, anche quella più recente (la vicenda di Alessandro VI), accredita il postulato teorico. schema “dilemmatico” leone volpe Il politico-centauro Ma quale immagine deve dare di sé all’esterno il principe? Come può ottenere e conservare il consenso dei suoi sudditi? Per rispondere a tali domande, Machiavelli riafferma il contrasto tra realtà e apparenza : quest’ultima conta, almeno in politica, più della prima. Ciò non significa che egli esalti la finzione, la slealtà o il doppiogiochismo. Ma, per chi vuole guardare all’effettiva realtà dei fatti, tali condotte si rivelano talvolta – dolorosamente – inevitabili. Machiavelli immagina in anticipo i rilievi e le critiche che i difensori dell’etica pubblica potranno riservare a un indirizzo politico così disincantato e apparentemente cinico. Infatti usa una congiunzione tipica del suo argomentare, fatto di tesi e antitesi: (r. 2). nondimeno L’autore riconosce che sarebbe auspicabile che il principe si attenesse alla parola data e si comportasse lealmente con i sudditi: ciò sarebbe giustificabile (r. 23-24), un’ipotesi che il esclude. Tuttavia (ecco il significato di quel ) l’ (r. 2) dice il contrario: nella lotta politica, a prevalere è sempre chi è capace di essere falso, doppio e ingannatore. se gli uomini fossero tutti buoni pessimismo machiavelliano nondimeno esperienza Un precetto che nasce dall’esperienza: si deve essere sleali La conclusione “scandalosa” richiede coraggio intellettuale. Machiavelli infatti sceglie di andare fino in fondo al ragionamento ( mi azzarderò a dire , r. 42), distinguendo ciò che vale per gli uomini definiti buoni e ciò che vale per un principe, e soprattutto un principe nuovo (r. 46): per quest’ultimo è doveroso apparire pietoso e religioso, ed esserlo , ma, se le circostanze lo richiedono, agire al contrario (rr. 43-45). Il principe non deve agire secondo un codice precostituito, ma (rr. 50-51): conclusione, certo, amara, ma inevitabile, data la vera realtà degli uomini, ribadita ancora alla fine del capitolo. Per la maggior parte essi, secondo Machiavelli, (r. 57): non sono altro che (r. 65), cioè una massa informe senza discernimento e perciò incline a essere soggiogata dalla propaganda. assecondare i venti della fortuna e il variare delle cose giudicano più con gli occhi che con le mani volgo La simulazione e l’opinione pubblica  pagina 667  Le scelte stilistiche La perentorietà delle affermazioni contenute in questo capitolo va di pari passo con la chiarezza con cui sono esposte. Non a caso Machiavelli si appella direttamente ai lettori, chiamandoli in causa con il “voi” ( Dovete dunque sapere , r. 7) e di sottolineare la razionale logicità dei passaggi del discorso con l’uso di periodi brevi e secchi , caratterizzati dal tono definitivo e indiscutibile di una massima proverbiale ( non si discosti dal bene, se può, ma che sappia varcare la soglia del male, se deve , rr. 51-52; nel mondo non c’è altro che volgo , rr. 65-66), e con il ricorso a congiunzioni con valore conclusivo ( dunque , quindi con il significato di “perciò”, “pertanto”). Del resto, verbi, termini e nessi sintattici esprimono il senso della necessità e del dovere (presenza di imperativi e di esortativi). In questa direzione va anche l’immagine metaforica del centauro, che indica l’obbligo per un principe di coniugare la natura umana e quella animalesca della politica ( , rr. 15-16). Quest’ultima si esplica in un’altra coppia metaforica: il leone e la volpe, simboli rispettivamente della forza e dell’astuzia. * un principe deve sapere adoperare l’una e l’altra natura Gli artifici di uno stile perentorio VERSO LE COMPETENZE Comprendere E ANALIZZARE Dopo aver letto il capitolo, rispondi alla domanda che lo introduce: in che modo la parola data deve essere mantenuta dai principi? 1 Una risposta all’autore Perché il principe deve essere al tempo stesso volpe e leone? 2 qualità fondamentali Quali limiti ha il ricorso alla crudeltà e alla durezza? 3 Non basta la ferocia Quale immagine deve cercare di dare di sé un principe accorto e saggio? 4 Il principe e il consenso Rintraccia nel testo i termini (verbi, sostantivi, aggettivi) che rimandano all’area semantica della necessità. 5 i campi semantici Come emblemi dell’astuzia e della forza, Machiavelli usa due animali, la volpe e il leone, a cui tali caratteristiche sono state associate fin dai tempi delle favole di Esopo. A quali altri vizi e virtù sono associati i seguenti animali (in particolare nel gergo politico)? 6 il l essico • lupo pecora coniglio serpente falchi e colombe • • • • INTERPRETARE Quali esempi tratti dalla cultura classica vengono fatti da Machiavelli? Come valuti questa scelta? Si tratta di un’opzione solo formale? 7 Il ricorso alla classicità scrivere per... Nella sua analisi realistica, Machiavelli sostiene che il principe è spesso a venir meno alla parola data. Spostando l’attenzione sulla dimensione privata, rifletti se esistano dei casi in cui è possibile, se non approvare, almeno giustificare l’assenza di lealtà. Scrivi un testo argomentativo di circa 30 righe. 8 ESPRIMERE il proprio punto di vista necessitato , I secolo a.C. - I secolo d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Chirone e Achille