Torquato Tasso LA VITA La giovinezza e Il periodo ferrarese Torquato Tasso nasce a nel . Il padre Bernardo, di nobile famiglia bergamasca, apprezzato poeta e cortigiano, al servizio di potenti signori in tutta Italia. Torquato, che perde la madre nel 1556, lo segue nei suoi spostamenti e tenta di emularne l’attività letteraria. Sorrento 1544 è un Sulla scia del padre, che sta componendo un poema cavalleresco destinato ad avere un grande successo ( ), inizia la composizione del , presto interrotto per dedicarsi alla stesura del , che pubblica a diciotto anni nel 1562. In questo periodo il giovane letterato studia legge a e intensifica, dopo i primi esordi risalenti al soggiorno a , la propria produzione lirica. Costretto a lasciare l’Università di perché accusato di aver composto una satira contro studenti e professori, nel 1565 Tasso si stabilisce a al seguito del ed entra subito nelle grazie dei principi, soprattutto di Eleonora e Lucrezia, sorelle del , il quale non nasconde l’apprezzamento per il cortigiano, al punto di ammetterlo nel 1572 tra i propri stipendiati. Amadigi Gierusalemme Rinaldo Padova Urbino Bologna Ferrara cardinale Luigi d’Este duca Alfonso II Sono , destinati però ad eclissarsi presto. Cominciano infatti a trapelare da parte della cerchia di Alfonso, che secondo Tasso non tollerano il suo successo via via crescente, soprattutto dopo la composizione della favola pastorale (1573). anni sereni e pieni di gratificazioni invidie e sospetti dei poeti e cortigiani Aminta All’inizio del 1575 il poeta conclude un progetto a lungo meditato: un sulla prima , che al momento ha il titolo provvisorio di . , che Tasso vuole fedele ai canoni religiosi vigenti, ne , gradualmente, l’ . Preso da una smania improvvisa e da una (la sua ipersensibilità lo porta a vedere nemici ovunque), il poeta medita di abbandonare la corte estense e avvia trattative per entrare in quella dei Medici, sebbene Alfonso in un bando del 1573 abbia vietato ai suoi cortigiani di passare ad altro servizio senza la sua licenza. poema eroico crociata, la futura Gerusalemme liberata Goffredo Il lavoro mina equilibrio psichico sindrome vittimistica   Video – La vita di Torquato Tasso  Asset ID: 229 ( )  let-vidgal-volti-e-luoghi-tasso.mp4 Il tormento della psiche e la detenzione Nel 1575 Tasso intraprende un viaggio a Roma per sottoporre la sua opera, che teme poco in linea con l’ortodossia cattolica, al vaglio dell’Inquisizione. Neppure l’ ricevuta acquieta i suoi timori di essere incorso in eresia, quindi comincia a farneticare di e di e a scorgere dappertutto insidie e tradimenti a suo danno. assoluzione folletti maghi In un’occasione, nel 1577, mentre conversa con Lucrezia, credendosi spiato, . Alfonso lo fa rinchiudere in un monastero ferrarese, da cui Tasso fugge per iniziare un lungo, febbrile pellegrinaggio attraverso la penisola. Alla fine del 1577 si presenta : travestito da pastore, le annuncia la propria morte per sondarne la reazione e sincerarsi del suo dolore. Cornelia sviene e il poeta, rassicurato, le si palesa. accoltella un servo a Sorrento, dalla sorella Cornelia Tasso riprende poi i suoi viaggi inquieti, tra Mantova, Padova, Venezia, Urbino (dove compone i celebri versi della ), Torino, fino a tornare a Ferrara, nel febbraio del . Qui si aspetta di essere accolto trionfalmente, ma le circostanze non assecondano le sue attese: la corte è impegnata infatti nei grandi preparativi per le nozze del duca Alfonso con Margherita Gonzaga e nessuno si preoccupa di accoglierlo degnamente. Nel castello non c’è posto per lui, che viene quindi ospitato nelle stanze del palazzo del cardinale Luigi d’Este: il poeta lo considera un affronto e , che lo fa rinchiudere nell’ e mettere alla catena, alla stregua di un pazzo. Canzone al Metauro 1579 dà in escandescenze contro il duca Ospedale di Sant’Anna Dopo , vissuti tra periodi di lucidità e momenti in preda ad allucinazioni, guadagna la libertà nel : il principe di Mantova, Vincenzo Gonzaga, ottiene infatti da Alfonso la custodia del poeta, che dopo la lunga reclusione è accolto alla sua corte con festeggiamenti e tributi. Tasso sembra riacquistare l’equilibrio e la serenità, ma è soltanto un miglioramento passeggero. sette anni 1586  pagina 757  Gli ultimi anni: alla ricerca di una serenità impossibile L’inquietudine riassale presto il poeta, costringendolo a compiere un nuovo ciclo di viaggi senza una meta precisa, sempre alla vana ricerca della tranquillità. Negli anni dal 1587 al 1591, Tasso trascorre brevi periodi a Bologna, Roma, Napoli (dove è ospitato presso il monastero di Monte Oliveto, a cui dedica l’omonimo poemetto penitenziale), Firenze, prima di tornare – questa volta definitivamente – a Roma. Qui, sotto la protezione di , il poeta lavora al rifacimento della , che prende il titolo di (1593). papa Clemente VIII Liberata Gerusalemme conquistata Il papa concede a Tasso una pensione annua e gli promette l’incoronazione poe­tica in Campidoglio, com’era avvenuto per Petrarca. Ma tale impegno non può realizzarsi: il poe­ta, già debole e malato da diverso tempo, sente che la sua fine è vicina e si fa condurre nel , dove il 25 aprile . convento di Sant’Onofrio sul Gianicolo muore 1595 Nei secoli successivi la sua tomba, collocata nella chiesa del convento, sarà meta dei commossi pellegrinaggi dei letterati di tutta Europa, da Chateaubriand a Goethe a Leopardi. IL CARATTERE Un poeta tra allucinazione e realtà Non è sempre facile distinguere il romanzesco dal reale nella selva di aneddoti fiorita intorno alla vita di Torquato Tasso: nessun letterato italiano ha alimentato quanto lui una così variegata ridda di storie e curiosità nel tentativo di illuminare le bizzarrie, le oscurità e le inquietudini di una personalità tanto complessa. Malinconico e nevrotico Il primo biografo di Tasso è stato il poeta stesso, con il suo epistolario. Le lettere ci mostrano da un lato l’incostanza dei suoi stati d’animo, la sua egocentrica esigenza di essere al centro delle attenzioni, riverito e omaggiato, e allo stesso tempo il suo bisogno di sicurezze e di affetti sinceri in un mondo dominato dall’ipocrisia e dalla simulazione. È Torquato stesso a definirsi «melanconico», ipocondriaco, affetto da una nevrosi che si manifesta a intermittenza, con allucinazioni e crisi epilettiche. Un’insanabile inquietudine Per noi lettori di oggi è impossibile stabilire se la forma di grave depressione da cui era affetto il poeta fosse, per così dire, la conseguenza di un’indole ipersensibile e di una predisposizione patologica o se siano state le circostanze esterne, gli obblighi morali, i compromessi istituzionali e i vincoli religiosi del suo tempo a destabilizzarne la psiche. Forse sono vere entrambe le ipotesi: Tasso cullava il desiderio di recuperare l’armonia di un’età dell’oro nella quale rivivere il sogno umanistico di una libertà senza confini; al tempo stesso, percepiva in sé e negli altri il peccato, il male, l’eresia: da qui il disprezzo per il prossimo e l’esigenza di punire sé stesso. Giuseppe de Fabris,   (particolare). Roma, Chiesa di Sant’Onofrio al Gianicolo.   Monumento funebre di Torquato Tasso